L'inchiesta, il test e il sondaggio di Patti Chiari
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“I frontalieri rubano il lavoro ai ticinesi”. Questo in parole povere il pensiero di Tanya, che riassume quella che è, in Ticino, chiaramente, l’impressione generale.
In sostanza: i frontalieri sono disposti a lavorare a cifre più basse, avendo un costo della vista meno alto, e questo mette in difficoltà i lavoratori residenti che si vedono proporre paghe più basse o addirittura si vedono preferire gli italiani.
Due profili identici, uno svizzero e uno italiano: chi troverà lavoro?
Il nostro settimanale di approfondimento Patti Chiari ha provato a verificare se questa impressione corrisponde effettivamente alla realtà, sia ascoltando le storie di chi il lavoro non lo trova (e non si fa problemi a denunciare la concorrenza da oltre frontiera), sia realizzando un vero e proprio test.
Due i problemi principali che causano la pressione della concorrenza da oltre frontiera e il dumping dei salari: da un lato l’assenza, in molti settori, di contratti collettivi che stabiliscano salari minimi. Dall’altro gli svariati metodi utilizzati da troppi datori di lavoro per aggirare i contratti collettivi esistenti.
Il risultato del test iniziale riserva una piccola sorpresa. Almeno per il numero di risposte la nazionalità non sembra essere un fattore decisivo. Di fatto, però, nessuna delle due candidate ha trovato lavoro.
Patti Chiari ha anche svolto un sondaggio chiedendo ai telespettatori di chi ritengono sia la responsabilità della situazione venutasi a creare in Ticino. E nonostante il tormentone “i frontalieri ci rubano il lavoro”, i ticinesi sembrano avere le idee molto chiare: la colpa non è dei lavoratori, da qualsiasi parte della frontiera stiano.
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