Swatch nel mirino dell’Antitrust italiano
Il gruppo che negli anni Ottanta salvò l'industria orologiera svizzera dalla crisi del quarzo con i suoi colorati orologi in plastica, si trova al centro di un'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. The Swatch Group è accusato di aver imposto prezzi fissi ai propri rivenditori in Italia, una pratica vietata dalle norme europee sulla concorrenza. Un'accusa che, se confermata, potrebbe costare cara al colosso svizzero dell'orologeria.
Il 3 dicembre 2025, funzionari dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), con il supporto del Nucleo speciale antitrust della Guardia di Finanza, hanno effettuato ispezioni presso gli uffici di The Swatch Group (Italia). L’azione si inserisce in un procedimento istruttorio volto ad accertare una presunta violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUECollegamento esterno), che vieta le intese restrittive della concorrenza.
L’ipotesi al vaglio dell’Autorità è che Swatch Group abbia adottato una strategia di Resale Price Maintenance (RPM), ovvero l’imposizione ai propri rivenditori autorizzati di un prezzo di vendita fisso o minimo. Secondo quanto emerge dalla decisione di avvio del procedimento, pubblicataCollegamento esterno dall’AGCM, il gruppo avrebbe esercitato un monitoraggio sistematico sui prezzi praticati dalla sua rete di distribuzione selettiva, arrivando ad applicare misure ritorsive nei confronti dei distributori che offrivano sconti online.
Swatch Group, dal canto suo, ha confermato le ispezioni, dichiarando di voler “collaborare e partecipare pienamente a questa procedura” per fare “piena luce su questa potenziale violazione”, con un riferimento specifico ai marchi Tissot Italia e Mido Italia.
Swatch Group, il gigante che salvò l’orologeria svizzera
Per comprendere appieno la portata dell’indagine, occorre inquadrare il ruolo di Swatch Group nell’industria orologiera mondiale. Il gruppo non è solo uno dei principali attori del settore, ma rappresenta un simbolo della rinascita dell’orologeria svizzera dopo la crisi più grave della sua storia.
Negli anni Settanta, l’industria orologiera svizzera fu travolta dalla cosiddetta “crisi del quarzo”. L’entrata sul mercato dell’Astron di Seiko, il primo orologio al quarzo al mondo presentato nel 1969, segnò l’inizio di un periodo drammatico per i produttori elvetici. Gli orologi al quarzo giapponesi erano più precisi, più economici e prodotti in massa, mentre gli svizzeri continuavano a realizzare orologi meccanici costosi e di nicchia. L’industria svizzera commise l’errore di considerare il quarzo una moda passeggera e, a causa della concorrenza di Seiko, Citizen e Casio, perse in pochi anni due terzi dei suoi addetti e la gran parte della propria quota di mercato.
La svolta arrivò grazie a Nicolas Hayek, un consulente aziendale svizzero di origine libanese, che nei primi anni Ottanta era stato incaricato di liquidare due aziende in crisi: la SSIH (nata dalla fusione di Omega e Tissot) e la ASUAG (una holding che univa decine di marchi). Invece di procedere alla liquidazione, Hayek presentò un piano ambizioso: fondere le due aziende e lanciare un nuovo prodotto che combinasse tecnologia al quarzo, design innovativo e prezzo accessibile.
Nacque così lo SwatchCollegamento esterno, presentato il primo marzo 1983. Il nome derivava dall’unione di “Swiss” e “Watch”, ma anche da “Second Watch” (secondo orologio), per sottolineare che poteva essere un accessorio da cambiare come una cravatta. L’orologio in plastica, colorato e ultraleggero, rivoluzionò il mercato. Lo Swatch trasformò l’orologio da strumento di misurazione del tempo a oggetto di moda ed espressione della personalità.
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Il successo fu immediato: nel primo anno furono venduti oltre un milione di orologi, nei successivi venti anni oltre 300 milioni. A oggi sono stati venduti più di 800 milioni di esemplari. Hayek, che divenne presidente del consiglio di amministrazione della Swatch Group dal 1986 al 2010, è considerato l’uomo che salvò l’industria orologiera svizzera. Oggi il gruppo, guidato dal figlio Nicolas Hayek Jr., conta più di 3’000 negozi monomarca nel mondo e un portafoglio di 16 marchi, dai più accessibili come Swatch, Tissot e Mido, fino ai prestigiosi Omega, Blancpain, Longines e Breguet (l’orologio di Napoleone).
