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Riad ferma la produzione di petrolio nei siti attaccati

Le raffinerie saudite della Aramco oggetto di attacchi con droni rivendicati dai ribelli yemeniti
Keystone

L'Arabia Saudita ha fermato temporaneamente la produzione nelle due raffinerie saudite della Aramco oggetto di attacchi con droni rivendicati dai ribelli yemeniti, interrompendo circa metà della produzione totale della società.

Lo ha reso noto il ministero dell’energia saudita. La decisione, ha aggiunto, porterà allo stop di circa 5,7 milioni di barili al giorno, pari al 50% della produzione complessiva.

Dopo che Riad ha fermato la produzione nei due maxi impianti, il dipartimento americano dell’energia ha reso noto che gli Stati Uniti sono “pronti a impiegare risorse delle riserve petrolifere strategiche (630 milioni di barili, ndr), se necessario, per compensare qualsiasi interruzione dei mercati petroliferi”.

Attacco e rivendicazione

Con un attacco di droni destinato inevitabilmente a fare aumentare ulteriormente le tensioni fra l’Iran da una parte e Arabia Saudita e gli Usa dall’altra, i ribelli yemeniti alleati di Teheran hanno colpito due delle strutture della compagnia petrolifera saudita Aramco, tra le più importanti non solo per Riad ma per l’industria energetica globale.

In una dichiarazione trasmessa dalla televisione dei ribelli Al Masirah, un portavoce militare degli Houthi ha minacciato altri attacchi simili in futuro, se le forze saudite continueranno il loro intervento militare in Yemen, dove dal 2015 Riad è impegnata nell’ambito di una coalizione araba nei bombardamenti contro le milizie filo-iraniane e a sostegno del governo internazionalmente riconosciuto del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi. Quest’ultimo è fuggito nel 2014 dalla capitale Sanaa, occupata dagli Houthi, e ora vive in Arabia Saudita. 

Per gli USA dietro all’attacco c’è l’Iran

Gli Usa hanno accusato l’Iran per gli attacchi con droni contro due importanti industrie petroliferi saudite, tra cui il più grande impianto al mondo per la lavorazione del greggio. 

Alla vigilia di un possibile, storico incontro sul nucleare tra Donald Trump e il presidente iraniano Hassan Rohani durante l’assemblea generale dell’ONU, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha twittato a sorpresa che “non c’è alcuna prova che gli attacchi siano arrivati dallo Yemen” e ha accusato direttamente l’Iran. 

“Teheran è dietro a quasi 100 attacchi contro l’Arabia Saudita mentre Rohani e Zarif fingono di impegnarsi nella diplomazia”, ha denunciato. “Sullo sfondo di appelli alla de-escalation, l’Iran ha lanciato ora un attacco senza precedenti alle forniture energetiche mondiali”, ha proseguito Pompeo, esortando “tutte le nazioni a condannare pubblicamente e inequivocabilmente gli attacchi dell’Iran” e assicurando che “gli Usa lavoreranno con i loro partner e alleati per garantire che i mercati energetici restino ben forniti e che l’Iran risponda per la sua aggressione”.

Gli osservatori attendono ora la riapertura dei mercati lunedì per sapere se ci saranno ripercussioni in seguito agli ultimi attacchi contro l’Aramco, la più grande compagnia petroliera al mondo, che prossimamente dovrebbe fare la sua prima offerta pubblica di azioni. Un passo fondamentale nel quadro delle ambiziose riforme economiche volute dal principe ereditario Mohammad bin Salman.

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