Autogestiti a Lugano, “Vengono visti solo come un problema da risolvere”
La lunga vertenza che ha visto contrapposti il movimento degli "autogestiti" e le autorità di Lugano è a una svolta.
Il municipio ha posto un termine di 20 giorni entro il quale i giovani, vicini agli ambienti dell’autonomia e dell’anarchia, sono tenuti a sgomberare i locali dell’ex Macello, di proprietà della Città, dove svolgono da anni le loro numerose attività ricreative, culturali e sociali.
Dal punto di vista formale il municipio ha disdetto la Convenzione stipulata, assieme al governo cantonale, nel 2002 con i rappresentanti degli autogestiti (che in riva al Ceresio sono anche conosciuti come “molinari”, in ricordo dell’occupazione del Molino di Viganello in cui stabilirono la loro sede nel 1996). Con l’intimazione dello sgombero del centro sociale CSOA entro 20 giorni vengono poste le basi per l’eventuale procedura esecutiva che scatterà in caso di mancata collaborazione da parte degli autonomi.
Ma secondo alcuni osservatori sulla decisione dell’esecutivo hanno indubbiamente pesato le pressioni della maggioranza moderata cittadina, dopo i tafferugli scoppiati in relazione alla manifestazione non autorizzata dello scorso 8 marzo alla stazione di Lugano e, soprattutto le imminenti elezioni amministrative per il rinnovo dei poteri comunali in Ticino.
“Questi movimenti generalmente non sono visti molto favorevolmente dalle autorità come pure dall’opinione pubblica, che li ritengono poco legittimati a mobilitarsi”.
Marco Giugni, politologo e docente all’Università di Ginevra
La vicenda comunque è destinata ad avere ulteriori sviluppi a breve. Gli autogestiti infatti hanno già fatto sapere che nel caso in cui saranno costretti ad abbandonare l’ex Macello si riverseranno in piazza. E la minoranza di sinistra in consiglio comunale ha criticato la tempistica del municipio dal momento che i progetti di ristrutturazione dell’area urbana in questione non saranno avviati prima del 2023.
Ma al di là di quella che potrà essere l’evoluzione di questa vicenda, pone seri interrogativi il fatto che in un panorama nazionale tutto sommato tranquillo, a sud delle Alpi riemerga proprio in questo periodo particolare un confronto così acceso tra ambienti dell’autogestione giovanile e autorità.
Un quesito al quale fornisce un’interpretazione particolare Marco Giugni (Università di Ginevra), esperto di movimenti sociali. “Il modo di gestire il fenomeno da parte delle autorità locali varia molto da una città all’altra (e da un paese all’altro)”, rileva in proposito il politologo ticinese. “Ad esempio, negli anni ’80 Ginevra e Zurigo hanno gestito il fenomeno degli squatters e dei centri autogestiti in modo radicalmente diverso: integrazione a Ginevra, repressione a Zurigo (in seguito Ginevra ha cambiato strategia, ma molto più tardi), con conseguenze decisive per i movimenti stessi”.
“Ciò dipende anche dal colore politico delle autorità stesse e dalle strategie di gestione della protesta”, continua Marco Giugni, “in particolare da parte di questo movimento che generalmente non è visto molto favorevolmente dalle autorità come pure dall’opinione pubblica, che lo ritengono poco legittimato a mobilitarsi. In generale, direi però che nella maggior parte dei casi, affiorano delle problematiche simili, nel senso che la presenza di questi gruppi e movimenti è comunque sempre vista, soprattutto inizialmente, come un “problema” da risolvere in un modo o nell’altro, piuttosto che come una “risorsa” per la città ed in particolare per i giovani che ci vivono”.
Tvsvizzera: Il fenomeno dell’autonomia/antagonismo che fase sta vivendo in Svizzera?
Marco Giugni: L’autonomia (squatters, autonomi, centri sociali) è tipicamente un fenomeno volatile e che presenta molti alti e bassi che dipendono dai contesti (urbani) specifici. A cavallo degli anni ’70 e ’80 ha assunto proporzioni notevoli, soprattutto in alcune città come Amsterdam, Berlino e Zurigo, ma anche altrove (in Svizzera ad esempio Berna, Ginevra, Losanna). In seguito, è diminuito d’importanza ma con momenti di mobilitazione (e dibattito) importanti (ad esempio Berna 1987 con la Reitehalle o ancora Zurigo in vari anni).
