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Colombia e Farc, una pace da progettare

Il termine del 23 marzo è passato ma i negoziati sono ancora in corso; nelle donne, principali vittime della guerriglia, la speranza per il futuro [REPORTAGE]

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Il 23 marzo doveva essere un giorno storico per la Colombia. Il governo di Bogotà e i rappresentanti delle Forze armate rivoluzionarie colombiane, le Farc, si erano posti questo termine per arrivare a un accordo di pace.

Cosi non è stato. I negoziati sono ancora in corso e la pace dovrà ancora attendere. Un attesa che dura da oltre 50 anni, mezzo secolo di conflitto che ha causato piu di 260 mila morti.

Tra questi anche molte donne, principali vittime della guerriglia e adesso simbolo del futuro e della pace imminente.

Se il 2016 passerà alla storia come l’anno dei negoziati tra governo colombiano e il gruppo guerrigliero delle Farc le vere protagoniste rimangono loro, le donne. Le vittime più colpite insieme ai bambini. Più di 13600 stupri in oltre 50 anni di conflitto e non solo.

“Ho perso nipoti, cugini, familiari, ho avuto parenti sequestrati”, spiega Amanda Lucia Camilo y Barra. “Tutte noi abbiamo subito moltissime perdite, persecuzioni, minacce, siamo state costrette a scappare”.

Amanda fa parte della ‘Ruta pacifica de las mujeres’, un movimento che da anni cerca di aiutare le donne colombiane vittime del conflitto dando loro sostegno e una speranza per il futuro. Anche a chi come Ana Anel di speranza non ne ha più. Suo figlio Oscar Salas, studente universitario, è stato ucciso 10 anni fa. È tra le oltre 260 mila vittime del conflitto.

“Mio figlio lottava per un paese migliore”, racconta Ana, “lottava perché le persone non soffrissero la fame, lottava affinché le risorse del nostro paese non fossero vendute ad estranei, lottava perché non ci fosse ingiustizia”.

L’omicidio di Oscar Salas è rimasto impunito, come molti altri del resto in Colombia. Anche per questo Ana è scettica sui negoziati di pace.

“Questa pace di cui adesso tanto si parla non ci sarà fintantoché le persone continueranno a soffrire, fintantoché ci saranno morti, scomparsi, fintantoché ci saranno persone sequestrate”

Jineth Bedoya lavora a El Tiempo ed è una delle più famose giornaliste colombiane. È stata sequestrata, torturata e violentata dai guerriglieri mentre realizzava reportage investigativi. Oggi partecipa in prima persona ai negoziati come vittima del conflitto.

“La tappa più difficile di un accordo di pace è il post-conflitto”, ci dice, “e io penso che la Colombia non sia pronta per questo post-conflitto perché abbiamo vissuto decenni interi nella Guerra che adesso che sentiamo avvicinarsi la pace non riusciamo neanche a immaginarcela. Non sappiamo come la affronteremo, come la vivremo”

Di una cosa però Jineth Bedoya è certa. Le donne saranno cruciali nella gestione del post-conflitto: “Le donne in Colombia negli ultimi 50 anni hanno vissuto il ruolo di vittime però allo stesso tempo hanno dovuto prendere in mano la situazione e sostenere famiglia e territorio. Penso che nel post-conflitto questo ruolo diventerà ancora più importante”.

Insomma la Colombia vuole adesso voltare davvero pagina. Stavolta in nome della pace e della speranza.

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