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Frontalieri in Svizzera, crescita costante, ma il Ticino rallenta

Coda di automobilisti al valico doganale di Ponte Chiasso.
Una scena ricorrente: automobilisti in coda al valico doganale di Ponte Chiasso. Keystone / Ti-Press / Francesca Agosta

Il flusso di lavoratrici e lavoratori frontalieri verso la Svizzera non accenna a fermarsi, segnando un nuovo aumento nel terzo trimestre del 2025. A fine settembre il numero di pendolari con permesso G ha raggiunto la cifra di circa 410’000, con un incremento dell'1,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il Ticino segna il passo. 

I dati sulle lavoratrici e lavoratori frontalieri pubblicati dall’Ufficio federale di statistica (USTCollegamento esterno) confermano una tendenza di crescita consolidata, con un aumento delle e dei frontalieri di quasi il 20% negli ultimi cinque anni, passando dai 342’000 del 2020 agli attuali 410’442. 

La maggior parte di queste persone proviene dalla Francia, che con il 57,6% rappresenta il bacino di manodopera principale. Segue l’Italia con il 22,7% e la Germania con il 16,5%. Le e ipendolari austriaci sono stabili negli ultimi decenni. 

Un esercito di professionisti e operaie che quotidianamente attraversa il confine per contribuire all’economia elvetica, concentrandosi prevalentemente nel settore terziario, che assorbe la quota maggiore di manodopera, seguito dall’industria e dalle costruzioni. 

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L’Arco Lemano motore della crescita

Come indicano i datiCollegamento esterno, è la Svizzera francese a trainare la crescita, con la Regione del Lemano (che include i cantoni di Ginevra e Vaud) che da sola conta 165’639 frontalieri e frontaliere, registrando un aumento del 2% su base annua. Il canton Ginevra, in particolare, si conferma il principale polo di attrazione, impiegando quasi la metà di tutti i frontalieri e frontaliere francesi.  

Con 114’000 persone che attraversano quotidianamente il confine francese, il fenomeno dei frontalieri è centrale per l’economia dell’intero cantone. “È un rapporto complesso di amore e odio”, sottolinea il sindaco ginevrino Alfonso Gomez. Gomez ricorda che il canton Ginevra è circondato per 160 chilometri dalla Francia, mentre confina con il resto della Svizzera per soli 4 chilometri. Una realtà geografica che influenza inevitabilmente la sua economia e la sua società. 

Questa forte dipendenza dal lavoro in Svizzera ha un impatto significativo sulle regioni francesi di confine, dove in alcune aree più di una persona salariata su due lavora nella Confederazione. Un flusso inarrestabile che ha visto il numero di queste lavoratrici e lavoratori più che raddoppiare negli ultimi vent’anni, passando dai circa 95’000 del 2004 ai 236’400 attuali.  

La Svizzera tedesca, polo industriale stabile

Anche la Svizzera tedesca rappresenta un importante bacino d’impiego, caratterizzato da una crescita stabile, costante e da un forte legame con le aree industriali di Germania e Francia. La regione della Svizzera nordoccidentale, con Basilea come centro nevralgico, conta 78’603 frontaliere/i, in aumento del 2,1% su base annua. Quest’area, cuore dell’industria farmaceutica e chimica, attira un numero quasi identico di lavoratrici e lavoratori dalla Germania (36’800 dal Baden meridionale nel 2022) e dalla Francia (36’000 dall’Alsazia). L’impatto è tale che nel canton Basilea-Città un impiegato/a su sei è frontaliere. Altre aree di lingua tedesca come Zurigo (12’271), la Svizzera orientale (33’585) e la Svizzera centrale (3’087) contribuiscono in misura minore ma costante al totale. 

Situazione in Ticino

Negli ultimi decenni, il canton Ticino ha rappresentato una delle principali porte d’accesso al mercato del lavoro svizzero per le lavoratrici e i lavoratori soprattutto lombardi. Però, se a livello nazionale il trend è in continua ascesa, il Ticino mostra segnali di un’inversione di tendenza. Dopo anni di costante incrementi (negli ultimi 20 anni le lavoratrici e i lavoratori frontalieri sono raddoppiati, passando da circa 40’000 agli attuali 79’800), i dati più recenti e dettagliati, relativi al terzo trimestre 2025, indicano per il cantone di lingua italiana un numero di frontalieri/e pari a 79’812, invariato rispetto all’anno precedente. Un dato che, seppur stabile, s’inserisce in un contesto di lieve calo registrato nei trimestri precedenti. Già nel secondo trimestre del 2025, infatti, si era registrata una flessione dell’1,2% su base annua.  

Questo rallentamento potrebbe essere una prima, timida conseguenza del nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera, entrato in vigore il 17 luglio 2023 e pienamente operativo dall’inizio del 2024. Il nuovo regime, che prevede una tassazione concorrente sia in Svizzera che in Italia per i nuovi frontalieri e frontaliere, a differenza del precedente accordo del 1974 che garantiva l’imposizione esclusiva alla fonte, potrebbe aver reso il mercato del lavoro ticinese meno attrattivo per i nuovi lavoratori e lavoratrici residenti in Italia.  