Più recentemente, per vari motivi (potenziale di protesta più ridotto, spostamento dell’attenzione su altre tematiche, azione repressiva delle autorità locali, ecc.), la scena dell’autonomia in Svizzera (ma in parte anche in altri paesi) è divenuta vieppiù marginale nel contesto della mobilitazione sociale. Oggi direi in generale che siamo in un momento di stanca, anche perché c’è stato in tutti questi anni un lento processo di integrazione e istituzionalizzazione dell’autonomia.
Come si configura a livello nazionale? È una galassia eterogenea o vi sono tratti comuni rilevanti?
Probabilmente la risposta qui sopra già parla un po’ di quest’altro aspetto. A livello nazionale i contesti dove l’autonomia e le mobilitazioni che emanano da essa si sono sviluppate maggiormente sono storicamente Zurigo e Berna (ma anche altre città già citate).
“La scena dell’autonomia in Svizzera è divenuta vieppiù marginale nel contesto della mobilitazione sociale. Oggi direi in generale che siamo in un momento di stanca”.
Marco Giugni, politologo e docente all’Università di Ginevra
Non avendo dati a disposizione sulla composizione sociale di questi movimenti, direi però che presentano una certa omogeneità, nel senso che i partecipanti (o perlomeno, il “nucleo duro” di questi movimenti) è fatto di giovani che si caratterizzano da attitudini simili verso il sistema politico e le autorità (attitudini che peraltro negli ultimi anni caratterizzano anche altri movimenti e settori della società) e valori condivisi (“libertari di sinistra”) e che hanno obiettivi simili che tentano di ottenere in modo abbastanza simile (occupazioni di immobili, proteste a volte radicali e comunque, “antagoniste”, contro il sistema).
Detto questo, il contesto (politico) e il momento specifici possono sicuramente produrre delle differenze da una città all’altra, soprattutto in termini di modalità di azione (più centrata sulla gestione dei centri autonomi o più centrata sulle “sfide” alle autorità, più moderata o più radicale.
Come si inseriscono questi movimenti nel panorama europeo?
Come detto, il fenomeno dell’autonomia è emerso nel corso degli anni in vari paesi europei, a livelli d’intensità diversi e con alti e bassi. La Svizzera è stato uno dei paesi dove il fenomeno ha avuto una portata e una visibilità mediatica importante, soprattutto dovuto alla situazione di Zurigo all’inizio degli anni ’80. D’altronde, il caso zurighese è emblematico di come questi movimenti sono influenzati soprattutto da ciò che accade nello specifico contesto locale piuttosto che dalle caratteristiche del sistema nazionale. Laddove la Svizzera si caratterizza per una tradizione di strategia conciliante ed integratrice dei movimenti in generale, il movimento degli autonomi in alcuni contesti ha subito una repressione a volte anche molto forte.
Sono possibili infiltrazioni e relazioni più o meno organiche, come viene denunciato da qualche osservatore, con ambienti dell’autonomia del Nord Italia?
Non parlerei di infiltrazioni (lascerei questo termine alle “forze dell’ordine”), ma piuttosto di relazioni. In questo senso, le connessioni transnazionali tra movimenti di paesi diversi e l’attivismo transnazionale esistono da molto tempo. Ad esempio, uno studio ha mostrato che il movimento studentesco europeo degli anni ’60 ha usufruito del sostegno attivo di attivisti della scena californiana della protesta. Altro esempio: la protesta negli anni ’70 contro il progetto di centrale nucleare a Kaiseraugst ha visto molti attivisti francesi e tedeschi mobilitarsi nel movimento svizzero.
Questo fenomeno è ovviamente facilitato dalla vicinanza geografica tra le due realtà, come nel caso del Ticino e dell’Italia, ed è probabilmente diventato vieppiù importante con l’accelerarsi del processo di globalizzazione e l’uso dei social. Detto questo, non conoscendo il caso specifico, non potrei dire con sicurezza se ci sono state e ci sono relazioni con ambienti dell’autonomia del Nord Italia.
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