Il business dei profughi
L'accoglienza ai rifugiati: un'emergenza umanitaria, un problema politico che scotta. Dove li alloggiamo? Chi paga e chi ci guadagna?
LA STANZA DEL PROFUGO
di Philippe Blanc e Paola Santangelo
In Ticino a gennaio c'erano 2'000 richiedenti l'asilo, circa la metà di loro sono in attesa di una decisione per sapere se potranno rimanere in Svizzera oppure no.
Il Cantone deve trovare ad ognuno un tetto e si appoggia al settore privato per ospitare più di due terzi dei migranti.
I profughi, in una prima fase, sono alloggiati in pensioni o hotel e poi, quando appare chiaro il loro diritto di restare, in appartamento. Diventano insomma clienti e perciò l'introito di chi li ospita diventa sicuro, perché a saldare i conti è lo Stato. In un periodo di crisi del settore alberghiero questo business sembra far gola a molti imprenditori.
Il reportage del settimanale Falò Link esternocerca di far chiarezza sul sistema di accoglienza nelle pensioni: quali sono i guadagni, quali sono i rischi, come vengono scelte le strutture e come ci vivono i richiedenti asilo. E pone una domanda: perché il Cantone non prende in considerazione le offerte di privati cittadini che ospiterebbero gratuitamente, a casa propria, un profugo?
Ospite Carmela Fiorini, responsabile del servizio richiedenti l'asilo del Canton Ticino.
RIFUGIATI: L'ESPERIENZA GRIGIONESE
di Resy Canonica
Val Monastero, l'angolo più orientale della Svizzera. Quasi alla fine di questa valle si trova Valchava. Duecento abitanti, in buona parte contadini e non pochi turisti richiamati da un paesaggio idilliaco.
In questa località il Governo grigionese ha inaugurato una nuova forma di accoglienza per i richiedenti l'asilo. L'Ufficio di migrazione ha stipulato un contratto di prestazione con un albergatore, proprietario di una casa di vacanze per gruppi che ha trasformato in un centro asilanti. Nel reportage di Falò viene mostrata la politica di accoglienza nel Canton Grigioni attraverso un viaggio nei vari centri di transito, sopra e sotto terra, accompagnati da uno dei responsabili dell'Ufficio della migrazione grigionese e da un medico presidente di un'associazione umanitaria.
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