Stretta e risparmi in vista sull’asilo
Diversi atti parlamentari votati mercoledì alle Camere chiedono una stretta e una razionalizzazione degli interventi nel settore dell'accoglienza dei profughi e delle profughe.
Il Consiglio degli Stati, emulando l’altro ramo parlamentare, ha approvato una mozione presentata dal gruppo liberale radicale (PLR) con cui si chiede al Governo di intensificare la lotta alla cosiddetta migrazione secondaria, proveniente da Paesi considerati sicuri (come quelli del Maghreb).
In sostanza, secondo questa proposta, dovrebbero essere pronunciate (quasi) sistematicamente delle decisioni di non entrata in materia alle domande inoltrate da cittadine e cittadini stranieri di questi Stati.
L’esecutivo viene inoltre invitato a promuovere misure bilaterali per interrompere il flusso migratorio da questi Paesi e a intensificare il contrasto al traffico di esseri umani, in collaborazione con l’Interpol e l’Europol.
Aspetto problematico
Su un aspetto problematico però, quello relativo alla sistematicità delle decisioni, la Camera dei Cantoni non ha voluto seguire il Nazionale.
Per tutelare le persone vulnerabili e le famiglie con minorenni, il cui rinvio nel primo Paese europeo d’accoglienza non offre alloggi adatti ai bimbi o cure mediche adeguate, si vorrebbe lasciare un certo margine di manovra all’autorità competente, vale a dire la Segreteria di Stato della migrazione (SEM), come ha evidenziato in aula il consigliere federale Beat Jans, che ha appoggiato, a nome del Governo, la mozione.
In alcuni casi, infatti, un’applicazione rigorosa sarebbe contraria al diritto nazionale o internazionale. In cifre, questi casi “umanitari” sono stati 375 nel 2023 su circa 7’000 decisioni di non presa a carico nell’ambito della procedura di Dublino.
Più espulsioni per ridurre i costi
Nella stessa giornata, il Consiglio degli Stati ha approvato tacitamente anche una seconda mozione uscita dalla commissione delle finanze che chiede misure concrete, in particolare riguardo alle espulsioni delle e degli stranieri non in regola, per ridurre i costi dell’asilo.
La Confederazione versa infatti ai Cantoni un indennizzo forfettario per i costi sostenuti nell’applicazione della legge sull’asilo ma l’aumento delle spese è considerevole: i soli importi forfettari destinati all’assistenza sociale sono lievitati di quasi 190 milioni di franchi nel budget 2024, ha dichiarato la liberale Johanna Gapany a nome della commissione preparatoria.
Tra le cause di questo incremento è stato menzionato un diverso approccio nell’esecuzione delle espulsioni tra i vari Cantoni, all’origine di differenze ritenute “notevoli”.
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In proposito va segnalato che se un cantone non esegue un rimpatrio, e lo fa senza un valido motivo, la Segreteria di Stato della migrazione può ritirare le sovvenzioni, come avvenuto in 450 occasioni dal 2016.
Ora il Consiglio federale è chiamato a prevedere incentivi finanziari per un’esecuzione efficiente delle regole sull’asilo e ad applicare concretamente il sistema di “malus” sancito nella legge in caso di applicazione insufficiente delle norme. L’atto parlamentare sollecita anche provvedimenti per aumentare il tasso di ritorno in patria delle persone con lo status S (profughi ucraini) e a incrementare il tasso di occupazione delle e dei richiedenti asilo, che varia notevolmente da un Cantone all’altro.
Incentivi al lavoro per ucraini e ucraine
Proprio per incentivare l’accesso al mercato del lavoro delle cittadine e cittadini ucraini, detentori di un permesso S, la Camera alta ha aderito alla proposta già votata al Nazionale che in sostanza vuole sostituire l’attuale autorizzazione con un semplice obbligo di notifica per poter assumere un impiego.
Questa modifica, è stato sottolineato nel corso del dibattito, comporterà una maggiore flessibilità – in quanto le persone con status di protezione S potrebbero essere assunte immediatamente – e una riduzione della burocrazia, visto che ai datori di lavoro basterà compilare un modulo online.
Al riguardo il ministro di giustizia Beat Jans ha affermato che il Governo intende aumentare la quota di lavoratori e lavoratrici fra gli ucraini con lo status S, portandola dall’attuale venti al quaranta per cento entro la fine del 2024.
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