Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Non so se avete già avuto occasione di fare una settimana bianca nelle Alpi elvetiche e se vi è già capitato di utilizzare i trasporti pubblici per giungere a destinazione. Se la risposta è affermativa, vi siete sicuramente resi conto che il trasporto dei bagagli è pressappoco una delle dodici fatiche di Ercole. Da alcuni anni, però, le Ferrovie Federali Svizzere (FFS) propongono un servizio assai pratico: pagando un forfait di 43 franchi, si occupano di ritirare i bagagli a domicilio e di consegnarli due giorni dopo all'indirizzo indicato. La vostra coscienza ecologista è così salva. O almeno così credete. Sì, perché stando a quanto riporta oggi il Blick, l'attrezzatura sciistica spesso non viaggia in treno, bensì in camion. Interpellate dal quotidiano, le FFS spiegano che l'infrastruttura ferroviaria non permette di trasportare tutti i bagagli e che durante l'alta stagione invernale è necessario far capo a un sostegno esterno.
Qual è stato l’esito delle trattative salariali per il 2024? La centrale sindacale Travail.Suisse traccia un bilancio in chiaroscuro.
I negoziati per gli adeguamenti salariale del prossimo anno sono ormai agli sgoccioli. Gli stipendi reali dovrebbero aumentare leggermente, in particolare in quei rami dove vige un contratto collettivo di lavoro, ma in alcuni settori la situazione è piuttosto cupa. Se in alcuni rami a basso reddito, come quello dei parrucchieri e delle parrucchiere, le trattative tra sindacati e padronato hanno avuto esito positivo, con un aumento consistente delle buste paga, in altri, ad esempio nel settore chiave delle costruzioni, i negoziati sono invece falliti.
Una cosa è però certa, ha indicato Travail.Suisse: per l’economia nel suo insieme, dopo tre anni di calo del potere d’acquisto i salari reali ristagneranno e rimarranno al di sotto dei livelli prepandemici.
Thomas Bauer, responsabile della politica economica presso la centrale sindacale, ha sottolineato che la situazione finanziaria delle famiglie tra il 2021 e il 2023 è peggiorata come non mai negli ultimi 50 anni. Soprattutto, a suo avviso, in passato non c’è mai stata una tale resistenza da parte dei datori di lavoro all’adeguamento delle retribuzioni.
- La notiziaCollegamento esterno su RSI News.
- Il comunicatoCollegamento esterno di Travail.Suisse.
- Quali professioni riceveranno un aumento salariale nel 2024? Un giro d’orizzonteCollegamento esterno del Blick.
Nel 2022, sono 256’800 le persone che hanno percepito almeno una volta una prestazione finanziaria dell’aiuto sociale in Svizzera. La quota, diminuita di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno prima e attestatasi al 2,9%, era scesa a questo livello solo nel 2008.
“I timori che, come conseguenza a lungo termine della pandemia di Covid-19, soprattutto la disoccupazione possa avere un impatto negativo sull’aiuto sociale non sono stati confermati”, scrive lunedì l’Ufficio federale di statistica (UST) in un comunicato. A questo risultato positivo hanno contribuito, da un lato, le misure adottate dalla Confederazione e dai Cantoni e rimaste in vigore fino alla fine del 2021 e, dall’altro, la crescita economica e la situazione favorevole sul mercato del lavoro.
Nella maggior parte dei Cantoni, salvo Giura e Sciaffusa, la quota di aiuto sociale è diminuita (in 14) o è rimasta invariata (10). I tassi più elevati si ritrovano tra le persone straniere (5,9%), minorenni (4,8%) e divorziate. “Tuttavia – precisa l’UST – è proprio in questi gruppi a rischio che il calo è stato tendenzialmente più pronunciato”.
La relativa buona situazione in materia di aiuto sociale non deve però far dimenticare che l’inflazione ha conseguenze allarmanti per molte famiglie con risorse finanziarie limitate, ha da parte sua sottolineato Caritas Svizzera nel suo Almanacco sociale pubblicato oggi. L’ente che si occupa di venire in aiuto alle fasce di popolazione più precarie critica soprattutto il fatto che le reazioni del mondo politico al rincaro sono “contenute”. “Un quinto delle famiglie situate nella fascia più bassa della scala del reddito spende quasi l’intero stipendio per l’alloggio, il cibo, la salute e la mobilità, costi fissi su cui è difficile risparmiare”, ha indicato Aline Masé, responsabile del Servizio Politica sociale di Caritas Svizzera.
