Oggi in Svizzera
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A Davos è di nuovo polemica per un cartello affisso all’arrivo di una funivia che informa le persone di confessione ebraica che non verrà loro noleggiato materiale sportivo.
“A causa di vari incidenti molto fastidiosi, tra cui il furto di uno slittino, non noleggiamo più l’attrezzatura sportiva ai nostri fratelli ebrei. Questo vale per tutte le attrezzature sportive come slittini, airboard, sci e racchette da neve. Grazie per la vostra comprensione”: recita così il manifesto, scritto in ebraico, affisso nel negozio del ristorante di montagna Pischa, stazione di arrivo della funivia.
Un avviso che sta suscitando un putiferio. Il segretario generale della Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI) Jonathan Kreutner, che secondo quanto riporta il Corriere del Ticino si trova proprio in vacanza a Davos, lo ha definito “scioccante” e ha annunciato che adirà le vie legali. Trasferire il comportamento di alcuni singoli su un’intera comunità proprio non va, ha affermato Kreutner. “Tali generalizzazioni vanno troppo oltre”, ha sottolineato. L’azienda si è giustificata con il fatto che “non si tratta assolutamente di un caso isolato, sono esperienze quotidiane che abbiamo dovuto fare”.
Non è la prima volta che la località sciistica grigionese si trova al centro dell’attualità per problemi di convivenza con turisti e turiste ebree ortodosse. L’estate scorsa, il direttore turistico di Davos Klosters, Reto Branschi, aveva interrotto un progetto di dialogo con la FSCI che avrebbe dovuto garantire comprensione reciproca fra questa categoria di turisti e la popolazione locale. Il tutto – riferisce sempre il Corriere del Ticino, era venuto a cadere quando un gruppo di ospiti ebrei non aveva rispettato le regole di convivenza comune e aveva rifiutato di ricevere spiegazioni in merito.
- L’articoloCollegamento esterno sul tema del Tages-Anzeiger.
- La notiziaCollegamento esterno sul sito del Corriere del Ticino.
- Nel settembre 2023 Davos era già stata al centro dell’attenzione per la difficile convivenza tra persone di confessione ebraica e popolazione locale. Ne avevamo riferito qui.
Nell’arco di un decennio la temperatura delle acque profonde del Lago di Ginevra è aumentata di un grado. Un’evoluzione che perturba la catena alimentare e che avrà un impatto sulla qualità dell’acqua.
A lanciare l’allarme è stata la Commissione internazionale per la protezione delle acque del Lemano (CIPEL), che ha pubblicato lunedì il suo rapporto scientifico 2023. L’incremento è considerevole, ha indicato la segretaria generale della CIPEL Nicole Gallina. In superficie, nel 2022, la temperatura media delle acque era di 13,6 gradi, ossia un aumento di 1,2 gradi sull’arco di 30 anni.
La rarefazione degli inverni rigorosi segnati da episodi ventosi ha impedito un completo mescolamento delle acque. Il contenuto di ossigeno diminuisce, in particolare in profondità, dove oggi non ce n’è più abbastanza perché organismi viventi possano sopravvivere. A causa del mancato mescolamento, i nutrimenti essenziali per lo sviluppo dei fitoplancton, alla base della catena alimentare, si accumulano in profondità. La biodiversità di quello che è il più grande lago dell’Europa occidentale è quindi minacciata. Il riscaldamento climatico avrà anche un impatto sulla qualità dell’acqua. Il Lemano fornisce acqua potabile a una popolazione di un milione di abitanti.
Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (GIEC), i laghi prealpini sono più sensibili al cambiamento climatico. Il loro riscaldamento è da quattro a cinque volte più rapido di quello degli oceani. Al ritmo attuale, la temperatura delle acque potrebbe aumentare di 3,8 gradi da qui alla fine del secolo, ciò provocherebbe uno sconvolgimento del loro ecosistema.
- La notiziaCollegamento esterno su RSI News.
- Temperatura dell’acqua dei laghi sul sitoCollegamento esterno dell’Ufficio federale dell’ambiente.
- Il sitoCollegamento esterno della CIPEL.
- I laghi svizzeri soffocano per mancanza di acqua fredda: un approfondimento del mio collega Marc-André Miserez.
La Svizzera è ancora lontana dall’essere la Silicon Valley europea per le start-up.
La Svizzera e la Silicon Valley hanno molto in comune: entrambe sono considerate tra le regioni più innovative a livello globale, capaci di attirare talenti da tutto il mondo nelle loro università d’eccellenza. Il tutto, concentrato in un piccolo territorio. Eppure, nella Confederazione scegliere la carriera imprenditoriale rimane piuttosto difficile: solamente il 40% della popolazione la vede come un percorso interessante contro il 70% negli Stati Uniti.
Cosa manca alle svizzere e agli svizzeri? Il coraggio e una certa inclinazione al rischio, afferma l’imprenditore svizzero Gert Christen, che vive da otto anni a San Francisco. Queste caratteristiche sono insite nella cultura imprenditoriale della Silicon Valley. Non è un caso, infatti, che mentre in Svizzera le aziende che dominano il mercato hanno talvolta più di 100 anni, “nella Silicon Valley è come se ogni anno nascessero decine di aziende con il potenziale di Nestlé, Roche, ABB…”, afferma Christen.
Questo è l’ultimo episodio della nuova serie firmata SWI swissinfo.ch dal titolo “Svizzera e Silicon Valley, unite nell’innovazione”. Nella serie, la collega Sara Ibrahim e il collega Marc-André Miserez hanno messo a confronto la situazione elvetica e quella californiana, raccontandone tentazioni, promesse e contrasti attraverso gli occhi delle svizzere e degli svizzeri che li vivono da vicino.
- Cosa può imparare la Svizzera dalla Silicon Valley? L’approfondimento della mia collega Sara Ibrahim.
- I ritratti di Emilia Pasquier, Claude Zellweger e Pamela Munster del mio collega Marc-André Miserez.
È una piccola saga che negli ultimi mesi ha fatto colare parecchio inchiostro, ma la storia si è risolta con un lieto fine: sei storici chalet in stile svizzero in Canada hanno potuto essere salvati.
Le sei vecchie case delle guide montane svizzere nella Colombia britannica canadese – denominate “The Swiss Guides Village Edelweiss” – erano state costruite nel 1912 e rischiavano di sparire. Gli chalet – mai rinnovati nel corso dei decenni – erano infatti stati messi in vendita e c’era chi temeva che l’operazione avrebbe significato la fine per queste case considerate un patrimonio della cultura montana canadese.
L’impegno di diversi appassionati e appassionate, in particolare Ilona Spaar, autrice del libro Swiss Guides, ha però permesso di salvare questi piccoli monumenti. Una società immobiliare li ha acquistati e ha subito intrapreso le prime misure di protezione e restauro degli storici edifici.
“Rispettiamo l’importanza storica del villaggio svizzero e delle guide di montagna elvetiche che vi vivevano – ha indicato la società acquirente – siamo coscienti dell’importanza del villaggio per la comunità locale e per le persone svizzere che vivono in Canada. La nostra passione è preservare e restaurare questo luogo unico e la sua eredità”.
- L’articolo sul tema della mia collega Melanie Eichenberger.
- Un documentarioCollegamento esterno dedicato agli chalet svizzeri.
- In questo articolo avevamo invece riferito della messa in vendita del villaggio svizzero sulle Montagne rocciose.
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