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A Rouen tra collera, inquietudine e fatalismo

centro storico con nuvola nera che lo sovrasta
Il 26 settembre scorso, gli abitanti di Rouen si sono svegliati con una brutta sorpresa. Copyright 2019 The Associated Press. All Rights Reserved

Una settimana dopo l'incendio della fabbrica chimica Lubrizol, nel capoluogo della Normandia gli abitanti sono sempre sotto choc.


Nell’incendio divampato giovedì scorso sono andate in fumo 5’253 tonnellate di prodotti chimici, stando a quanto annunciato dalla prefettura di Seine-Maritime, che sul suo sito ha pubblicato la listaCollegamento esterno di quello che è bruciato.

Malgrado questa operazione trasparenza e le rassicurazioni delle autorità, gli interrogativi però restano e la popolazione continua ad essere preoccupata per le conseguenze sulla salute della nuvola di fumo che ha avvolto la città e la sua periferia, provocando casi di nausea, vomito e diarrea.

Martedì sera, circa 2’000 persone sono scese in piazza a manifestare per chiedere che sia fatta tutta la verità e criticando le informazioni contraddittorie emanate dalle autorità.

Parte della popolazione ha invece un atteggiamento più fatalista, ricordando come Rouen – città a vocazione industriale – sia da decenni uno dei luoghi più inquinati della Francia.

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Livello di diossine “relativamente basso”

La ministra della Salute, Agnès Buzyn, ha dichiarato mercoledì che nessuno è in grado di sapere esattamente quali siano gli effetti di “questi prodotti mescolati quando bruciano; è la richiesta che rivolgeremo all’Ineris l’agenzia incaricata di valutare i rischi industriali”.

“Lo Stato oggi non è in grado di rispondere a questa domanda”, ha proseguito, aggiungendo che “questo inquinamento, reale, per il momento non comporta rischi per la salute, stando a quanto sappiamo oggi”.

Da parte sua, il premier Edouard Philippe, è tornato ad impegnarsi per la massima trasparenza. Intervenendo in Senato ha garantito che “nulla esonererà la responsabilità industriale” di Lubrizol, con particolare riferimento all’indennizzo dei danni, a cominciare da quelli per gli agricoltori.

L’Ineris si è voluto rassicurante, dicendo che il livello di diossine è “relativamente basso”. “Non penso ci siano preoccupazioni particolari”, ha riferito il direttore dell’istituto, Raymond Cointe.

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