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Il Ticino, questo pianeta sconosciuto al resto della Svizzera

Vista sul lago maggiore da Ascona, con in primo piano una bandiera svizzera e sulla sinistra due palme.
Ascona, una delle mete preferite dei turisti provenienti in Ticino. Keystone

Stretto tra una delle più grandi metropoli europee a sud, Milano, e la Svizzera interna a nord, negli ultimi anni il Ticino ha spesso manifestato il suo malessere, in particolare per l’elevato numero di frontalieri. Tuttavia, il cantone sta meglio di quanto generalmente si pensi, secondo il giornale della Svizzera francese Le Temps.

La notizia è passata quasi inosservata nella Svizzera tedesca e francese, ma in Ticino era sulle prime pagine di tutti i giornali. Nel secondo trimestre del 2017, il numero di frontalieri è ancora aumentato, passando a 322’000, di cui più di 65’000 nel cantone a sud delle Alpi. In Ticino la progressione (+5,3%) è stata la più forte del paese. Sul suo sito, Il Mattino della Domenica [il giornale della Lega dei Ticinesi] si è ancora una volta scatenato: “Questa evoluzione non fa che aumentare la disoccupazione, il tasso di casi sociali e il dumping salariale nel nostro cantone”.

La storia del Ticino, la sola regione svizzera che si trova a prossimità di una metropoli europea, Milano, è un po’ quella del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Poiché ci sono due Ticino: quello che, se si crede allo storytelling della Lega, è politicamente malato dei suoi frontalieri. E quello che corrisponde alla realtà dei fatti: un cantone che non cessa di creare dei posti di lavoro e il cui tasso di disoccupazione (3% nel luglio del 2017) è storicamente basso. “È la prova che la nostra economia è dinamica e gode di buona salute”, dichiara il consigliere di Stato e direttore dell’economia e delle finanze Christian Vitta.

Come spiegare questo fossato abissale tra percezione e realtà? Per capire meglio, bisogna recarsi in un piccolo ufficio, situato al pianterreno di Via Monte Boglia 3, a Lugano. In una cornice molto sobria, una figura esile scompare quasi dietro allo schermo del suo computer: è quella di Lorenzo Quadri. Difficile immaginare che si tratta di una delle personalità più influenti del cantone. Eppure accumula le funzioni, essendo non solo membro del Municipio della città di Lugano e parlamentare federale, ma anche e soprattutto direttore del Mattino della Domenica.

La Lega, i nostri e gli altri

Dopo due personalità del calibro di Giuliano Bignasca e Flavio Maspoli, Lorenzo Quadri (42 anni) incarna la seconda generazione di un giornale e di un movimento che hanno messo sottosopra la storia politica del Ticino dall’inizio degli anni 1990. Per lui, tutto è bianco o nero. I bianchi sono “i nostri”, in particolare la manodopera indigena. I neri, invece, hanno il nome di tre capitali: Berna e la sua Segreteria di Stato dell’economia (Seco), che non capiscono nulla dei problemi di una regione transfrontaliera; Roma, che continua perfidamente a mantenere la Svizzera sulle sue liste nere; e Bruxelles, i cui tecnocrati europei vogliono imporre il principio intangibile della libera circolazione delle persone.

“Con la Lega, abbiamo provato che il Ticino ha delle possibilità di difendersi” Lorenzo Quadri

La Lega ha spesso irritato queste tre capitali. Su suo impulso, nel 2011 il governo cantonale ha fatto bloccare una parte dell’imposta alla fonte dei frontalieri per esigere un nuovo accordo fiscale con l’Italia. Nel 2015 ha richiesto un estratto del casellario giudiziale per i lavoratori provenienti dall’Italia, prima di rinunciare a questo provvedimento nel giugno scorso. “Con la Lega, abbiamo provato che il Ticino ha delle possibilità di difendersi”, si rallegra Lorenzo Quadri.

Con il Mattino, la Lega dispone di una formidabile forza d’urto mediatica. Domenica dopo domenica, questo giornale prende a partito l’establishment, sia esso cantonale, federale o europeo. Questa guerriglia d’usura ha finito per portare i suoi frutti. Col passare degli anni, la Lega è diventata la più importante forza del cantone. Con Norman Gobbi e Claudio Zali conta ormai due membri su cinque nel governo cantonale ed è riuscita a conquistare anche il prestigioso posto di sindaco di Lugano con Marco Borradori. Il suo organo di stampa non ha però perso la sua aggressività. “La Lega ha instaurato un clima di terrore nel cantone. Quasi nessuno osa affrontarla a viso aperto, temendo di essere attaccato dal suo giornale”, rileva il politologo Nenad Stojanovic. Un fenomeno unico in Svizzera: a parte in Ticino, in nessun’altra regione del paese vi è un partito con la maggioranza relativa il cui organo di stampa spara a zero su un establishment di cui fa ormai parte. In confronto alla Lega, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) svizzera sembra moderata!

Paolo Bernasconi, l’ultimo resistente

“Questo movimento nazionalista, xenofobo e antidemocratico è riuscito a eliminare ogni opposizione in Ticino”, si rammarica Paolo Bernasconi. L’ex procuratore cantonale è uno dei rari detrattori della Lega che osa contrastarla frontalmente. Non ha esitato a perseguirla in via civile, ciò che ha costretto Il Mattino a cessare gli attacchi prettamente personali. “Il Ticino d’oggi è un teatro nel quale si recita una pièce che fa ridere tutti quanti. Ma gli spettatori non si rendono conto di quanto questa pièce li riguardi e sfoci nella distruzione delle istituzioni democratiche del cantone”.