>> Il nostro dossier sui frontalieri:

Sebbene oltre 10’000 persone abbiano comunque iniziato un’attività in Ticino dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo, il cantone sembra perdere parte della sua attrattiva rispetto ad altre regioni svizzere, come l’Arco Lemanico o la Svizzera nordoccidentale, dove la crescita resta sostenuta.  

Nonostante la frenata, però, l’apporto di queste lavoratrici e lavoratori all’economia svizzera e a quella italiana resta di fondamentale importanza. Ne è una prova il dato record sui ristorni fiscali: nel 2024, l’Italia ha incassato 112 milioni di franchi dalla Svizzera, una cifra mai raggiunta prima, derivante dalle imposte pagate dai cosiddetti vecchi frontalieri. 

Chi è il frontaliere oggi?

Ma chi è il frontaliere tipo che ogni giorno varca il confine svizzero? I dati dell’UST tracciano un profilo preciso: è prevalentemente un uomo (il 64,4% del totale, contro il 35,6% di donne) e lavora nel settore dei servizi. Il settore terziario, infatti, assorbe la stragrande maggioranza di questa forza lavoro, con 285’760 impiegati/e, registrando una crescita annua dell’1,7%. Segue a distanza il settore secondario (industria), che conta 121’617 lavoratori e lavoratrici, ma mostra una crescita nulla su base annua. Marginale, infine, l’apporto del settore primario (agricoltura), con appena 3’045 persone, sebbene in forte crescita percentuale (+5,0%).  

In Romandia, secondo uno studio dell’UrssafCollegamento esterno francese (l’organismo che gestisce il finanziamento del sistema di protezione sociale in Francia), il profilo del lavoratore frontaliere è un uomo di 42 anni, residente in Alta Savoia, che percorre in media 32 km per recarsi al lavoro, prevalentemente nell’industria, nell’amministrazione o nel commercio. 

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I dati nazionali si riflettono anche nel canton Ticino, dove la presenza maschile tra i frontalieri è storicamente predominante, soprattutto nei settori dell’industria e delle costruzioni. Oggi, il frontaliere tipo che lavora in Ticino è prevalentemente un uomo, con un’età media attorno ai 40-45 anni, residente nelle province italiane confinanti, in particolare Como, Varese e Verbano-Cusio-Ossola. La maggior parte di queste persone è impiegata nei settori dell’industria e delle costruzioni, che storicamente rappresentano il cuore dell’occupazione frontaliera nel cantone. Tuttavia, negli ultimi anni si è registrata una crescita significativa anche nei servizi, in particolare nella sanità, nella logistica e nel turismo.  

Le donne, pur rappresentando una quota minoritaria, sono sempre più presenti, soprattutto nei settori sociosanitari e nei servizi alla persona. Le frontaliere e i frontalieri sono in larga parte lavoratrici e lavoratori dipendenti, con contratti a tempo pieno, anche se cresce la presenza d’impieghi a tempo parziale, spesso legati a esigenze familiari o alla natura stagionale di alcune attività. Il nuovo regime fiscale introdotto nel 2024 ha iniziato a modificare leggermente la composizione del gruppo, con una nuova generazione di persone che valutano con maggiore attenzione il bilancio tra retribuzione netta e costi fiscali. 

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Dumping salariale e crisi abitativa

Il mercato del lavoro svizzero per le frontaliere e i frontalieri si muove dunque a velocità diverse a seconda della regione linguistica, disegnando un quadro complesso e sfaccettato. Mentre la Svizzera francese continua a trainare una crescita robusta e il Ticino segna il passo, la Svizzera tedesca si consolida come un polo industriale vitale.  

Dietro i numeri in crescita si celano però profonde criticità che alimentano tensioni sociali e mettono sotto pressione i mercati del lavoro e immobiliare locali. In canton Ticino, il dibattito è acceso sul fenomeno delle cosiddette “aziende recluta frontalieri”, imprese che, pur rispettando la legge, assumono quasi esclusivamente personale dall’Italia al salario minimo legale (tra i 20 e i 20,50 franchi l’ora). Secondo l’economista Amalia Mirante, che si è pronunciata sul tema al Convegno sulla povertà organizzato da Soccorso d’inverno nell’ottobre 2023, questa pratica crea una “guerra tra poveri” che penalizza i residenti, i quali non riescono a vivere dignitosamente con tali stipendi, e trasforma il Ticino nella “Cina della Svizzera”. 

>>Un servizio del TG della RSI sulla situazione a Ginevra:

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Nella Svizzera romanda, in particolare a Ginevra, la criticità maggiore è la crisi abitativa. Con un tasso di alloggi sfitti di appena lo 0,4% nel 2023, trovare casa è diventata un’impresa. L’elevato costo della vita spinge molte persone che lavorano lavoratori, inclusi cittadini e cittadine svizzeri, a risiedere nella vicina Francia, aggravando la pressione immobiliare anche oltre confine.  

Secondo un reportage della RSICollegamento esterno, il sindaco di Ginevra Alfonso Gomez ha confermato che la città sta affrontando una grave crisi degli alloggi, con un aumento degli affitti del 33,4% tra il 2009 e il 2023. Questa situazione ha spinto molti residenti e frontalieri a cercare soluzioni abitative oltre confine, e in alcuni casi a vivere in condizioni di emergenza abitativa, come in veicoli adattati al pernottamento. 

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