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Milano come New Delhi per lo smog, ma quanto sono affidabili le misurazioni ‘svizzere’?

vista del suomo di milano immerso nello smog
I dati sull'inquinamento sono complessi e possono rivelare più di quanto si pensa. KEYSTONE

Nelle ultime settimane si è parlato molto di IQAir: a un certo punto Milano risultava essere più inquinata di New Delhi. Dati preoccupanti diffusi dall'azienda elvetica IQAir, ma che non dicono tutta la verità. O meglio: si tratta di una verità parziale.  

Partiamo dall’inizio: chi è IQAirCollegamento esterno? Si tratta di un’azienda la cui sede si trova a Steinach, nel canton San Gallo. Sul suo sito si possono vedere in diretta i livelli di polveri fini e di altri inquinanti nell’aria di centinaia di città di tutto il mondo. Ci si rende però conto, navigando tra le pagine, che non si tratta di un servizio fine a sé stesso. IQAir è infatti una società anonima che è sul mercato da 27 anni e che vende purificatori d’aria, sistemi di monitoraggio della stessa e mascherine protettive. Tutti strumenti progettati per catturare le particelle dannose che si trovano nell’ambiente. La compagnia, come si può vedere nel registro di commercio, è attualmente a conduzione familiare: alla sua testa ci sono Frank Christian Hammes e Klaus Peter Hammes.  

Le informazioni sullo stato dell’aria vengono raccolte in diversi modi, come ci spiega lo stesso Frank Hammes, da noi contattato. “Lavoriamo con enti governativi, agenzie intergovernative, organizzazioni no-profit e gruppi comunitari al fine di mettere online i loro dati sulla qualità dell’aria e fornire informazioni storiche e in tempo reale che incoraggiano ad agire per migliorare la qualità dell’aria”. Vengono raccolti i dati di 7’000 città in tutto il mondo. Dati che vengono “convalidati, armonizzati e aggregati da IQAir che poi li mette a disposizione su sito e app in tempo reale”, prosegue Hemmes. Le informazioni raccolte, inoltre, servono a fornire anche medie settimanali, mensili e annuali.  

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Nella maggioranza dei casi, i dati ufficiali provengono da siti internet in libero accesso.  È il caso, per esempio, del canton Ticino, per il quale sono a disposizione sul sito dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OASI)Collegamento esterno. OASI misura lo stato dell’aria in 11 punti disposti in tutto il territorio, da nord a sud. A Milano, scrive Hammes – ma si tratta di informazioni facilmente verificabili su questa paginaCollegamento esterno – “IQAir raccoglie attualmente i dati da due stazioni governative e nove sensori di qualità dell’aria non governativi”. 

L’azienda  rossocrociata, però, vanta anche collaborazioni importanti: “Alle Maldive, IQAir collabora con il Ministero dell’ambiente, del cambiamento climatico e della tecnologia per portare dati e consapevolezza alla nazione insulare. Abbiamo inoltre un partenariato con il Programma ambientale delle Nazioni UniteCollegamento esterno il cui scopo è quello di fornire più dati sulla qualità dell’aria ai Paesi in via di sviluppo”, prosegue il CEO.  

Dati affidabili? 

Abbiamo chiesto a Frank Hemmes quanto ci si potesse fidare dei dati forniti dall’utenza. Nella peggiore delle ipotesi, per esempio, come si fa a verificare che qualcuno non stia falsando i dati ponendo un misuratore (che può essere comprato da IQAir) di fronte al tubo di scarico della propria automobile o sul tetto vicino alla ciminiera? “I dati provenienti da enti privati vengono convalidati in vari modi: revisione delle foto e dei dettagli dell’installazione; verifica manuale iniziale delle informazioni raccolte prima della pubblicazione; controllo qualità automatizzato””. Inoltre, quando ci si trova di fronte a dati anomali, questi vengono messi in quarantena e si procede a ulteriori verifiche prima di eventualmente utilizzarli.

