Seveso, 40 anni dopo la nube di diossina
Le testimonianze di Stefania Senno, ragazza diventata simbolo della tragedia, e dell'allora direttore dello stabilimento ICMESA
La storia
Era il 10 luglio del 1976 quando, nella società ICMESACollegamento esterno, un’industria chimica svizzera del gruppo Roche con sede a Meda, il sistema di controllo di un reattore andò in avaria e la temperatura sali oltre i limiti previsti. Il problema causò una fuoriuscita di sostanze (componenti di vari diserbanti) che formarono una nube tossica di diossina che colpì i comundi di Meda, Cesano Maderno, Desio e soprattutto quello di Seveso.
Solo dopo una settimana se ne parlò sui giornali. Non ci furono morti, ma circa 200 persone vennero colpite da una dermatosi con lesioni dolorose.
Una di queste, forse la bambina simbolo del disastro, è stata Stefania Senno, ritratta in una fotografia toccante del fotografo Mauro Galligani.
L’intervista a Stefania Senno, di Claudio Moschin
Correva l’anno 2005 quando riuscii in modo rocambolesco a mettermi in contatto telefonico con Stefania Senno. Era la ragazza che nel 1976 era diventata il simbolo della tragedia di Seveso e della nube tossica uscita dallo stabilimento dell’Icmesa: la sua immagine, ripresa dal fotografo Mauro Galligani, mentre piangeva con il viso deturpato, aveva fatto il giro del mondo e sarebbe rimasta nel tempo come una icona.
Stefania abitava con i genitori in un paese del Veneto: si erano trasferiti proprio per dimenticare quella tragedia che aveva colpito la loro famiglia, visto che abiatavano poco lontano dalla fabbrica Icmesa. Stefania però non voleva parlare, non voleva assolutamente mostrarsi. Con il collega Piero Fachin, del quotidiano Il Giorno, riuscii però, dopo settimane, a convincerla che era giusto raccontare la sua storia, la sua sofferenza, i dolori, le ferite, le operazioni chirurgiche subite. La convinsi così a venire a Milano e in un luogo chiuso realizzai l’intervista televisiva per il magazine Falò della RSI. Fu davvero un’intervista difficile, lunga, segnata da pause, riflessioni e altro, in cui risultò che la giovane ancora attendeva un parziale risarcimento. Il servizio andò in onda e fu subito ripreso dalla allora emittente svizzero tedesca SF, che mandò I suoi cronisti a chiedere lumi alla stessa Givaudan, proprietaria dello stabilimento Icmesa. La vicenda ebbe grande risonanza e di fronte a quell filmato e a quella testimonianza l’azienda svizzera si impegnò a pagare ulteriori spese mediche a Stefania Senno.
Sono trascorsi poco meno di 10 anni da quella intervista. Nei mesi successivi ricordo che Stefania fu spesso chiamata in televisione o dai cronisti dei giornali. Insieme andammo anche al festival Cinemambiente a Torino, proprio per testimoniare quella grande tragedia chef u la nube tossica di Seveso. Poi, di nuovo, qualche anno fa, la ragazza simbolo ha deciso di non parlarne più. 40 anni dopo, di lei resta soprattutto quell’immagine in bianconero, scattata su un letto di ospedale, nel luglio del 1976.
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La presa di posizione dell’ex direttore della fabbrica
L’ex direttore della fabbrica Jörg Sambeth, si assunse sempre parte della responsabilità del disastro e, sconvolto dall’accaduto si ritirò al sud della Francia. Dopo 28 anni dal disastro scrisse un libro dal titolo “”Zwischenfall in SEVESO”, rivelando tutti i retroscena.
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