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Nestlé: “Non vogliamo vendere il comparto acque minerali, ma cerchiamo partner”

Il CEO di Nestlé Laurent Freixe.
Il CEO di Nestlé Laurent Freixe. Keystone-SDA

Nestlé non intende vendere il comparto delle acque minerali, sotto pressione per gli scandali in Francia, ma è alla ricerca di un partner per sviluppare al meglio il settore: lo afferma Laurent Freixe, presidente della direzione della multinazionale alimentare.

“Nestlé non ha bisogno di una rivoluzione”, afferma in un’intervista pubblicata mercoledì dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ) il CEO di Nestlé Laurent Freixe, in carica dal primo settembre scorso. “Le fondamenta dell’azienda sono molto solide. Abbiamo un grande portafoglio di marchi, siamo presenti in tutto il mondo. Dobbiamo solo perseguire di nuovo una strategia comune come squadra”.

“Il problema principale degli ultimi anni era che Nestlé aveva investito troppo poco nelle sue attività di base: in tre anni abbiamo speso cinque miliardi di franchi in meno rispetto al passato, ad esempio per la pubblicità. Questo ha un peso. Il mio programma è molto semplice: dobbiamo rafforzare nuovamente il core business. Nestlé è la più grande azienda alimentare del mondo, ma deve anche essere la migliore”.

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“Non stiamo vendendo le attività legate all’acqua minerale, ma eventualmente una loro quota”, prosegue il manager francese. “I marchi premium internazionali come Perrier e San Pellegrino sono molto importanti per noi, perché crediamo nel futuro del ramo delle bevande. Ma per realizzarne il pieno potenziale abbiamo bisogno di un partner come co-investitore, in modo da non dover prelevare i fondi per l’espansione dai settori principali. Una joint venture potrebbe essere una possibilità”.

Per il resto il gruppo non ha intenzione di effettuare cessioni. “Sono soddisfatto del nostro portafoglio: offriamo qualcosa per ciascuno in tutto il mondo, a prescindere dall’età o dal momento della giornata, sia che si tratti di un’alimentazione sana o di uno sfizio”, spiega il 63enne. “Vediamo un potenziale di crescita soprattutto nel caffè, nel segmento bevande fredde, nel cibo per animali e in Asia in generale. Nel settore della nutrizione, ci concentreremo sempre più su prodotti per la gestione del peso, la salute delle donne e la longevità, cioè per una vita lunga e sana”.

Ma ha senso – chiedono i giornalisti della NZZ – essere un’azienda per tutto, con prodotti sani e con dolci, con articoli a basso costo e allo stesso tempo premium? “Questa vastità è il grande punto di forza di Nestlé”, risponde il dirigente nato a Parigi. “Pensateci: quale altra azienda – non solo nel settore alimentare, ma nell’economia nel suo complesso – può dire di avere un ruolo nella vita di quasi tutti gli abitanti del pianeta? Siamo presenti in 185 paesi. Accompagniamo le persone in tutte le fasi della vita, dalla nascita alla vecchiaia, e in ogni momento della giornata. È una posizione unica”.

Intanto negli Stati Uniti – principale mercato per Nestlé – è però sotto pressione. “C’è incertezza e i consumatori risentono del rallentamento dell’economia. Ma di recente abbiamo ottenuto risultati migliori rispetto ai nostri concorrenti. Stiamo recuperando quote di mercato: facciamo buoni progressi”.

Che cosa dire dei dazi? “Faremo ciò che è necessario per proteggere i nostri margini, senza allontanare i consumatori. I dazi doganali sono solo un aspetto. Sono gestibili, soprattutto per gli articoli premium come Nespresso. Tra l’altro, oltre il 90% dei prodotti che vendiamo negli Stati Uniti sono fabbricati sul posto. Questo vale anche per la Cina e l’Europa. Nespresso è un’eccezione in questo senso”.

“Ma la principale fonte d’incertezza sono gli effetti indiretti delle tariffe doganali”, argomenta il professionista che opera in seno al gruppo Nestlé sin dal 1986. “I consumatori compreranno meno? Come evolveranno i prezzi delle materie prime, per esempio del caffè? Cosa succederà al dollaro, che si è già notevolmente indebolito? Questi effetti sono significativi per le nostre attività commerciali”, conclude l’esperto.

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