Suicidio assistito, la Regione Veneto non farà da apripista in Italia
Dopo un lungo dibattito, la Regione Veneto ha respinto una legge che avrebbe fissato tempi e procedure precise per ricorrere alla morte volontaria.
Il dibattito sul suicidio assistito torna alla ribalta in Italia: la Regione Veneto ha tentato di fare da apripista a livello nazionale, discutendo una legge – tra l’altro fortemente sostenuta dal presidente leghista Luca Zaia – che fissa tempi e procedure precise per farvi ricorso. La proposta però è stata bocciata all’ultimo. E poiché anche il Parlamento a Roma non prende decisioni (il tema è delicato e causa spaccature nei partiti), c’è chi continua a rivolgersi alla Svizzera.
La conta dei voti, dopo nove ore di dibattito svoltosi ieri, martedì, è finita 25 a 25, con la spaccatura della maggioranza di centrodestra guidata da Luca Zaia, che ha sostenuto la legge. Una parità che però ha significato di fatto la “vittoria” dei contrari alla norma sul fine vita, portata in Consiglio dall’Associazione Coscioni con 9’000 firme. Questo perché Fratelli d’Italia (FDI) e Forza Italia (FI), grazie anche a una defezione nel PD, hanno fatto valere il loro veto sulla legge “di civiltà” per la quale si era speso in prima persona il governatore Luca Zaia, che aveva annunciato il proprio “sì”, lasciando però libertà di coscienza ai suoi.
Se la legge – che ora torna in commissione – fosse passata, il Veneto sarebbe stata la prima Regione a dotarsi di una normativa in materia. La novità più rilevante proposta era quella di imporre un termine massimo di 27 giorni alle Aziende sanitarie locali (ASL) nel dare una risposta ai malati e malate con patologie irreversibili che chiedono alla sanità pubblica di accedere al trattamento per la morte volontaria. Il farmaco viene poi fornito dallo Stato, e un medico deve assistere alla procedura. La possibilità di richiedere il suicidio assistito non è messa in discussione, però, perché stabilita dalla sentenza Cappato-Antoniani della Corte costituzionale del 2019Collegamento esterno, intervenuta proprio per colmare un vuoto legislativo.
“I pazienti terminali, alla luce della sentenza della Consulta, sanno che possono chiedere comunque l’accesso al fine vita. È la prova provata che questa proposta di iniziativa popolare non serviva ad autorizzare il fine vita, ma stabiliva i tempi per le risposte”, ha dichiarato Zaia dopo il voto.
Se la Svizzera fa parte dei Paesi dove il suicidio assistito è considerato un’opzione legittima alla fine della vita ed è aperto anche alle persone provenienti dall’estero, così non è in Italia. A parlare sono le cifre: secondo i dati più recenti, nel 2022 nella Confederazione 1’627 persone hanno fatto ricorso a questa opzione tramite Exit Svizzera (che però fornisce i suoi servizi unicamente a chi è in possesso di un passaporto rossocrociato). Non esistono dati precisi per le altre associazioni elvetiche che agiscono in questo campo. In Italia, nel 2023, tre persone lo hanno fatto, mentre altre tre si sono recate nella Confederazione per farlo. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per il suicidio assistito in Italia. Rapporto che, oltre a queste cifre, specifica che un numero non precisato di persone “l’ha ottenuto in clandestinità”.
+ Suicidio assistito, nuova autodenuncia di Marco Cappato
In Italia, suicidio assistito e disobbedienza civile vanno spesso di pari passo: chi si reca in Svizzera, infatti, deve esservi accompagnato/a poiché non in grado di spostarsi in autonomia a causa delle proprie patologie. Chi accompagna queste persone a volte si autodenuncia una volta di ritorno in Italia. Nel 2023 nove persone lo hanno fatto e tutte e tre le volte ad autodenunciarsi è stato anche Marco Cappato come responsabile legale dell’Associazione Soccorso civile. Cappato, si legge nel rapporto consultabile sul sito dell’Associazione Luca Coscioni, “è indagato presso i tribunali delle 3 città dove sono avvenute le autodenunce, depositate nel 2023, ma sono ancora in corso anche tre filoni giudiziari per altre azioni avvenute nel 2022”.
La situazione in Italia
L’associazione Soccorso Civile è stata fondata da Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli. Tramie azioni di disobbedienza civile, offre assistenza alle persone che hanno bisogno di ricevere informazioni, e in alcuni casi assistenza logistica e finanziaria, per ottenere aiuto medico alla morte volontaria. Attualmente 37 persone si assumono volontariamente il rischio di conseguenze penali per il fatto stesso di essere potenziali “associate a delinquere”, mettendosi a disposizione per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze. Di fatto, obiettori civili.
Attualmente, grazie alla sentenza Cappato-Antoniani, la morte volontaria assistita è legale. Non sono però stabiliti i tempi nei quali il Servizio sanitario nazionale deve effettuare le verifiche in seguito alle quali poter fornire un’autorizzazione alle persone che la richiedono. Ci possono impiegare diversi mesi, mentre i e le malate continuano a soffrire oppure muoiono in attesa di una risposta.
L’Associazione Luca CoscioniCollegamento esterno, dal canto suo, ha promosso la campagna Liberi Subito che raccoglie firme per proposte di legge regionali di iniziativa popolare che garantiscano in tutta Italia il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi adeguati e definiti. È proprio con Liberi Subito che sono state raccolte le firme necessarie per la discussione della legge in Veneto. Attualmente, altre 11 Regioni sono pronte a discutere questa proposta di legge.
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