Buone notizie per i laghetti alpini: il loro stato di salute sta migliorando. L'acidità delle acque, che aveva raggiunto il suo culmine negli anni Ottanta, si sta riducendo, stando alle ultime misurazioni.
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tvsvizzera.it/mrj
I laghetti alpini elvetici non sono immuni dall’attività umana, anche se si trovano distanti dai grandi centri abitati. Le piogge acide ne avevano variato la composizione, a scapito della loro flora e fauna. Oggi stanno meglio: dopo un picco negativo negli anni ’80, da qualche anno c’è una tendenza positiva confermata dagli ultimi prelievi effettuatu nella Svizzera italiana.
I principali inquinanti che hanno causato i maggiori danni in questi specchi d’acqua sono stati gli ossidi azoto e l’anidride solforosa. Se quest’ultima ha raggiunto i livelli più bassi di sempre (secondo la collaboratrice scientifica del Dipartimento del territorio ticinese Sandra Steingruber sarà difficile ridurli ulteriormente), per gli ossidi di azoto c’è ancora margine. Questi ultimi derivano dai combustibili fossili e quindi dal traffico. A dimostrarlo è anche il fatto che dopo il primo anno di pandemia di Covid-19 esperti ed esperte che hanno fatto i campionamenti hanno notato delle concentrazioni di azoto inferiori rispetto agli anni precedenti. Pochi mesi di traffico ridotto – in questo caso a causa dei lockdown – sono quindi stati sufficienti per migliorare la situazione.
C’è anche da dire, spiega l’esperta, che l’acidificazione di alcuni di questi specchi d’acqua è dovuta anche alla conformazione del territorio: i minerali che si trovano intorno possono per esempio causare variazioni nel Ph.
I dati raccolti in Svizzera vengono anche confrontati con altre realtà nell’ambito di un programma internazionale di monitoraggio.
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