Leopard 1 ‘italiani’: la ministra della difesa svizzera vuole un’inchiesta
La questione dei carri armati che potrebbero essere inviati in Ucraina è estremamente delicata sullo sfondo della guerra della Russia contro l'Ucraina, della neutralità della Svizzera e della sua politica di esportazione di armi.
Keystone / Hannibal Hanschke
La consigliera federale Viola Amherd ha commissionato un'inchiesta esterna sull'acquisto di 96 carri armati Leopard 1 effettuato in Italia nel 2016 da parte della RUAG Holding.
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tvsvizzera.it/mar/Keystone-ATS
La vicenda dei 96 Leopard 1 acquistati dalla RUAG Holding nel 2016 in Italia sta ormai diventando un vero e proprio caso.
Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), diretto da Viola Amherd, ha ordinato l’apertura di un’inchiesta esterna per far luce su quanto avvenuto.
Dopo l’acquisto, i carri armati sono stati stivati in un deposito, sempre in Italia. Secondo la RUAG, azienda di armamenti di proprietà della Confederazione, sarebbero serviti per prelevare pezzi di ricambio. All’inizio del 2023 l’azienda tedesca Rheinmetall ha presentato una domanda con cui chiedeva se i carri armati potessero essere acquistati. L’idea era quella di rimetterli in efficienza e consegnarli all’Ucraina. Il 13 febbraio è stato firmato un contratto di compravendita con riserva di approvazione da parte delle autorità elvetiche. Lo scorso giugno, il Governo svizzero ha però formalmente vietato l’esportazione per motivi legati alla neutralità.
In seguito a incongruenze emerse in occasione di una riunione straordinaria del consiglio d’amministrazione della RUAG tenutasi domenica, Amherd ha deciso di commissionare l’inchiesta. Quest’ultima avrà lo scopo di analizzare gli affari commerciali con i carri armati Leopard 1. Inoltre sarà oggetto di verifica il modo in cui il consiglio d’amministrazione ha fatto fronte al suo obbligo di vigilanza nei confronti della direzione e se vi è la necessità di procedere ad adeguamenti.
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In seguito a dichiarazioni polemiche legate all’esportazione di armi svizzere verso l’Ucraina, l’amministratrice delegata di Ruag Brigitte Beck aveva presentato le sue dimissioni all’inizio di questo mese. Beck aveva chiesto a Paesi come la Germania o la Spagna di ignorare il veto della Confederazione alla riesportazione. In settembre del caso si occuperà anche il Parlamento.
Seconda inchiesta
A sua volta, la RUAG ha annunciato lunedì in una nota di voler avviare una propria inchiesta esterna. Si tratterà, tra l’altro, di chiarire le pretese di un’azienda tedesca, non citata nel comunicato, su 25 di questi carri armati. Tale richiesta, depositata di recente, è il frutto di un contratto precedente, stando alla RUAG.
Questa pretesa non è tuttavia in contraddizione con il contratto firmato con Rheinmetall, ha affermato il gruppo di armamento. Rheinmetall è stata informata sin dall’inizio delle trattative che la proprietà di 25 di questi carri armati non era ancora stata chiarita. È pure certo che tali carri armati non possono essere consegnati all’Ucraina.
Secondo la RUAG, è assolutamente fondamentale che tutte le attività del gruppo siano conformi alla legge, trasparenti e si svolgano secondo le direttive del proprietario che è la Confederazione, si legge ancora nella nota. L’azienda accoglie favorevolmente l’apertura di un’inchiesta da parte dei servizi di Amherd.
La RUAG aveva di recente difeso il fallimento dell’accordo sui Leopard con Rheinmetall. L’impresa tedesca è stata esplicitamente avvertita sin dall’inizio degli ostacoli potenziali nella procedura di autorizzazione, e delle relative riserve introdotte nel contratto. Aveva pure respinto l’accusa secondo cui la partenza di Beck fosse legata alla vicenda dei carri armati.
Stando alla RUAG, i 96 carri armati Leopard 1 sono stati acquistati come beni commerciali e come mezzi blindati disponibili per fornire pezzi di ricambio. L’esercito svizzero utilizza dal canto suo il modello Leopard 2.
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