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Uno tsunami difficile da prevedere

Oltre 220 morti e più di 800 feriti: è l'ultimo bilancio dello tsunami che ha devastato l'Indonesia. Il sistema d'allerta rapida non ha potuto essere attivato poiché a generare l'onda non è stato un terremoto, ma una frana, probabilmente legata a un'eruzione vulcanica.

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Il numero delle vittime “crescerà sicuramente”, ha avvertito il presidente indonesiano Joko Widodo. Molte delle aree colpite dallo tsunami non sono ancora state raggiunte dai soccorritori. Per ora il bilancio fa stato di 222 morti, 843 feriti e 28 dispersi.

La massa d’acqua ha distrutto decine di abitazioni e danneggiato “seriamente” 9 hotel, attorno allo stretto della Sonda, che separa le isole di Giava e Sumatra. L’onda ha fatto strage tra gli impiegati della compagnia statale Pln, riuniti per celebrare la fine dell’anno.

Le autorità indonesiane hanno diramato una allerta invitando gli abitanti dell’area a “stare lontani dalle spiagge”. Il capo dell’agenzia meteorologica, Rahmat Riyono, teme che sia “possibile un altro tsunami” poiché quello di sabato “è stato provocato da un’eruzione del vulcano Anak-Krakatau”, e dall’alta marea. “La possibilità di un secondo tsunami in caso di terremoto sono molto basse, ma qui si tratta di un’eruzione. Dobbiamo continuare a monitorare la situazione”, ha detto, sottolineando che proprio per questa ragione non sono scattati allarmi preventivi ieri.

Per il momento non vi è notizia di vittime svizzere, ha indicato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). “La rappresentanza elvetica a Giakarta è in contatto con le competenti autorità indonesiane”, ha fatto sapere un portavoce a Keystone-ATS.

Ma come mai l’allarme tsunami non ha potuto essere lanciato in tempo? La Radiotelevisione svizzera lo ha chiesto a Domenico Giardini, professore di sismologia al Politecnico federale di Zurigo:

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