737, interrogativi sui ritardi USA e sull’evoluzione del mercato
Sono state le ultime a cedere ma alla fine anche le autorità USA hanno deciso la sospensione dei voli operati dai nuovi 737 Max 8 e 9 finiti nella bufera.
“La sicurezza degli americani e di tutti i passeggeri è nostra priorità assoluta”, ha riconosciuto Donald Trump a quattro giorni dallo schianto del Boeing dell’Ethiopian Airlines, in cui sono morte tutte le 157 persone a bordo. Ma gli osservatori si sono interrogati sui motivi per i quali gli Stati Uniti hanno ritardato così a lungo una decisione chiesta a gran voce dai sindacati del personale di volo, dai passeggeri impauriti e da numerosi esponenti politici di entrambi i campi, facendosi scavalcare dagli altri paesi (in particolare dalla Cina) in questa crisi.
Una commissione parlamentare negli USA
Intanto una commissione parlamentare farà luce sui processi decisionali della FAA, l’agenzia statunitense dell’aviazione. Anche perché alcuni aspetti risultano problematici. L’ente federale, è stato sottolineato, dispone di uffici nelle fabbriche della Boeing a Renton (Washington) dove vengono assemblati i 737 Max e in Carolina del Sud, dove viene costruito il 787 Dreamliner. In particolare la FFA, confrontata 10 anni fa con pesanti tagli di bilancio, ha modificato le proprie procedure di certificazione di aerei e piloti delegandole a soggetti esterni e ora, in pratica, dipendenti della Boeing collaborano alle fasi di approvazione dei velivoli.
Sono inoltre noti gli stretti rapporti tra il costruttore americano con la Casa Bianca, cui sarebbe arrivata una telefonata martedì per ritardare il blocco a terra dei 737 Max. Boeing è anche un fornitore privilegiato del Pentagono, che ha appena firmato un contratto da 14 miliardi di dollari per la consegna dei nuovi caccia F-15EX.
Arriva la Cina
Ma il crash del volo dell’Ethiopian Airlines rischia di provocare anche un terremoto nel settore dell’aviazione civile, monopolizzato da Boeing e Airbus. Secondo gli esperti nel prossimo futuro non sono destinati a cambiare i rapporti di forza ma tra i due potrebbe inserirsi la Cina che sta investendo importanti risorse.
Airbus, che detiene il 60% del mercato sul corto-medio raggio con l’A320, ha già ordini per 6’500 apparecchi nei prossimi 10 anni e non può soddisfare un sensibile incremento della domanda causato dal blocco del 737 Max. Una volta poi che saranno revocati i fermi, dopo che nei prossimi mesi sarà rivisto il sistema informatico del velivolo incriminato, non dovrebbero esserci particolari ripercussioni per quel modello. Più importanti saranno gli effetti sul lungo periodo, a livello di immagine e per i sicuri ritardi di altri progetti, come il lancio del 797.
Negli spazi lasciati vuoti potrebbe quindi inserirsi la Cina che, oltre ad aver preso la guida nella gestione di questa crisi internazionale, si appresta secondo gli analisti a raggiungere entro il 2025 una quota del 30% del mercato mondiale dell’aviazione civile e rappresenterà da sola l’80% della crescita totale.
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