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Cresce l’uso dei braccialetti elettronici in Svizzera

Braccialetto elettronico
Le condizioni per applicare il braccialetto in questione prevedono che non sussista pericolo di fuga e che non ci siano chiari rischi di recidiva. KEYSTONE/DPA/Andreas Arnold

La Confederazione ricorre sempre più a questo strumento di sorveglianza che permette un miglior reinserimento sociale e riduce il sovraffollamento delle carceri. Rimane aperto il tema legato al suo ricorso nella prevenzione dei femminicidi. 

In Svizzera si ricorre sempre più spesso ai braccialetti elettronici per garantire la sorveglianza delle persone condannate. Malgrado sussistano notevoli differenze fra i Cantoni nell’applicazione di questo tipo di misura, si constata un aumento del 25% dell’utilizzo di questi apparecchi tra il 2018 e il 2023. 

Questi dati sono contenuti in un rapportoCollegamento esterno richiesto dal ParlamentoCollegamento esterno e pubblicato negli scorsi giorni dal Consiglio federale, secondo cui tale misura di espiazione della pena porta vantaggi. Indossare il braccialetto elettronico facilita infatti il reinserimento della persona condannata nella società ed evita di contribuire al sovraffollamento carcerario, si legge.  

>>> Abbiamo approfondito il problema del sovraffollamento delle carceri in Svizzera in questo articolo:

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Nel 2023, i giorni di condanna scontati indossando uno di questi apparecchi elettronici hanno rappresentato in media il 2,5% dei giorni totali di esecuzione della pena.  

Tempi e condizioni 

La misura può essere applicata per l’esecuzione di una pena detentiva da 20 giorni a 12 mesi, oppure al termine della detenzione, come forma di riduzione della pena, per un periodo da tre a 12 mesi. Oltre il 90% delle decisioni riguarda il primo caso. 

Nei primi cinque anni, le esecuzioni di pene sottoposte a sorveglianza elettronica sono state 2’495, sono state interrotte in media dopo 73 giorni e si sono conclusa dopo al massimo 95 giorni.

Le condizioni per applicare il braccialetto in questione prevedono che non sussista pericolo di fuga e che non ci siano chiari rischi di recidiva del reato commesso.  

Gli autori del rapporto hanno anche esaminato l’opportunità di estendere la durata massima d’impiego di questo strumento. La maggioranza dei Cantoni pensa tuttavia che la normativa in vigore sia sufficiente, opinione condivisa anche dal Consiglio federale. 

Differenze territoriali 

Emerge inoltre che la sorveglianza elettronica è applicata particolarmente spesso nei Cantoni urbani e in quelli, come ad esempio il Canton Ticino, che avevano partecipato al progetto pilota prima dell’estensione della misura a livello nazionale.  

Nei primi cinque anni, questa misura è stata concessa 617 volte nel Canton Vaud, 405 a Ginevra, 383 a Berna, 160 a Zurigo, 142 in Ticino e 8 nei Grigioni. Una misura del genere è stata presa una volta in Appenzello Esterno e Uri, e nessuna in Appenzello Interno, Glarona e Nidvaldo.  

Bisogna tuttavia precisare che sussiste una notevole differenza tra questi cantoni nel loro numero di abitanti: se il Canton Vaud e quello di Ginevra contano rispettivamente 855’700 e 532’700 abitanti, Glarona e Nidvaldo ne annoverano 42’400 e 45’300. 

Braccialetti elettronici e femminicidi 

La pubblicazione del rapporto, lo scorso 20 agosto, ha tristemente coinciso con l’uccisione, a Corcelles, nel Canton Neuchâtel, di una donna di 47 anni e delle sue due figlie di 10 e 3 anni, per mano dell’ex marito e padre delle bambine.  

Il riferimento non è vano dal momento che, solo il mese scorso, il consigliere federale a capo del Dipartimento di giustizia e polizia Beat Jens ha auspicato un maggiore ricorso al braccialetto elettronico e a un sistema di allarme proprio per sorvegliare gli autori di violenze contro le donne, allo scopo di prevenire i femminicidi il cui numero è in preoccupante crescita in Svizzera. 

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“Nessun altro crimine violento miete tante vittime quanto la violenza contro le donne”, ha dichiarato Jans in un’intervista pubblicata dalla Schweiz am Wochenende. Ad oggi, in meno di otto mesi, il numero di donne che in Svizzera ha perso la vita per mano di un uomo nel 2025 è già a 22. 

Il rapporto, tuttavia, non affronta il tema del monitoraggio elettronico degli autori di violenza domestica e sessuale, ha precisato il Consiglio federale.  

In una decina di cantoni, tra cui proprio quello di Neuchâtel, sono in corso sperimentazioni di sorveglianza elettronica. Nel giugno 2023, tuttavia, il procuratore generale del cantone Pierre Aubert aveva avvertito che era necessario rimanere vigili perché il braccialetto elettronico può generare “un falso senso di sicurezza. Non si può mettere un poliziotto ogni 400 metri, pronto a intervenire in caso di allarme”, aveva sottolineato il magistrato. 

Italia e Spagna, esempi opposti 

Anche in Italia, l’introduzione del braccialetto elettronico è stata spesso legata al tentativo di prevenire i casi di femminicidio e, in maniera più generale, la violenza sulle donne.  

Ma la sua applicazione è stata spesso disastrosaCollegamento esterno con diversi casi in cui la cronaca ha riportato femminicidi perpetrati malgrado l’aggressore indossasse dispositivi di questo tipo. Dispositivi – che in Italia vengono chiamati “anti-stalking” – che in questi casi non hanno lanciato l’allarme o non lo hanno fatto in tempo utile. 

I limiti dei braccialetti sono di natura tecnica e logistica: spesso, quando scatta l’allarme per la vicinanza tra vittima e aggressore, le forze dell’ordine non riescono a intervenire in tempo. Questo perché il sistema di geolocalizzazione è complesso: il dispositivo in dotazione in Italia è composto da tre elementi (braccialetto, track GPS e VTU per la vittima), ma la sincronizzazione tra questi e la centrale operativa può essere lenta o inefficace, soprattutto in situazioni dinamiche come spostamenti rapidi o ambienti urbani complessi. 

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Un modello virtuoso di prevenzione, sorveglianza e allarme contro la violenza sulle donne è invece quello vigente in Spagna. 

Tanto che il ministro Jans si è recentemente recato a MadridCollegamento esterno proprio per comprendere meglio le misure di protezione adottate dallo Stato spagnolo, ritenendo che con “leggi efficaci e strumenti tecnologici anche la Svizzera potrebbe proteggere meglio le vittime”.  

Oltre ad evitare drammi familiari, il capo del Dipartimento di giustizia e polizia ha in quell’occasione ricordato che “la violenza domestica ha anche un costo, in termini di assistenza alle vittime o quando queste ultime sono inabili al lavoro”. 

Durante la sua visita, Jans ha avuto modo di visitare, accompagnato dal ministro degli Interni spagnolo, la centrale per la sorveglianza elettronica degli autori di violenze (COMETA) e di informarsi sul sistema nazionale di monitoraggio dei casi di violenze di genere. 

Attraverso i loro apparecchi, gli specialisti di COMETA possono localizzare in tempo reale gli aggressori e verificare costantemente che non si avvicinino alle loro vittime. Inoltre, è stato presentato il sistema nazionale di monitoraggio VioGén, impiegato per prevenire, proteggere e combattere la violenza di genere. Questo strumento consente di raccogliere tutte le informazioni di polizia di cui dispongono le autorità concernenti le vittime e gli autori di violenze di genere così da poter adottare misure appropriate. 

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