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La crisi pandemica del commercio marittimo

nave carica di container
Meno navi e meno container in circolazione dall'inizio della pandemia Keystone / Markus Scholz

Ritardi nelle consegne e prodotti che mancano dagli scaffali dei negozi: queste sono solo alcune conseguenze dei problemi che ha dovuto (e deve ancora) affrontare il settore del commercio marittimo a causa delle misure restrittive legate alla pandemia di Covid-19.

Il meccanismo è inceppato e chi lavora in un’impresa portuale deve farci i conti: a un certo punto è diminuita la domanda, “il che ha comportato da parte dei proprietari delle navi una riduzione di imbarcazioni in giro per il mondo. Nel momento in cui i mercati si sono ripresi questa quantità ridotta di navi non era in grado di soddisfare la domanda”, spiega Alessandro Ferrari, direttore dell’Associazione Italiana Terminalisti Portuali (Assiterminal).

Oltre alle navi, mancano anche i container: molti infatti si trovano in Paesi in cui l’export non è ancora ripartito.

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Questi due fattori hanno fatto sì che su molte tratte – per esempio dalla Cina all’Europa – i prezzi sono quintuplicati e continuano a salire: un trasporto di questo tipo costava, un anno e mezzo fa, poco meno di 2’000 dollari, mentre oggi il costo supera i 15’000 dollari.

Una situazione che pesa anche sull’abbigliamento prodotto o comprato nella Confederazione, come spiega il presidente di Swiss Textiles Carl Illi: “Noi importiamo tutte le materie prime qui in Svizzera. Praticamente non ne abbiamo, e in questo senso adesso siamo molto dipendenti dalla logistica”. Ai ritardi delle navi e al rialzo dei prezzi si aggiunge poi il rincaro di tutti i tessuti (lana e seta in primis) e “prima o poi il consumatore – probabilmente già nel 2022 – si troverà a pagare di più”, aggiunge Illi. Anche perché gli armatori si sono resi conto che nonostante i prezzi alti gli ordini continuano ad arrivare e quindi, sempre secondo Illi, non sono intenzionati a cambiare l’attuale politica dei prezzi. Questi ultimi, dal canto loro, affermano di fare tutto il possibile e di avere già ordinato nuovi container e nuove navi.

Anche gli spedizionieri, nel porto di Genova, come altrove, non possono che fare i conti con questa nuova situazione: “Per noi come operatori logistici comporta una grandissima difficoltà per l’organizzazione delle spedizioni perché non riusciamo a contare su informazioni affidabili sulla puntualità delle partenze o degli arrivi delle navi”, spiega Alessandro Pitto, presidente di Spediporto. Gli scenari piu’ ottimisti prevedono un ritorno alla normalità entro la prossima primavera, mentre a Genova si ipotizzano nuovi mercati, anche verso porti più vicini e meno esposti alle turbolenze del commercio globale.

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