Con l'aiuto della Francia, dodici cittadini svizzeri attivi in Sudan e tutto il personale dell'ambasciata elvetica a Khartoum hanno potuto lasciare il Paese devastato dalla guerra.
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tvsvizzera.it/fra con Keystone-ATS
I sette membri del personale e cinque accompagnatori hanno potuto essere evacuati in collaborazione con la Francia. Due sono in viaggio verso l’Etiopia, mentre gli altri sono stati evacuati a Gibuti. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha aggiunto che la Svizzera non sta organizzando un rimpatrio dei cittadini elvetici dal Sudan, ma sta collaborando con i suoi partner per “aiutarli al meglio in circostanze difficili”.
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Sostegno della Francia
L’agenzia di stampa francese AFP aveva riferito in precedenza, facendo riferimento a fonti governative, che la Svizzera aveva chiesto aiuto alla Francia per l’evacuazione dei suoi cittadini. La Francia avrebbe evacuato un totale di circa 100 persone fino al tardo pomeriggio di sabato.
Sempre domenica, il Ministro degli esteri italiano Antonio Tajani aveva annunciato l’evacuazione di circa 200 civili, di cui 105 italiani, decine di cittadini svizzeri, alcuni dipendenti della Nunziatura Apostolica e una ventina di cittadini europei con il volo di un C130 dell’Aeronautica militare ma la notizia non è stata successivamente confermata dal DFAE. Tutte le persone sono state trasferite a Gibuti.
Anche la Germania ha evacuato 101 persone dal Sudan. “Il primo Airbus A400M dell’esercito tedesco sta tornando in Giordania con 101 evacuati”, ha scritto l’esercito su Twitter, aggiungendo che un totale di tre A400M ha raggiunto il Sudan per prelevare persone da evacuare.
In pochi vogliono partire
Stando al DFAE, sono circa un centinaio i cittadini svizzeri in Sudan. Serge Bavaud, capo della gestione delle crisi presso il DFAE, in un incontro con i media venerdì a Berna, aveva precisato che la Confederazione non ritiene che tutti siano intenzionati a fare le valigie, anzi. Molti di essi hanno la loro vita in Sudan e alcuni hanno la doppia cittadinanza. Fino a venerdì solo una decina di persone aveva in effetti espresso la volontà di andarsene. In totale sarebbero una trentina le richieste giunte al DFAE.
Il caos in Sudan, già teatro di un colpo di Stato militare nel 2021, è scoppiato sabato scorso, con scontri fra le unità dirette dai due generali più potenti del Paese. All’origine, la rivalità politica fra Abdel Fattah al-Burhan, capo del Consiglio sovrano e quindi de facto capo di Stato, e il suo vice, il filorusso Mohamed Hamdan Dagalo, alla guida del gruppo paramilitare Forze di supporto rapido.
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