La televisione svizzera per l’Italia

“L’Italia ci prende per idioti” 

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Una persona fermata da una guardia di confine svizzera a Chiasso. Ti-Press

Da oltre due anni l’Italia non riammette più le persone richiedenti l’asilo che in base all’accordo di Dublino sarebbero di sua competenza. Tra queste, molte vivono nella Confederazione. Una situazione che fa irritare il tabloid svizzero Blick

Il BlickCollegamento esterno non usa mezzi termini per definire il temporeggiare delle autorità italiane: “L’Italia ci prende per idioti quando si tratta di procedure d’asilo e noi lasciamo fare”, titola il giornale. 

Certo, i titoli più o meno sensazionalistici sono nel DNA del tabloid elvetico, ma che un giornale si scagli contro uno Stato limitrofo è un fatto piuttosto raro. Per capire l’irritazione del Blick, dobbiamo prima riavvolgere un po’ il nastro. 

Confrontato con un aumento degli sbarchi sulle sue coste, nel dicembre 2022 il Governo italiano ha sospeso le riammissioni Dublino. In altre parole, non accoglie più quelle persone che hanno depositato la prima richiesta di protezione internazionale in territorio italiano e che in seguito si sono trasferite in un altro Stato dell’UE, nonché in Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein. In base all’accordo di Dublino queste persone dovrebbero essere rinviate in Italia, responsabile per l’esame della richiesta d’asilo. 

I benefici per la Svizzera dell’accordo di Dublino

Per la Svizzera si tratta di uno strumento importante, poiché le permette di trasferire all’estero circa il triplo di personeCollegamento esterno di quante ne trasferiscono sul suo territorio gli altri Stati europei. E l’Italia, il primo Paese d’arrivo delle persone migranti in Europa, è naturalmente uno degli Stati che deve accogliere – o meglio, lo ha fatto sino a fine 2022 – il maggior numero dei cosiddetti trasferimenti Dublino. 

L’accordo di Dublino determina lo Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo.  

La decisione dell’Italia di sospendere i trasferimenti Dublino non significa però che i rinvii dalla Svizzera verso la Penisola siano stati completamente interrotti. 

La sospensione non riguarda infatti quelle persone che sono entrate nella Confederazione dall’Italia e che vi soggiornano irregolarmente senza depositare una domanda d’asilo. 

Questi casi sono regolati da un accordo bilaterale sulla riammissione delle persone in situazione irregolareCollegamento esterno, in vigore dal 2000. 

Secondo i dati della Segreteria di Stato della migrazioneCollegamento esterno, l’Italia riammette tra 10 e 30 persone al giorno sulla base di questa intesa. 

Il risultato della svolta italiana? Diverse centinaia di persone che la Svizzera avrebbe potuto in teoria rimandare nella Penisola sono dovute restare nella Confederazione. Per molte di esse – 1’454 secondo le cifre riportate dal Blick – il termine di trasferimento è ormai scaduto, il che significa che tocca alla Svizzera esaminare le loro domande di asilo nell’ambito della procedura nazionale.  

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Orecchie da mercante 

Il caso di una famiglia somalaCollegamento esterno recentemente trattato dal Tribunale amministrativo federale (TAF) e riportato dal giornale è rivelatore della situazione kafkiana in cui si trovano molte di queste persone.  

Nel dicembre 2022, la famiglia ha presentato una domanda d’asilo in Svizzera. Dopo le verifiche del caso, è emerso che la coppia aveva già ricevuto un permesso di soggiorno per richiesta d’asilo emesso dall’Italia, valido sino a fine marzo 2026. 

La Segreteria di Stato della migrazione (SEM), l’ente svizzero responsabile della procedura d’asilo, ha così contattato la controparte italiana in vista di un rinvio nella Penisola dei membri della famiglia. In data 13 marzo 2023, Roma ha acconsentito al trasferimento, dichiarando però che “restava da verificare se nel caso in questione sussistessero le condizioni per il collocamento in una struttura SAI (Sistema Accoglienza IntegrazioneCollegamento esterno, ndr)”, si legge nella sentenza del TAF. 

Da allora, da Roma non si è più saputo nulla. A fare orecchie da mercante non sono però state solo le autorità italiane. Adducendo al fatto che si aspettava una risposta da parte di Roma, la SEM non ha mai voluto aprire una procedura d’asilo. “Questo lungo ritardo – si legge ancora nella sentenza – appare più incomprensibile in quanto dagli atti non risulta che la SEM abbia svolto ulteriori indagini presso le autorità italiane e richiesto una risposta supplementare o fatto altri sforzi per ottenere l’autorizzazione desiderata”. 

Il TAF, che ha accolto il ricorso della famiglia somala imponendo alla SEM di aprire una procedura d’asilo in Svizzera, bacchetta insomma anche le autorità elvetiche per la loro inazione. 

Promesse non mantenute 

Eppure, lo scorso novembre al termine di un incontro a Chiasso tra il ministro di giustizia e polizia Beat Jans e il ministro dell’interno Matteo Piantedosi sembrava esserci stata una leggera schiarita sul fronte della vertenza Dublino. L’Italia si era detta disposta a discutere la ripresa delle riammissioni.  

due persone si stringono la mano
La stretta di mano tra Matteo Piantedosi e Beat Jans il 26 novembre scorso a Chiasso non ha prodotto risultati per quanto concerne i trasferimenti Dublino. Keystone / Ti-Press / Francesca Agosta

Anche in questo caso, però, le acque non si sono mosse. Interpellata dal Blick, la SEM si è limitata a una laconica nota: “Restiamo in contatto con l’Italia”. 

“La Svizzera – ha commentatoCollegamento esterno il consigliere agli Stati ticinese Fabio Regazzi – è a volte un po’ ingenua. Gli italiani sono negoziatori molto abili, hanno buone maniere, ma poi non sempre mantengono le promesse”. 

Rischio di autogol 

Adottare delle misure di ritorsione per fare pressione sull’Italia, rischia però di essere controproducente e non farebbe che condurre a un’escalation, secondo il ‘senatore’ ticinese.  

Anche il Governo federale in passato si era detto contrario a simili provvedimenti, respingendo una mozione del deputato dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) Piero Marchesi, il quale chiedeva di sospendere un credito di 20 milioni di franchi a favore dell’Italia per l’attuazione di misure nel settore della migrazione. 

Malgrado le invettive del Blick, la Svizzera dovrà insomma probabilmente continuare “a lasciare fare” almeno fino all’inizio del prossimo anno, quando il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo sarà pienamente operativo. Solo allora sarà possibile comprendere meglio la prassi che l’Italia intende seguire. 

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