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Polizia e migrazione, Italia e Svizzera vogliono cooperare di più

due persone si stringono la mano
Tradizionale stretta di mano tra Beat Jans e Matteo Piantedosi a Ponte Chiasso. Ti-Press

Il ministro di giustizia e polizia elvetico Beat Jans ha incontrato lunedì a Chiasso il ministro dell’interno italiano Matteo Piantedosi. Al centro dei colloqui anche la sospensione da parte di Roma delle riammissioni Dublino.

“Le soluzioni in materia di sicurezza e migrazione richiedono una stretta collaborazione. Ecco perché [Beat Jans e Matteo Piantedosi] intendono approfondire ulteriormente il dialogo a livello tecnico”, ha comunicatoCollegamento esterno il Dipartimento federale di giustizia e polizia al termine dell’incontro che si è tenuto lunedì a Chiasso.

I due ministri hanno visitato il Centro di cooperazione di polizia e doganale italo-svizzero. Una struttura – ha sottolineato Piantedosi – che riflette la “storica amicizia e il rapporto di cooperazione consolidato” tra i due Paesi in ambito di polizia e sicurezza pubblica.

“I pattugliamenti misti – ha continuato il ministro italiano – sono un esempio di questa efficace cooperazione e contribuiscono ad aumentare il livello di sicurezza dei nostri Paesi e il controllo dei rispettivi confini, dove l’ottima intesa tra le nostre pattuglie ha consentito di rintracciare numerosi stranieri irregolari e di contrastare i trafficanti e la migrazione illegale”.

poliziotti
Dal 2016 le forze dell’ordine svizzere e italiane effettuano dei pattugliamenti misti nella regione di confine. Ti-Press

Durante l’incontro si è discusso, ma senza prendere decisioni, anche dei trasferimenti in base all’accordo di Dublino sospesi dall’Italia dal novembre 2022 a causa del gran numero di persone migranti arrivate via mare. Da allora, la Svizzera ha dovuto farsi carico di circa 1’000 persone, che avrebbero dovuto essere trasferite in Italia, ha dichiarato Jans. Di queste, circa 390 hanno ricevuto una decisione positiva in materia di asilo.

Il consigliere federale ha espresso la speranza che l’Italia accetti di nuovo i trasferimenti Dublino, in particolare considerato il meccanismo di solidarietà previsto dal patto europeo sulla migrazione e l’asilo per sgravare i Paesi più sollecitati come appunto l’Italia. Roma ha deciso di non accettare i trasferimenti Dublino fino all’attuazione del patto nel 2026.

+ Il servizio del TG sull’incontro Jans-Piantedosi:

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La Svizzera comprende la situazione dell’Italia, ma anche per la Confederazione la situazione non è facile. Jans ha sottolineato ancora una volta che la Svizzera si aspetta che l’Italia rispetti le regole di Dublino.

La sospensione dell’accordo di Dublino da parte dell’Italia non riguarda quelle persone che sono entrate in Svizzera dalla Penisola e soggiornano irregolarmente nella Confederazione senza depositare una domanda d’asilo.

Questi casi sono regolati da un accordo bilaterale sulla riammissione delle persone in situazione irregolareCollegamento esterno, in vigore dal 2000.

Secondo i dati della Segreteria di Stato della migrazioneCollegamento esterno, l’Italia riammette tra 10 e 30 persone al giorno.

I due ministri hanno parlato anche dell’accordo di Schengen. Beat Jans si è detto contrario ai controlli delle frontiere interne e ha ribadito che l’accordo non può essere messo in discussione, perché sinonimo di sicurezza per l’Europa. Sarebbe un “autogol”, ha sottolineato il consigliere federale.

Pressione alla frontiera un po’ meno forte

La visita di Matteo Piantedosi a Chiasso cade in un momento in cui sembra essersi allentata la pressione alla frontiera italo-svizzera. Nella Confederazione il numero di richiedenti asilo è in calo del 40% in un anno, i casi pendenti diminuiscono, gli arrivi irregolari al confine si sono dimezzati rispetto all’anno scorso. Inoltre, l’adozione della procedura veloce, vale a dire il trattamento in 24 ore delle pratiche riguardanti stranieri/e provenienti da Paesi considerati sicuri come ad esempio quelli del Nord Africa, ha indubbiamente contribuito al calo delle domande si protezione internazionale.

