Il non rinnovo dell'accordo tra Italia e Svizzera che durante la pandemia aveva permesso ai frontalieri e alle frontaliere di non essere tassati dalle autorità italiane ha colto di sorpresa associazioni padronali e sindacati, che ora hanno scritto al Consiglio federale chiedendo di intervenire nei confronti di Roma.
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tvsvizzera.it/mar
Rinnovare con urgenza, anche in via transitoria, l’intesa amichevole per evitare che i lavoratori e le lavoratrici frontaliere italiane che lavorano da casa almeno un giorno alla settimana non tornino da febbraio ad essere soggetti fiscali italiani: è quanto chiede la lettera indirizzata alla Segreteria di stato per le questioni finanziarie dall’Associazione degli imprenditori ticinesi (AITI), dalla Camera di commercio e dai sindacati OCST e UNIA.
“Si ritorna de facto alla situazione pre-pandemia, facendo astrazione del fatto che il telelavoro è ormai diventato una modalità di lavoro presente in quasi tutti i rami professionali; è qualcosa che non gode del sostegno a priori del sindacato, poiché ci sono ancora molte problematiche da discutere […] ma che sicuramente permette di conciliare meglio vita professionale e vita privata”, dichiara alla Radiotelevisione svizzera Giangiorgio Gargantini, segretario regionale del sindacato UNIA.
Per Cristina Maderni, vicepresidente della Camera di commercio ticinese, questa situazione comporta non poche incognite per le ditte ticinesi: “Se ho dei dipendenti in telelavoro, rischio che anche la mia azienda venga considerata dallo Stato italiano come un’azienda che svolge attività fiscale in Italia e quindi sia da considerare come un soggetto fiscale in Italia”.
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Accordo con la Francia
Il 22 dicembre scorso, l’Amministrazione federale delle contribuzioni aveva annunciato che l’accordo non sarebbe stato prorogato dopo la scadenza prevista il prossimo 31 gennaio, contrariamente a quanto avvenuto con la Francia.
“Le autorità competenti dell’Italia e della Svizzera, constatato che in entrambi i Paesi non sussistono più restrizioni alla libera circolazione delle persone dovute all’emergenza sanitaria Covid-19, hanno concordato che l’accordo amichevole del 18-19 giugno 2020 che prevede, tra l’altro, in via eccezionale e provvisoria, delle regole speciali in materia di imposizione del telelavoro e “smart working”, rimarrà in vigore fino al 31 gennaio 2023″, si leggeva nel comunicato. Pertanto, “a partire dal 1° febbraio 2023, in ragione della situazione sanitaria attuale, non è prevista al momento una proroga”.
Nella nota veniva anche fatto notare che il nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri firmato il 23 dicembre 2020, che però non è ancora stato ratificato da Roma, prevede esplicitamente “la facoltà per gli Stati contraenti di consultarsi periodicamente per verificare se si rendano necessarie modifiche o integrazioni del Protocollo relative al telelavoro, nonché l’eventuale conclusione di accordi di amichevole composizione”.
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