Stop alle auto a carburante fossile, la Svizzera sarà costretta ad allinearsi?
Dal 2035, i Paesi dell'Unione Europea non potranno più vendere nuove auto a benzina o a diesel. Una decisione che apre molti quesiti per la Confederazione.
Dopo lunghe discussioni, l’Unione Europea (UE) ha trovato l’accordo finale su uno dei pilastri del Fit for 55, il pacchetto di riforme e regolamenti economici e sociali incentrati sulla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione delle emissioni di gas serra.
A partire dal 2035, i Paesi UE non potranno più vendere auto di nuova produzione a combustione interna, ovvero a benzina o diesel.
Prima tappa: 2030
Il testo approvato dall’UE prevede alcune tappe intermedie. Entro il 2030 i costruttori dovranno ridurre del 55% le emissioni delle nuove auto immesse sul mercato e del 50% quelle dei nuovi veicoli commerciali. Mentre i piccoli produttori – grazie al cosiddetto emendamento Motor Valley, particolarmente caro all’Italia – dovrebbero vedere la conferma della deroga accordata già in estate dalla Plenaria: fino al 2035 potranno continuare a produrre auto tradizionali.
I dettagli della decisione
L’intesa, spiega il Consiglio UE, prevede che il meccanismo di incentivi normativi sarà mantenuto per i veicoli a zero e basse emissioni fino al 2030. Nell’ambito di questo meccanismo, se un produttore raggiunge determinati parametri di riferimento per le vendite di veicoli a zero e basse emissioni, può essere premiato con obiettivi di CO2 meno severi. I co-legislatori hanno deciso di aumentare il parametro al 25% per le auto e al 17% per i furgoni fino al 2030.
L’accordo include una clausola di revisione che garantirà che nel 2026 la Commissione valuti attentamente i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del 100% delle emissioni e la necessità di rivedere tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride.
“È una decisione storica”, ha esultato il francese Pascal Canfin, presidente della commissione Ambiente del Parlamento UE. “Stiamo anche avviando il processo per avere nel 2025, dopo una precisa valutazione delle esigenze finanziarie, un Fondo di transizione dedicato ai dipendenti e alle dipendenti del settore e nel 2023 una nuova legge accelererà la diffusione delle flotte aziendali”, ha aggiunto Canfin toccando uno dei punti più delicati del pacchetto: gli effetti sull’occupazione.
Quali effetti in Svizzera?
Ma quali conseguenze avrà questa decisione sulla Svizzera che, oltre ad essere attorniata da Paesi UE, si serve in buona parte della loro industria automobilistica non avendo una produzione indigena?
Il Consiglio federale, come ha riferito l’Ufficio federale dell’energia (UFE), sta preparando il messaggio sulla revisione della legge sul CO₂, posta in consultazione nel dicembre 2021. Solitamente, soprattutto in questo settore, l’Amministrazione federale si allinea in maniera più o meno fedele alle decisioni dei Paesi circostanti. Scopriremo quando il messaggio sarà pronto se sarà effettivamente così.
Un’auto su quattro
Attualmente, un veicolo su quattro tra quelli venduti in Svizzera è ibrido o elettrico. Il nostro Paese si situa così al settimo posto tra quelli europei, dietro soprattutto ai Paesi scandinavi.
“La tabella di marcia per la mobilità elettrica che il Touring Club Svizzero (TCS) ha sottoscritto prevede che questo tasso raggiunga il 50% entro il 2025 “, ha affermato il TCS rispondendo a una domanda in tal senso del giornale romando Tribune de GenèveCollegamento esterno. “È quindi abbastanza plausibile immaginare che entro il 2035 tutte le nuove auto messe in circolazione saranno elettriche”, aggiunge il TCS.
Stazioni di ricarica: 20’000 entro il 2025
La possibilità di ricaricare il proprio mezzo è un fattore cruciale per la diffusione dei veicoli elettrici. Al momento, in Svizzera ci sono 7’896 punti di ricarica pubblici e per il 2025 l’obiettivo è stato fissato a 20’000.
“Attualmente, 19 aree di sosta su un totale di 100 sono già dotate di un’infrastruttura di ricarica rapida; entro la fine dell’anno, si prevede che il loro numero salga a 57”, ha reso noto l’UFE.
Man mano che i produttori si orientano verso l’elettrico, verosimilmente anche i prezzi scenderanno, la tecnologia si sviluppa e l’autonomia dei veicoli potrà aumentare. Il tutto, rende la transizione possibile, constata la Tribune de Genève nel suo approfondimento.
“Meglio i valori limite che il divieto”
Non tutti però sono d’accordo. Marcel Guerry, amministratore delegato di uno dei maggiori concessionari in Svizzera, Emil Frey, interpellato dalla rivista Revue AutomobileCollegamento esterno, sostiene che non c’è bisogno di un divieto alle vendite. “In Svizzera, le vendite di auto elettriche sono aumentate del 50% solo nell’ultimo anno e superano le previsioni della roadmap per la mobilità elettrica! La definizione di valori limite è quindi sufficiente, ulteriori divieti non sono utili”.
Guerry afferma inoltre che “il divieto di questa tecnologia porterà al monopolio delle auto elettriche, che non avranno più alcuna concorrenza. È una decisione molto pericolosa per l’Europa, perché così viene vietata una tecnologia collaudata che è stata sviluppata per oltre 100 anni. C’è il rischio che il know-how e la produzione vengano trasferiti soprattutto nel Sud-Est asiatico”. Insomma, per l’amministratore delegato di Emil Frey “l’ideologia ha preso il sopravvento sulla ragione”.
Dal TG odierno, il parere dell’esperto e giornalista di Automotive News Europe Andrea Malan:
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