- La notiziaCollegamento esterno di Keystone-ATS sul sito Ticinonline.
- Il comunicatoCollegamento esterno dell’Ufficio federale di statistica.
- La presa di posizioneCollegamento esterno di Caritas Svizzera.
- In questo approfondimento, il mio collega Luigi Jorio presenta il mestiere dell’assistente sociale.
- In Svizzera quasi 750’000 persone hanno un reddito inferiore alla soglia di povertà. Ma a crescere è soprattutto quella fascia di popolazione che per ragioni finanziarie deve rinunciare a diversi beni e servizi. L’articolo del mio collega Riccardo Franciolli.
- Cosa significa vivere con il minimo esistenziale in Svizzera? Un approfondimento della mia collega Sibilla Bondolfi.
Durante il primo anno della pandemia, il corpo medico svizzero ha prescritto il doppio degli antibiotici rispetto al solito, malgrado la loro inefficacia contro i virus. È quanto emerge da uno studio condotta dall’Ospedale universitario e dall’Università di Basilea.
Se nel 2017 ogni 100 visite venivano prescritti antibiotici in otto casi, nel 2020 la proporzione è più che raddoppiata, passando a 16 prescrizioni ogni 100 visite. L’aumento si è verificato in tutte le classi di antibiotici, compresi quelli non destinati principalmente al trattamento delle infezioni respiratorie, stando alla ricerca presentata lunedì e pubblicata sulla rivista Clinical Microbiology and Infection.
Tra le possibili ragioni di questo incremento, gli scienziati citano il timore di ulteriori complicazioni batteriche in caso di infezione da Covid-19. Anche la mancanza di opzioni diagnostiche e terapeutiche potrebbe aver giocato un ruolo importante.
Questa evoluzione è fonte di preoccupazione, poiché l’uso eccessivo e inappropriato di antibiotici aumenta il rischio che i batteri diventino resistenti al principio attivo utilizzato, ha sottolineato il responsabile dello studio, Heiner Bucher. I batteri multiresistenti portano a infezioni praticamente non curabili. “Per le future pandemie virali, si dovrebbero stabilire piani di intervento con fasi di attivazione tempestive per ridurre al minimo il consumo ingiustificato di antibiotici nelle cure primarie”, aggiungono gli autori della ricerca.
- Il comunicatoCollegamento esterno dell’Università di Basilea e lo studioCollegamento esterno pubblicato sulla rivista Clinical Microbiology and Infection.
- Ogni anno in Svizzera circa 300 persone muoiono a causa di batteri resistenti agli antibiotici. L’articoloCollegamento esterno di Keystone-ATS ripreso dal portale bluewin.ch.
- La ricerca per sviluppare nuovi antibiotici langue. L’approfondimento della mia collega Jessica Davis Plüss.
Circa un terzo degli ucraini e delle ucraine rifugiate in Svizzera a causa della guerra sperano di tornare un giorno in patria, mentre una proporzione simile è di opinione opposta.
A fine ottobre oltre 67’000 persone di nazionalità ucraina erano in procedura d’asilo in Svizzera. Stando a un sondaggio della Segretaria di Stato della migrazione (SEM), dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dell’istituto Ipsos reso noto oggi, circa un terzo di loro auspica di poter tornare un giorno a casa, un altro terzo non vede invece nessun futuro in patria e il 40% si dice indeciso.
I principali ostacoli per un ipotetico ritorno sono i problemi di sicurezza e l’occupazione russa, oltre all’impossibilità di accedere alle cure sanitarie o a un lavoro. Il 21% delle persone fuggite dall’Ucraina aveva un impiego in Svizzera al momento dell’inchiesta. Tuttavia, per la metà di loro, l’attuale attività è di un livello inferiore rispetto a quella che svolgevano a casa. Un terzo dei sondati è invece in disoccupazione e un quarto segue una formazione professionale.
La più grande barriera all’integrazione nel mercato del lavoro è rappresentata dalla lingua. Altre difficoltà sono la mancanza di opportunità all’altezza delle proprie qualifiche, una formazione insufficiente e uno scarso riconoscimento dei diplomi acquisiti in Ucraina. In totale, il 69% dei rifugiati nella Confederazione possiede un titolo di studio universitario.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative