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Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

se avete dei figli e delle figlie immagino che si comportino educatamente. Di solito funziona così. Ma non sembra l’opinione condivisa dalle e dai docenti elvetici. Due terzi di loro, indica un recente studio promosso dall’associazione di categoria (LCH), hanno subito violenze (in genere verbali) negli ultimi cinque anni, spesso ad opera degli stessi genitori.

Nel 15% dei casi le aggressioni sfociano però in atti fisici. Il problema emergente riguarda soprattutto i ragazzi e le ragazze difficili, con disturbi comportamentali e gli insegnanti, indica l’associazione mantello, stanno perdendo la pazienza.

Anche perché non sembra esserci alcuna collaborazione da parte delle famiglie. Spesso proprio quelle famiglie da dove sono originati quei problemi comportamentali che poi si manifestano a scuola. Ma ora vi vogliamo parlare d’altro,

buona lettura.

cs
© Keystone / Michael Buholzer

L’emorragia di capitali dal Credit Suisse, che si è garantito la sopravvivenza con il recente accordo concordato con le autorità federali che ha portato alla sua acquisizione da parte dell’ex concorrente UBS, è continuata nella prima parte dell’anno.

Nel primo trimestre dell’anno il deflusso di patrimoni amministrati è stato pari a 61 miliardi di franchi, vale a dire il 5% in meno rispetto alla fine dell’anno. Anche i depositi dei e delle clienti si sono ridotti di 67 miliardi, denotando un’evoluzione che, pur essendosi stabilizzata dopo il crollo di metà marzo, sta proseguendo. Il totale dei patrimoni gestiti dal gruppo bancario zurighese è sceso da 1’294 miliardi a fine dicembre a 1’253 miliardi (le cifre degli averi sui conti e degli investimenti privati amministrati sono in parte sovrapposte).   

Per il resto il bilancio dei primi tre mesi dell’anno di Credit Suisse evidenzia un regresso in tutte le voci dei suoi conti, ad eccezione di quelli relativi alle attività elvetiche: i ricavi sono calati del 40% e la perdita prima delle imposte è calcolata in 1,3 miliardi, tendenza questa che dovrebbe consolidarsi nel corso dell’esercizio 2023.

Risultati, comunque, che erano attesi dai mercati (che li avevano già scontati): a Zurigo il titolo della banca zurighese si è apprezzato (in mattinata guadagnava l’1,7%). Il vero interrogativo a questo punto riguarda i tempi con i quali UBS procederà all’integrazione delle sue attività.

evacuazione
Keystone / Bundeswehr Handout

L’ambasciata elvetica a Karthoum è stata chiusa e il personale, con le rispettive famiglie, è stato evacuato a causa della guerra che sta insanguinando il Sudan.

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha fatto sapere che sette dipendenti e cinque accompagnatori e accompagnatrici sono al sicuro e in buona salute. Due di loro sono diretti in Etiopia e gli altri sono riparati, con l’aiuto della Francia, a Gibuti.  

Attualmente nel Paese africano vi è circa un centinaio di cittadini e cittadine svizzere ma solo un’esigua minoranza di essi sembra intenzionata a fare le valigie. Per il loro eventuale rimpatrio, Berna non organizza direttamente operazioni sul campo ma si avvale della collaborazione con gli Stati vicini con cui concorda le modalità dell’intervento. Gli e le interessate possono rivolgersi alla helpline disponibile sul sito del DFAE.

Oltre alla Francia, che ha preso a carico parte del personale dell’ambasciata elvetica, anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani aveva affermato ieri sera che tra le persone trasferite a Gibuti su un C130 dell’aeronautica italiana figuravano decine di elvetici.  

salari
© Keystone / Georgios Kefalas

In Svizzera l’anno scorso si è assistito a un calo dei salari, in termini reali, che non si vedeva dai tempi del secondo conflitto mondiale.

Le retribuzioni medie dei lavoratori e delle lavoratrici elvetiche nel 2022, tenuto conto dell’inflazione che è stata del 2,8% – trainata in particolare dall’incremento dei costi energetici – sono infatti calate dell’1,9% (l’aumento nominale dei salari si è infatti fermato allo 0,9%).

Ad essere particolarmente colpito, indica oggi l’Ufficio federale di statistica (UST), è stato il settore secondario in cui c’è stata una perdita del potere d’acquisto pari al 2,1%: solo nel ramo chimico-farmaceutico gli stipendi sono aumentati (+1,2%). Ad essere maggiormente penalizzate sono state le donne, con una contrazione reale delle loro retribuzioni pari al 2,0% (-1,7% per gli uomini).

Preoccupazione per l’evoluzione reale dei salari è stata espressa dall’Unione sindacale (USS) secondo cui molte aziende si rifiutano di compensare il rincaro, sebbene siano esse stesse ad aumentare i prezzi e malgrado una situazione dei profitti florida. E sono proprio i settori in cui gli stipendi tendono a essere già bassi, indica una nota dei sindacati, a fare peggio, come l’industria alberghiera e della ristorazione, i servizi postali e di corriere, il commercio al dettaglio e l’edilizia.

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© Keystone / Ennio Leanza

Su 8,5 milioni di residenti in Svizzera, 6’445 si trovano chiusi dietro le sbarre di un istituto penitenziario. Lo rivela oggi l’Ufficio federale di statistica secondo cui l’anno scorso c’è stato una diminuzione del 7% della popolazione carceraria rispetto al 2019, l’ultimo anno prima della pandemia, e del 13% rispetto al 2021.

Le prigioni sembrano peraltro essere un ambiente che si addice all’universo maschile: gli uomini sono infatti il 94,1% dei detenuti (5,9% le detenute). Una certa predisposizione per le divise a righe sembra esserci nelle regioni latine (tra cui il Ticino) dove i carcerati sono aumentati del 9% in 12 mesi.

Nella Svizzera centrale e nordoccidentale l’incremento è stato del 7% mentre nella parte orientale della Confederazione si è assistito a una riduzione del 38%. Cifre che comunque vanno interpretate alla luce della chiusura di diversi istituti di pena in quest’ultima parte del Paese, con conseguente affollamento nelle altre regioni.

Sul totale dei carcerati e delle carcerate il 65% sta scontando una pena (in parte anche sotto forma di esecuzione anticipata), il 30% si trova in detenzione preventiva mentre il 5% è soggetto a misure coercitive di altra natura (come per i casi previsti dalle norme federali sugli stranieri).

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