Le Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile ospitano l'esposizione "Arte liberata 1937-1947" che è un invito a riscoprire un pezzo del patrimonio culturale italiano.
Keystone / Claudio Onorati
È in corso a Roma una mostra dedicata all’arte liberata durante la Seconda guerra mondiale. Statue e quadri che 70 anni fa sono stati salvati durante il conflitto per preservare il patrimonio culturale italiano.
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L’azione condotta da tanti responsabili di musei e funzionari delle Belle Arti che alla vigilia della Seconda guerra mondiale misero in salvo numerosissime opere è protagonista di una mostra insolita a Roma. Le Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile ospitano l’esposizione “Arte liberata 1937-1947” che è un invito a riscoprire un pezzo del patrimonio culturale italiano, ma anche un omaggio a chi interpretò con lungimiranza il proprio ruolo, malgrado un contesto drammatico.
Persone che, senza armi e con mezzi limitati, decisero di difendere l’arte dalla minaccia che incombeva. Una mostra a carattere storico, ma quanto mai attuale, visti gli sforzi in atto per salvaguardare il patrimonio ucraino.
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La mostra (organizzata in collaborazione con la Galleria nazionale delle Marche, l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione e l’Archivio Luce-Cinecittà) offre una selezione di oltre cento preziosissimi reperti salvati, corredata da documenti, fotografie e registrazioni sonore a testimonianza dello sforzo compiuto da tanti curatori. Diversi, sottolinea la presentazione, furono allontanati dai loro impieghi per aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, ma con il sostegno di storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si prodigarono per salvaguardare il patrimonio artistico-culturale, mettendolo al riparo da razzie e bombardamenti.
I capolavori più celebri presentati al pubblico nell’ambito dell’esposizione “Arte liberata” spaziano dal Discobolo Lancellotti alla Danae di Tiziano Vecellio, dalla Santa Palazia del Guercino ai ritratti di Alessandro Manzoni, passando da numerose opere custodite nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali la Crocefissione di Luca Signorelli e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.
L’azione di salvataggio prese avvio alla vigilia dello scoppio del conflitto con l’invasione della Polonia da parte dell’esercito tedesco il 1° settembre. Nel 1939, su istruzioni del Governo fascista, si procedette a proteggere i monumenti e le chiese, mentre le sculture e i dipinti furono spostati in segreto in luoghi ritenuti sicuri, fuori dai centri urbani. Nelle Marche, Pasquale Rotondi, mise in salvo le opere nella Rocca di Sassocorvaro, poco distante da Urbino, che in seguito accolse anche tesori provenienti da Venezia, dal Lazio e dalla Lombardia (comprese le collezioni del Castello Sforzesco e della Pinacoteca di Brera).
L’azione fu intensificata dopo il 1943 quando l’Italia si ritrovò occupata a nord dai tedeschi e a sud dagli alleati, con la costante minaccia dei bombardamenti. Le opere ospitate nelle Marche furono così trasferite nella Santa sede.
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