Le informazioni raccolte, quindi, rispecchiano a grandi linee la realtà. “Vanno analizzate con occhio critico”, ci spiega Ivan Maffioli, collaboratore scientifico presso OASI, “ma sono certamente utili per sollevare la questione dell’inquinamento ambientale”.  

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I misuratori che IQAir fornisce ai privati cittadini costano poche centinaia di euro e questi non possono certo competere per precisione ed efficacia con macchine più complesse. Come per esempio quelle presenti, appunto in Ticino. Oltre a essere rappresentativi di tutte le situazioni nel cantone (alta montagna, centri urbani, zone disabitate, ecc), spiega Maffioli, ognuno di questi apparecchi costa centinaia di migliaia di franchi e decine di migliaia ne vengono investiti ogni anno per la loro manutenzione. Nel cantone italofono, per esempio, ci sono due persone che se ne occupano a tempo pieno. C’è poi tutto un lavoro di validazione delle informazioni raccolte, manuale e automatico, che serve alla stesura di rapportiCollegamento esterno sulla qualità che vengono fatti usando anche paragoni con gli anni precedenti.  

Inquinamento “locale” 

Concretamente, però, l’aria di Milano a un certo punto è risultata essere irrespirabile quanto quella di New Delhi. E Milano non è così distante dal confine svizzero. Bisogna preoccuparsi? “No. Per quanto riguarda l’inquinamento da polveri fini, si tratta di un fenomeno di natura ‘locale’. Non è un inquinamento che si sposta”. A ognuno le sue polveri fini, insomma.  

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“C’è poi da considerare che, molto spesso, quando le masse d’aria dalla pianura padana si spostano verso il nord, piove e l’aria si ripulisce. Il Ticino, inoltre, è avvantaggiato dalla conformazione del territorio, grazie alle sempre presenti correnti d’aria delle valli. Non è il caso del Mendrisiotto, che per questo motivo soffre di più dell’inquinamento. Inoltre, in questa regione, le fonti inquinanti sono più presenti: non solo traffico, ma anche un grande numero d’industrie”.  

Non è tutta colpa del traffico 

Il traffico, poi, contro il quale spesso viene puntato il dito, ha più sfaccettature di quelle che ci si immagina. “Spesso si pensa che con l’aumento dei veicoli in circolazione nel corso degli anni ci sia stato un aumento automatico dell’inquinamento, ma non è così”, sottolinea lo studioso. “È un messaggio che facciamo fatica a far passare, ma bisogna sapere che le auto sono migliorate e inquinano sempre di meno. Quindi anche un aumento di traffico non porta a un aumento dell’inquinamento. Migliorano inoltre costantemente anche le economie domestiche, che ricorrono a sistemi di riscaldamento sempre meno inquinanti.”  

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E se durante la pandemia la qualità dell’aria è stata una delle migliori di sempre (complici le restrizioni per gli spostamenti introdotte un po’ ovunque), per poi – logicamente – peggiorare quando le persone sono tornate a circolare liberamente, oggi la situazione non è così nera. “Non siamo tornati ai livelli prepandemici, anzi: oggi la qualità dell’aria è migliore rispetto al 2019. Dei tre inquinanti principali (ozono, diossido di azoto e polveri fini), due sono in costante calo (diossido di azoto e polveri fini)”. Non si può dire lo stesso dell’ozono, ma questo gas non dipende tanto dalle attività umane quanto dal riscaldamento climatico: più fa caldo, più aumenta. Inoltre, l’ozono non è un inquinante locale: si sposta anche per centinaia di chilometri e non può quindi essere controllato con misure locali.   

La situazione, insomma, non è così drammatica, ma è bene che se ne parli. E quando si raggiungono picchi d’inquinamento, come comportarsi? Le raccomandazioni sono sempre le stesse: evitare le attività all’aperto, sport e sforzi fisici in particolare. E c’è sempre un ‘invito aperto’ alla popolazione a cercare di ridurre le emissioni evitando di ricorrere, per esempio, agli impianti di riscaldamento a legna, soprattutto se non sono la fonte di calore principale, a usare i trasporti pubblici il più possibile o ancora a spostarsi a piedi o in bicicletta.  

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