Quando il patrimonio di tutti diventa un lucroso business
Tra i vicoli di Trastevere c'è un caveau che assomiglia a un piccolo Louvre: qui sono custoditi migliaia di tesori artistici ritrovati dopo essere stati trafugati da mercanti senza scrupoli e criminali. E la traccia di molti di questi tesori passa spesso dalla Svizzera.
Arianna, la figlia di Minosse che aiutò Teseo a uscire dal labirinto, è chiusa in un contenitore di legno. Custodita nel caveau dei Carabinieri tra i vicoli di Trastevere. L’opera, un sarcofago di 1800 anni fa, è stata trafugata da una strada consolare a Roma. L’hanno persino tagliata in due parti per trasportarla in tutta comodità prima in Svizzera e quindi negli Stati Uniti, dove è stata messa in vendita per 4 milioni di dollari.
A curare l’operazione criminale Gianfranco Becchina, il trafficante di reperti archeologici con una galleria a Basilea, la Antike Kunst Palladion, adornata da migliaia di vasi, mosaici e statue provenienti da scavi clandestini effettuati nel sud Italia.
Lui siciliano di Castelvetrano, in provincia di Trapani, mentre fa arrivare l’olio che produce fino alla Casa Bianca, tratta affari con i più importanti musei nel mondo. Rifila al Getty Museum per 10 milioni di dollari un kouros falso, vende al Toledo Museum of Art un’hydria di Vulci del 500 a.C., alla Merrin Gallery 32 bronzi nuragici.
“Li acquistava da tombaroli locali per poi ottenere centinaia di migliaia di dollari dai collezionisti o dai musei che compravano senza farsi molti scrupoli”, nota Massimo Maresca dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.
In Svizzera provvedeva a far restaurare le opere depredate da professionisti locali e, per dare una parvenza di provenienza lecita, metteva sulla piazza gli oggetti solo dopo alcune triangolazioni con società sempre a lui riconducibili.
Il processo per traffico internazionale di reperti archeologici si è chiuso con la prescrizione, ma lo scorso novembre sono stati messi i sigilli alle sue proprietà, compresa un’ala dell’ex castello Bellumvider, in Sicilia, realizzato nel 1239 per accogliere Federico II.
L’interesse della mafia
Becchina, che si sente solo un mecenate, avrebbe fatto arrivare “buste piene di soldi” a Matteo Messina Denaro. A rivelarlo è l’ex re dei supermercati, Giuseppe Grigoli.
“Con il traffico di opere ci manteniamo la famiglia”, scrive del resto in un ‘pizzino” l’attuale capo di Cosa Nostra. Un business ereditato da suo padre Francesco, tra i primi tombaroli di Selinunte, il parco archeologico più grande d’Europa. “È stato don Ciccio a trasmettere a suo figlio Matteo l’amore per l’archeologia”, ha confermato Giovanni Brusca, il boia della strage di Capaci.
Negli anni ’90, quelli delle bombe e degli attentati ai monumenti, il super latitante avrebbe commissionato il furto del Satiro Danzante da commercializzare “attraverso rodati canali svizzeri”.
La ferita di Palermo
La bellezza sottratta, la mafia e la Svizzera terra di mezzo, trampolino per fare affari in tutto mondo. A partire dal furto della Natività di Caravaggio. “Maturò nell’ambiente dei piccoli criminali, ma l’importanza del quadro indusse i massimi vertici di Cosa Nostra a rivendicare l’opera”, ha svelato di recente il collaboratore di giustizia Gaetano Grado alla Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi.
“L’opera fu consegnata a Gaetano Badalamenti, all’epoca a capo dell’intera organizzazione mafiosa, che ne curò in tempi rapidi il trasferimento all’estero con la mediazione di un esperto antiquario svizzero arrivato a Palermo per curare l’affare”. Riconosce persino in fotografia l’intermediario di Lugano. È morto da tempo, ma il suo nome per gli inquirenti contribuisce a far luce su un’indagine lunga cinquant’anni.
Il furto avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969 segna una ferita per l’Italia e per la città di Palermo, designata capitale italiana della cultura per il 2018. Cinquant’anni di ipotesi e sospetti: c’è chi ha sostenuto che la Natività fosse stata distrutta dai topi; per altri gelosamente conservata in Sicilia ed esposta in occasione dei summit. Oggi anche Francesco Mannoia ha ritrattato la sua precedente dichiarazione e ammesso che il quadro non è stato brucato e per la Commissione “si può ritenere, ed è un’acquisizione fondamentale, che l’opera non sia andata perduta”
La tela di quasi tre metri per due, sarebbe stata trasferita in Svizzera a fronte di un’ingente somma di denaro e lì scomposta in quattro parti, per essere venduta sul mercato internazionale.
Meno rischioso della droga
Pochi rischi, massimo guadagno, senza tassazione e tracciabilità: la criminalità organizzata ha tutto l’interesse nel trafficare arte. A settembre del 2016 la Guardia di Finanza trova in un covo della camorra dei dipinti di Vincent Van Gogh trafugati dal museo di Amsterdam. Un investimento per il clan dedito al narcotraffico. Li conservavano in cantina, dietro a degli scaffali. L’arte non l’amavano affatto, era solo riciclaggio.
“I falsi vengono distrutti, in modo da evitare che possano anche in momenti successivi essere reintrodotti sul mercato”
Colonnello Nicola Candido
Un settore che sta avendo grande sviluppo è poi la falsificazione, in particolare di opere contemporanee. Soltanto lo scorso anno ne sono state sequestrate più di 42’000.
“I falsi vengono distrutti, in modo da evitare che possano anche in momenti successivi essere reintrodotti sul mercato”, chiarisce il colonnello Nicola Candido dei carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale.
Nel caveau, accanto all’Arianna dormiente e all’hydra di Vulci trafficate da Becchina, ci sono riproduzioni di Modigliani e Picasso. “Le opere autentiche invece le conserviamo temporaneamente in attesa che si definiscano i procedimenti giudiziari e siano restituite ai legittimi proprietari”, spiega Candido.
Su un tavolo la luce illumina una stele funeraria proveniente dal sito archeologico di Palmira, dove il direttore Khaled al-Asaad è stato ucciso nel tentativo di proteggere le opere dalla furia iconoclasta dell’Isis. È stata sequestrata dai Carabinieri a un imprenditore del nord Italia e sarà restituita alla Siria appena finirà la devastazione.
Più in là, lungo un corridoio, le opere spogliate dalle chiese durante il sisma de l’Aquila del 2009. Rubate per arricchire l’arredo di alcune ville di lusso della costiera amalfitana, così da far lievitare i prezzi per i turisti stranieri. Patrimoni e bellezze sotto assedio, offese e maltrattate per fare soldi. Derubate a ognuno di noi.
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