Quando si chiede a Lorenzo Quadri come sta il Ticino, il suo giudizio è lapidario: “Il costo della vita è lo stesso che in Svizzera, ma i salari non stanno al passo. Il Ticino diventa lentamente il cantone più povero del paese”. Veramente? Nei fatti, questo cantone ha un prodotto interno lordo di 29 miliardi di franchi, ossia 82’000 franchi pro capite, una cifra superiore alla media nazionale. È sì inferiore al PIL dei cantoni di Vaud o Ginevra, ma superiore a quello di Zugo o di Svitto. “L’economia ticinese è in buona salute, ma non è politicamente corretto affermare questo in un cantone dominato dai riflessi protezionistici”, sottolinea Rico Maggi, direttore dell’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana.

Rico Maggi, il professore sanzionato

In questi ultimi anni, Maggi è diventato uno degli zimbelli della Lega. Nell’autunno del 2015, ha spezzato un tabù, pubblicando uno studio sulla situazione del mercato del lavoro. “Non abbiamo trovato nessun elemento secondo cui il lavoro frontaliero avrebbe aumentato il rischio di disoccupazione della popolazione locale”, aveva concluso l’Istituto di ricerche economiche. Per i ricercatori, si tratta di una percezione sbagliata della realtà. Ma questo i partiti, e non solo la Lega, non sono disposti ad accettarlo. Da più parti, in particolare dal Partito popolare democratico, è stato chiesto di tagliare i fondi all’istituto di Rico Maggi. Una pressione politica che è sfociata in una diminuzione del 20-25% del contratto di prestazione per gli anni dal 2017 al 2019 che il cantone aveva siglato con l’IRE.

Le votazioni federali non lasciano adito a dubbi: politicamente il Ticino si è ripiegato su sé stesso dall’apparizione della Lega. Nel 1970 era stato il cantone che aveva respinto più seccamente l’iniziativa Schwarzenbach, poi nel 1986 era stato tra quelli che avevano plebiscitato l’adesione della Svizzera all’ONU. In seguito si è opposto a tutto: allo Spazio economico europeo nel 1992, allo Spazio Schengen nel 2005, al miliardo di coesione per i nuovi membri dell’UE nel 2006, prima di crocifiggere la libera circolazione delle persone, approvando massicciamente (68%) l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” dell’UDC nel 2014. Su quest’ultima questione, il Ticino ha addirittura fatto la differenza.

“Il vero Ticino è quello dell’apertura, ma è anche quello che non si sente” Lillo Alaimo

Il Ticino dell’apertura

Economicamente e culturalmente, è però vero il contrario. “Il vero Ticino è quello dell’apertura. Ma è anche quello che non si sente, poiché è timido e ha paura di esprimere la sua opinione per non essere messo alla gogna dalla Lega”, afferma Lillo Alaimo, direttore del Caffè, l’altro giornale domenicale gratuito. Il Caffè è nato negli anni 1990 su iniziativa dell’editore Rezzonico e del gruppo Ringier. Pratica un giornalismo indipendente e, con circa 90’000 lettori, fa in parte da contrappeso al Mattino. “Il Ticino soffre di un complesso d’inferiorità ingiustificata, da una parte nei confronti dell’Italia, dall’altra nei confronti del resto della Svizzera”, constata Lillo Alaimo. Tutto ciò si traduce in un’attitudine aggressiva verso l’esterno. “In realtà, però, questo cantone non ha nulla da invidiare al resto della Svizzera”.

Ciò che è per contro incontestabile, è che la manodopera frontaliera esercita un’enorme pressione sui salari. In Ticino il salario mediano è di 5’500 franchi, a fronte dei 6’400 franchi in Svizzera, ossia una differenza dal 15 al 20%. “In Ticino vi è una sorta di dumping salariale istituzionalizzato”, osserva Lillo Alaimo. “Mentre in altre regioni della Svizzera le PMI hanno delocalizzato all’estero, in Ticino sono rimaste grazie ai frontalieri”, prosegue.

Una grande “città-agglomerato”

Il problema dei frontalieri quindi esiste, ma non bisogna neppure drammatizzarlo. Il consigliere di Stato Christian Vitta non ha atteso l’attuazione dell’iniziativa dell’UDC sull’immigrazione per intensificare i contatti tra le aziende e gli uffici regionali di collocamento (URC). “Abbiamo creato una relazione di fiducia, sfociata in una crescita del 42% nel collocamento di disoccupati per i posti vacanti registrati presso gli URC in un anno”.

Per quanto concerne la nuova galleria ferroviaria del San Gottardo, il numero di pernottamenti è cresciuto dell’8% dall’inizio di quest’anno, un record in Svizzera.

Quest’opera faraonica fa uscire il cantone da una situazione periferica, situandolo di nuovo nel cuore della relazione tra il nord e il sud dell’Europa. E non è tutto. Quando le Ferrovie federali svizzere metteranno in servizio il tunnel del Monte Ceneri nel 2020, per il cantone si aprirà una nuova era in materia di pianificazione del territorio, grazie a una nuova rete ferroviaria regionale. “Il nostro cantone diventerà così una grande città-agglomerato”, si rallegra Christian Vitta.

Traduzione dal francese di Daniele Mariani

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