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Telefonini a scuola, Italia e Svizzera tra divieti e autonomie

Telefonini degli studenti raccolti in una cassetta.
Keystone / Christian Beutler

Con l’avvio del nuovo anno scolastico, l’Italia introduce un divieto totale di smartphone in classe, esteso anche alle scuole superiori. In Svizzera, invece, il quadro è frammentato: alcuni Cantoni hanno adottato misure restrittive, altri lasciano autonomia alle scuole.

L’uso dei telefonini tra i banchi di scuola torna al centro dell’attenzione pubblica, alla vigilia del nuovo anno scolastico in Italia e a pochi giorni dalla riapertura delle scuole in Svizzera. Non è solo una questione didattica, ma riguarda anche la salute mentale, la capacità di concentrazione, la socializzazione e il benessere psicofisico di alunni e alunne. Italia e Svizzera, pur condividendo le stesse preoccupazioni, adottano strategie diverse: centralizzata la prima, federale la seconda. 

Italia, la stretta del Ministero

In Italia, il Ministero dell’Istruzione e del MeritoCollegamento esterno ha scelto una linea dura. Con la circolareCollegamento esterno del 16 giugno 2025, il ministro Giuseppe Valditara ha esteso il divieto di utilizzo degli smartphone a tutte le scuole, comprese le superiori a partire dall’anno scolastico 2025/2026. La novità più significativa è l’eliminazione della deroga per scopi didattici, prevista dalla precedente circolare del 2022. 

La decisione italiana si basa su studiCollegamento esterno dell’OCSE Pisa, dell’OMS e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che evidenziano gli effetti negativi di un uso eccessivo dello smartphone: perdita di concentrazione, calo della memoria, riduzione della capacità dialettica e impatto sull’apprendimento. Secondo l’ISSCollegamento esterno, oltre il 25% degli adolescenti italianiCollegamento esterno presenta un uso problematico del cellulare, con ripercussioni su sonno, relazioni sociali e rendimento scolastico. 

Svizzera, un mosaico di regole cantonali

In Svizzera, la gestione della questione dei cellulari a scuola riflette la struttura federale del Paese, con 26 sistemi scolastici diversi quanti sono i Cantoni. Questa autonomia ha portato a un mosaico di soluzioni, che vanno da divieti molto rigidi a un approccio più liberale, basato sulla responsabilizzazione di famiglie, studenti e docenti. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a una crescente tendenza verso una maggiore regolamentazione, spinta dalle preoccupazioni di genitori, insegnanti e autorità politiche per gli effetti negativi di un uso eccessivo dei dispositivi digitali. 

In Ticino il divieto si estende

Il Canton Ticino, che condivide con l’Italia la lingua, la cultura e centinaia di chilometri di confine, è stato tra i primi a intervenire. Dal 2020, nelle scuole medie è vietato l’uso di dispositivi digitali personali durante lezioni e ricreazioni. I cellulari devono essere spenti e non visibili all’interno del perimetro scolastico. Ora il divieto potrebbe essere esteso anche alle scuole elementari e dell’infanzia, già dall’autunno 2025.  In questo caso, però, la competenza non è del Cantone, ma dei singoli Comuni. 

La misura è motivata da studi che collegano l’uso precoce dei dispositivi a disturbi d’ansia e isolamento. Il Dipartimento cantonale dell’educazione (DECSCollegamento esterno) sta elaborando nuove direttive in collaborazione con l’Associazione dei Comuni ticinesi con l’obiettivo di creare un fronte unico. Il modello sarà quello delle scuole medie, aggiornato per includere anche smartwatch e auricolari. Accanto al divieto, si punta su educazione digitale e dialogo con le famiglie. 

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La Svizzera tedesca tra rigore e flessibilità

Nella Svizzera tedesca, la situazione è eterogenea. Il Canton Argovia ha introdotto quest’anno (da agosto 2025) un divieto totale per telefonini, smartwatch, tablet e laptop durante lezioni, pause e attività scolastiche. A Würenlos, sempre in Argovia, un divieto simile è in vigore da 18 anni, con risultati positivi. Il piccolo Canton Nidvaldo ha adottato misure analoghe, pur incoraggiando l’uso didattico dei dispositivi in modo mirato. 

Altri cantoni, come Zurigo, Lucerna e Svitto, si oppongono a divieti generalizzati, preferendo lasciare autonomia alle scuole. Nel Canton Friburgo la tendenza va verso le restrizioni, ma non c’è ancora un divieto uniforme, mentre nei due semicantoni di Basilea la discussione politica è in corso.  