+ L’asilo in Svizzera

Proprio alcuni giorni fa il presidente del Partito liberale radicale (PLR), formazione tra le più intransigenti sull’immigrazione insieme all’Unione democratica di centro (UDC), ha criticato sulla stampa la decisione di Roma di sospendere il trattato di Schengen in tema di riammissione dei profughi e delle profughe di sua competenza, chiedendo un intervento da parte del Governo federale.

L’ormai annosa questione Dublino

Dal dicembre 2022 l’Italia non accoglie più persone richiedenti l’asilo che, secondo l’accordo di Dublino, rientrerebbero nella sua sfera di competenza, secondo le regole inerenti alla ripartizione dei migranti tra i vari Paesi europei. In concreto non vengono riprese dalle autorità italiane di frontiera le e gli stranieri provenienti principalmente dalle coste africane che si sono registrati nella Penisola e che in base alle norme internazionali vigenti dovrebbero essere gestiti da Roma. Una situazione che ha alimentato la pressione nelle strutture d’accoglienza ticinesi, in particolare a Chiasso.

Nel corso degli incontri intercorsi nel frattempo tra esponenti dei due governi i rappresentanti elvetici hanno sempre ribadito una certa insoddisfazione – espressa con le formule prudenti e misurate della diplomazia – per la sospensione unilaterale di Schengen/Dublino sulle riammissioni delle e dei richiedenti asilo da parte dell’esecutivo Meloni, senza però ottenere risultati concreti. In particolare, nell’incontro del 31 maggio 2023 a Roma tra i ministri Elisabeth Baume-Schneider e Matteo Piantedosi e nel corso del vertice tra le due presidenti Viola Amherd e Giorgia Meloni dello scorso 3 maggio, sempre in riva al Tevere. Berna ha quindi cercato soluzioni temporanee, sobbarcandosi di fatto la quota di profughi presenti nel Paese che spetterebbero all’Italia.

Nel corso della riunione dei ministri dell’interno UE dell’ottobre 2023 in Lussemburgo l’allora titolare del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) Elisabeth Baume-Schneider aveva comunque fatto sapere che Berna non avrebbe introdotto controlli sistematici al confine meridionale.

Controlli alle frontiere

Nello stesso periodo la Germania ha incrementato i controlli alle frontiere con Svizzera, Polonia e Cechia. Dallo scorso 18 settembre Berlino ha ulteriormente intensificato la vigilanza ai confini, per un periodo di 6 mesi, per ridurre l’immigrazione irregolare e contrastare il terrorismo, nel quadro del “pacchetto sicurezza” varato dopo l’attentato di fine agosto a Solingen. Benché non si tratti di controlli sistematici, l’UE e la Polonia hanno criticato il provvedimento. In questa cornice le due formazioni di centro-destra UDC e PLR, criticando il presunto lassismo di Berna in materia, si sono ripetutamente rivolte al Consiglio federale, chiedendo una stretta ai confini. In particolare, dopo le recenti mosse di Berlino liberali e democentristi hanno paventato un’impennata dell’immigrazione e chiedono al consigliere federale Beat Jans di adottare misure analoghe, in particolare alla frontiera meridionale (Chiasso) dove la situazione è più tesa.

In proposito però il titolare del DFGP rileva che la decisione del Governo federale di aumentare i controlli durante l’estate, in concomitanza con la conferenza di pace del Bürgenstock, gli Europei di calcio in Germania e le Olimpiadi di Parigi non hanno avuto effetti tangibili sull’immigrazione clandestina. Per Beat Jans gli arrivi di profughi e profughe dipendono da altri fattori, quali l’aumento del numero di sbarchi sulle coste italiane e le variazioni delle rotte verso l’Europa. A questo riguardo il ministro elvetico il mese scorso ha anche detto di guardare con interessa all’esternalizzazione in Paesi terzi delle procedure d’asilo, come sta tentando di fare l’Italia con il progetto Albania. 

Nell’ambito della politica migratoria c’è inoltre da registrare che durante il mese di maggio Roma e Berna hanno concluso un’intesa con cui la Confederazione contribuirà alla presa a carico nel Belpaese delle e dei richiedenti asilo minorenni non accompagnati. Si tratta di un importo erogato nel quadro del cosiddetto secondo miliardo di coesione con cui la Confederazione contribuisce alla coesione tra i Paesi dell’UE (in particolare quelli orientali). 

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