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Regionali, in Sicilia vince il Centrodestra

Silvio Berlusconi è tornato. Il candidato di centrodestra - sostenuto dal Cavaliere - Nello Musumeci ha infatti vinto le elezioni regionali siciliane con con quasi il 40% dei voti. Il candidato del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri, segue con circa il 35% delle preferenze. Chiarissima e pesante è la sconfitta di Fabrizio Micari, candidato del Pd e di Ap, che non ha superato il 19%. Hanno votato meno del 47% degli aventi diritto.

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Nello Musumeci è il nuovo presidente della Regione Sicilia. Lo spoglio, che si apre solo alle 8 del mattino e si protrae fino a tarda sera, conferma i pronostici dei primi exit poll e assegna al candidato del centrodestra il 39,9%.

Un dato che gela i sogni di sorpasso del Cinque stelle Giancarlo Cancelleri (34,7%). L’M5s, che avanza pure il sospetto di brogli, festeggia il miglior risultato di lista. Mentre si apre il processo a Matteo Renzi e al Pd: il candidato del centrosinistra Fabrizio Micari è fuori dalla partita (18,6%), pur triplicando i voti della sinistra di Claudio Fava (6,2%). Ma tra i siciliani il primo partito resta ancora una volta quello dell’astensione: alle urne solo il 46,76% dei votanti.

“Sarò il presidente di tutti, combatterò per la Sicilia”, promette Musumeci, che però rischia di non avere da solo la maggioranza in Assemblea regionale siciliana per governare. “Il laboratorio Sicilia – esulta – ha valore nazionale”. 

Verso il voto nazionale

A pochi mesi dalle politiche, infatti, il test siciliano fa ben sperare il centrodestra: “La vittoria di Musumeci è la vittoria dei moderati che credono nella possibilità di un futuro migliore e un cambiamento vero”, dichiara Silvio Berlusconi, che – facendo irritare gli alleati – rivendica a Fi di aver reso “possibile” la vittoria del candidato della destra. “Il patto dell’arancino funziona ma questo voto dimostra che non è vero che si vince al centro”, dichiara Giorgia Meloni. E Matteo Salvini, che porta per la prima volta la Lega all’Ars, apre la partita con il Cavaliere in vista delle politiche: “Siamo stati determinanti”.

M5S: “Rischio broglio”

Dal quartier generale del M5s a Caltanissetta si fa sentire intanto Luigi Di Maio, che annulla il confronto tv previsto per martedì con Renzi (“non è più leader”), e rilancia le ambizioni del Movimento: “Il voto non ci porta alla presidenza della Sicilia, ma da qui parte un’onda che tra 4 mesi ci può portare al 40% e a Palazzo Chigi. Molti astenuti siciliani si pentiranno di aver riportato in Regione chi ha speculato finora”. E al termine di una campagna elettorale segnata dalle polemiche il M5s si spinge oltre. Manlio Di Stefano evoca il “rischio brogli” e Cancelleri si rifiuta di chiamare Musumeci: “È una vittoria contaminata dagli impresentabili e dalla complicità dei media”.

Tutt’altra storia a sinistra. Micari perde il 7% nel voto disgiunto e la sua lista resta fuori dall’Ars. Il Pd si ferma poco sotto il 13%, “stesso risultato – sottolineano i renziani – del 2012”. E mentre l’Udc a destra registra un buon risultato, Ap, che ha scelto la coalizione con i Dem, resta fuori dall’Ars e apre il processo interno: “Il dato è negativo ma abbiamo fatto la scelta giusta”, commenta Angelino Alfano.

Sconfitto il Pd

Il Pd ammette la sconfitta ma Renzi difende la sua leadership: “Chi è il leader del Pd lo decidono le primarie. Non le correnti e neanche Di Maio”. La minoranza interna non mette in discussione la segreteria (tanto che Andrea Orlando difende Renzi dagli attacchi di Di Maio) ma il tema della costruzione di una coalizione larga – e la possibilità che il candidato premier non sia Renzi – agita il Pd. Il confronto tra i Dem si terrà lunedì 13 in direzione. Ma a sinistra un incontro tra Giuliano Pisapia e Pietro Grasso riapre i giochi per la costruzione di “un’alternativa”. A compattare gli anti-renziani sono anche le accuse rivolte a caldo (e oggi rettificate) dal renziano Davide Faraone a Pietro Grasso, reo di non aver accettato di candidarsi per il centrosinistra in Sicilia. Accuse che, afferma il portavoce del presidente del Senato, non fanno che confermarne la scelta di lasciare il Pd, in dissenso dai “metodi dell’attuale dirigenza”: “Imputare a Grasso il risultato è una patetica scusa, utile solo ad impedire riflessioni in merito alle prospettive di quelle future”.

Il primo test elettorale degli ex Dem di Mdp non è brillante, con la lista di sostegno a Claudio Fava poco sopra il 5%, ma è un buon viatico, sottolineano i bersaniani, per il futuro. “Dopo dieci anni – dichiara Fava – la sinistra torna nel Parlamento siciliano, per fare opposizione, per lanciare, a partire dalla Sicilia, una proposta politica che guarda anche al resto del Paese, con lo sguardo rivolto al futuro”.

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