Nella Svizzera tedesca l’idea prevalente è che la gioventù debba imparare a usare i media digitali in modo responsabile, e che un divieto totale rischi di essere controproducente. In questi Cantoni, la responsabilità educativa è condivisa tra scuola e famiglia. 

La Svizzera francese verso l’uniformità

Nella Svizzera francese si osserva una maggiore convergenza. Il Canton Vaud ha vietato i dispositivi elettronici nella scuola dell’obbligo già dal 2019, estendendo il divieto agli istituti superiori e professionali, con eccezioni durante le pause. Ginevra, da agosto 2025, ha introdotto un divieto totale, pausa pranzo compresa, con sanzioni che vanno dalla confisca temporanea all’esclusione per mezza giornata. 

Neuchâtel ha uniformato il divieto nella scuola dell’obbligo e introdotto l’educazione digitale come disciplina autonoma. Il Vallese ha adottato da questo nuovo anno scolastico un divieto generale per tutta la scuola dell’obbligo, anche durante le pause. Il Giura, infine, seguirà con un divieto totale da febbraio 2026, consentendo solo l’uso dei dispositivi forniti dalle scuole. 

In Italia divieto esteso, ma non assoluto

La circolare Valditara, pur introducendo un divieto generalizzato sull’uso degli smartphone a scuola, prevede alcune eccezioni. Gli alunni con disabilità o con disturbi specifici dell’apprendimento potranno continuare a utilizzare il cellulare come strumento di supporto. L’uso è consentito anche in caso di necessità personali motivate o quando è funzionale allo svolgimento di attività didattiche specifiche, in particolare negli indirizzi tecnologici dell’istruzione tecnica, come informatica e telecomunicazioni. 

L’applicazione concreta del divieto è demandata all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, che dovranno aggiornare i propri regolamenti. Le scuole sono chiamate a definire le misure organizzative e le sanzioni disciplinari per chi viola le regole. Questo ha aperto un dibattito su come gestire la custodia dei dispositivi durante l’orario scolastico: alcune scuole stanno valutando l’adozione di armadietti o cassette di sicurezza, con costi che potrebbero ricadere sulle famiglie. 

Due modelli, due filosofie ma un consenso trasversale

Il confronto tra Italia e Svizzera evidenzia dunque due modelli opposti nella gestione di una problematica condivisa. L’Italia ha scelto un approccio centralizzato, con una normativa nazionale che garantisce uniformità. La Svizzera, fedele alla sua tradizione federalista, ha lasciato ai Cantoni – e spesso addirittura ai singoli istituti – la libertà di decidere come regolamentare l’uso dei dispositivi digitali. 

Nonostante le differenze normative, le motivazioni alla base dei divieti sono simili. In entrambi i Paesi, le autorità scolastiche e politiche esprimono preoccupazione per gli effetti negativi degli smartphone sulla concentrazione, sull’apprendimento e sulle relazioni sociali degli studenti. Sia la circolare italiana che i documenti cantonali svizzeri citano studi scientifici che collegano l’uso eccessivo dei dispositivi digitali a disturbi del sonno, ansia, dipendenza e isolamento. 

C’è un consenso diffuso sull’idea che la scuola debba essere uno spazio protetto, dove gli studenti e le studentesse possano dedicarsi allo studio e alla socializzazione senza le continue distrazioni dei dispositivi mobili. 

Sfide e prospettive, tra consenso e applicazione pratica

I divieti sembrano godere di ampio sostegno pubblico. In Svizzera, un sondaggio dell’istituto SotomoCollegamento esterno ha rilevato che l’82% della popolazione è favorevole a un divieto sistematico degli smartphone a scuola. In Italia, un sondaggio analogoCollegamento esterno condotto dalla società SWGCollegamento esterno e dal Ministero dell’Istruzione ha mostrato che il 76% delle persone intervistate sostiene la misura. 

L’esperienza di Würenlos, in Argovia, dove il divieto è in vigore da 18 anni, dimostra che è possibile creare un ambiente scolastico “phone-free” con risultati positivi. In Italia, l’autonomia scolastica potrebbe favorire soluzioni organizzative diverse, adattate alle esigenze locali. La sfida sarà trovare un equilibrio tra rigore normativo, inclusione e educazione digitale. 

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