La procura di Milano ha inscritto nel registro degli indagati, come da prassi dopo la ricezione di un'autodenuncia fatta ieri ai carabinieri, Marco Cappato per istigazione al suicidio per aver accompagnato Elena, 69enne malata oncologica in fase terminale, in Svizzera.
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tvsvizzera.it/fra con Keystone-ATS
Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni deve rispondere dell’articolo 580 del codice penale italiano che punisce “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione”. Se il suicidio avviene, il reato è punibile con “la reclusione da cinque a 12 anni”.
Del fascicolo si occupa il sesto Dipartimento della procura meneghina guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano, il magistrato protagonista del processo a Cappato per l’aiuto al suicidio di deejay Fabo, la quale avrà come primo compito quello di vagliare la competenza territoriale.
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È morta in Svizzera (dove l’ha accompagnata Marco Cappato) grazie al suicidio assistito la signora Adelina di Spinea.
Se ritenesse che il reato sia stato commesso all’estero l’indagine resterebbe a Milano (dove è residente Cappato), se invece la valutazione fosse che la “disobbedienza civile” a favore della pensionata veneta sia iniziata nel comune di Spinea (dove viveva la donna) – Cappato ha guidato l’auto fino alla clinica di Basilea – allora a occuparsi della questione sarebbe la procura di Venezia.
Autodenuncia
Marco Cappato, si era autodenunciato mercoledì mattina ai carabinieri della Stazione Duomo di Milano per aver accompagnato una donna, Elena, al suicidio assistito in Svizzera, a Basilea. “Sono pronto ad affrontare le conseguenze con la giustizia”, aveva affermato. Rischia fino a 12 anni di carcere.
La 69enne, originaria di una paesino del Veneto, era malata di cancro. Aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare nel luglio di un anno fa. I medici le avevano dato da subito poche speranze. “Sono sempre stata convinta”, ha affermato in un videomessaggio, “che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farla anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni”.
Non è la prima volta di Cappato
Non è la prima volta che Cappato accompagna qualcuno in Svizzera dove il suicidio assistito è permesso: era già successo cinque anni fa con Dj Fabo. Dal punto di vista giudiziario e legale questo caso è però diverso, siccome Elena non era tenuta in vita con cosiddetti trattamenti di sostegno vitale. Il tesoriere dell’Associazione che lotta per le scelte di fine vita ha dichiarato che c’è ancora “una discriminazione insopportabile tra malati attaccati a macchine e quelli che non lo sono”.
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