Le origini dell’indagine: le segnalazioni di whistleblowing
L’istruttoriaCollegamento esterno dell’AGCM trae origine da due segnalazioni anonime pervenute sulla piattaforma di whistleblowing dell’Autorità tra aprile e giugno 2025. Le denunce descrivono un sistema di controllo capillare, esercitato da Swatch Italia almeno a partire dal 2022.
Secondo una delle segnalazioni, i rappresentanti commerciali del gruppo avrebbero utilizzato l’app di messaggistica WhatsApp per “intimare ai rivenditori autorizzati di non applicare alcuno sconto al prezzo deciso dal fornitore, pena l’applicazione di ritorsioni commerciali”.
Le prove fornite dai segnalanti includono conversazioni in cui i responsabili commerciali di Swatch Italia chiedono esplicitamente la rimozione di sconti “urlati” (cioè ben visibili) sui siti dei rivenditori, minacciando la sospensione delle consegne. Il controllo si estendeva sino agli sconti applicati nel carrello virtuale dell’e-commerce, con l’imposizione di un tetto massimo del 10%.
Per verificare le segnalazioni, l’AGCM ha verificato i prezzi online praticati da 42 rivenditori autorizzati su 12 modelli di orologi Tissot e Mido. L’analisi ha rivelato che, in media, quasi il 90% dei rivenditori applicava prezzi perfettamente coincidenti con quelli indicati sui siti ufficiali dei marchi, un’omogeneità che l’Autorità ha ritenuto un indizio significativo a sostegno delle segnalazioni ricevute.
Swatch Group e il mercato italiano
Swatch Group è un attore di primo piano nel mercato globale e italiano dell’orologeria. La sua filiale italiana, SG Italia, ha registrato un fatturato di circa 226 milioni di franchi nel 2024 (269 milioni nel 2023), mentre la casa madre svizzera ha chiuso l’anno con un fatturato di circa 6,7 miliardi di franchi.
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Con sede a Milano, in via Washington, e circa 520 dipendenti, la società opera come rappresentante esclusivo in Italia dei marchi del gruppo svizzero e si distingue per la sua integrazione verticale completa: il gruppo è infatti l’unico nel settore orologiero svizzero a produrre internamente tutti i componenti, dai movimenti (con la celebre ETACollegamento esterno) agli oli specifici per orologi.
La distribuzione degli orologi in Italia avviene attraverso circa 50 negozi diretti del gruppo, rivenditori autorizzati (gioiellerie e orologerie), diverse migliaia di “shop in shop” e il canale e-commerce.
In un’intervistaCollegamento esterno rilasciata alcuni mesi fa al quotidiano Il Corriere della Sera, il CEO di Swatch Group Italia, Calogero Polizzi, sottolineava come nel 2024 a livello globale, il mercato italiano fosse andato meglio del gruppo . Mentre su scala mondiale il gruppo aveva registrato un calo del fatturato del 12,2% e un crollo dell’utile netto da 890 milioni a 219 milioni di franchi svizzeri, l’Italia aveva dunque rappresentato una nota positiva.
Polizzi sottolineava anche l’importanza della struttura organizzativa del gruppo in Italia: “Noi siamo organizzati per brand, con ampia autonomia per ognuno dei nostri 16 marchi. Questo garantisce una potenza di fuoco importante ad ogni marchio, che si muove in maniera autonoma sul mercato”.
L’indagine dell’AGCM getta ora un’ombra su queste strategie commerciali, suggerendo che la stabilità dei prezzi e il controllo della rete distributiva potrebbero non essere solo frutto di un posizionamento di mercato, ma anche di pratiche restrittive. Se al termine dell’istruttoria le accuse fossero confermate, Swatch Group rischierebbe sanzioni pecuniarie significative.
Il caso solleva anche questioni di principio sulla libertà dei rivenditori di determinare autonomamente i prezzi, un pilastro fondamentale della concorrenza che tutela i consumatori garantendo loro la possibilità di beneficiare di condizioni di vendita competitive.
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