La televisione svizzera per l’Italia
proiettili

Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori, 

oggi ho scoperto che nella cucina del migliore ristorante al mondo – il Geranium di Copenhagen, tre stelle Michelin – c'è anche un po' di Svizzera e di Ticino in particolare. Da qualche mese, infatti, ci lavora Andrea Sanguin, un cuoco 24enne di Mendrisio.  

In un'intervista rilasciata a un portale di notizie online ticinese, spiega che il suo attuale salario è di 2'000 euro, di cui spende la metà per l'affitto di un monolocale. Poi sono andata a consultare la carta del Geranium: il menu degustazione costa un quarto del suo salario. Come diceva qualcuno… qualquadra non cosa. 

Detto ciò, vado a prepararmi un modestissimo piatto di pasta e vi lascio alla lettura delle notizie del giorno.   

scatola di viagra originale accanto a scatola di viagra contraffatto
Keystone / Sakchai Lalit

Nel 2022 le dogane svizzere hanno sequestrato e distrutto 6’793 spedizioni di farmaci importati illegalmente. Gli stimolanti erettili hanno rappresentato il 79% delle confezioni. Seguono i sonniferi e i tranquillanti con il 6% delle crisi. 

Il numero di sequestri è diminuito del 25% rispetto al 2021, anno in cui le importazioni illegali erano particolarmente elevate, ha dichiarato venerdì Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici. Le quantità del 2022 sono simili a quelle registrate nel 2020. 

La maggior parte dei prodotti illegali proviene dall’Asia: il 26% dall’India e il 27% dal resto del continente, Singapore e Hong Kong in particolare. Oltre un terzo (34%) proviene invece dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Polonia. 

“I medicamenti illegali”, si può leggere nel comunicato di Swissmedic, “spesso non contengono principi attivi o hanno principi attivi falsamente dichiarati ed eventualmente additivi nocivi. Chi acquista medicamenti da fonti dubbie mette in pericolo la propria salute e favorisce fornitori criminali“.  

sportello di cassetta di sicurezza bancaria aperta
© Keystone / Gaetan Bally

La Legge sulle banche (LBCR) ostacola anche il lavoro di storiche e storici, non solo quello di giornaliste e giornalisti: lo denuncia la Società svizzera di storia (SSS) in una lettera inviata al Dipartimento federale delle finanze (DFF), nella quale chiede di tener conto anche delle esigenze della ricerca storica. 

La società, che rappresenta 1’700 storiche e storici, ha pubblicato sul suo sito web la missiva indirizzata alla direttrice del DFF Karin Keller-Sutter. Lo scritto fa riferimento alla mozione “Garantire la libertà dell’informazione riguardo ai temi concernenti la piazza finanziaria” della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio Nazionale che chiede al Consiglio federale di modificare l’articolo 47 della legge sulle bancheCollegamento esterno, che protegge il segreto professionale. 

La SSS sottolinea che l’articolo in questione ha un impatto anche sul suo lavoro: “La ricerca sulla storia della piazza bancaria elvetica dipende dall’accessibilità delle fonti. Le banche svizzere però spesso negano ai ricercatori l’accesso ai loro archivi basandosi sull’articolo 47 della LBCR, motivo per cui gli studi basati sulle fonti e sui fatti nel settore bancario svizzero non sono quasi più possibili”, si legge nella lettera. Gli istituti di credito temono infatti che le e i dipendenti che consegnano documenti a ricercatori e ricercatrici possano incorrere in sanzioni.  

La SSS chiede quindi di tenere conto anche degli interessi della ricerca storica e in particolare di garantire che i documenti che sono stati accessibili al pubblico rimangano accessibili. La rivista “Beobachter” ha rivelato ieri in un articolo che UBS ha negato l’accesso ai documenti che la Commissione indipendente di esperti Svizzera-Seconda guerra mondiale (Commissione Bergier) aveva già esaminato tra il 1996 e il 2001. “A distanza di vent’anni, la maggior parte di questi file non è più accessibile”. Il principio della verificabilità, di fondamentale importanza per la ricerca, risulta quindi inapplicabile, scrive la SSS.  

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Keystone / Facundo Arrizabalaga

La Confederazione non cede sulla riesportazione di armi di produzione elvetica: la Spagna si è vista rifiutare la richiesta di fornire all’Ucraina due cannoni antiaerei da 35 millimetri made in Switzerland. Negli scorsi giorni anche Germania e Danimarca hanno avuto la stessa risposta. 

Madrid aveva presentato la domanda alla Segreteria di Stato dell’economia (Seco) lo scorso 16 gennaio. La Seco l’ha però rifiutata, basandosi sull’articolo 18 della Legge sul materiale bellicoCollegamento esterno. Il Consiglio federale ha deciso nel mese di giugno dello scorso anno di vietare questo tipo di operazioni verso Paesi coinvolti in un conflitto armato, come è attualmente il caso dell’Ucraina. “Le regole sono chiare”, ha dichiarato il presidente della Confederazione Alain Berset in un’intervista rilasciata un mese fa all’agenzia Keystone-ATS.  

L’allentamento di queste regole – cui sono favorevoli le Commissioni della politica di sicurezza dei due rami del Parlamento – è oggetto di discussioni politiche, anche all’interno degli stessi partiti.  

Pochi giorni fa il senatore dell’UDC (destra conservatrice) Werner Salzman si era detto favorevole a un allentamento anche retroattivo delle regole. Contrario, parzialmente, il volto storico del partito Christoph Blocher, invece: per lui l’allentamento va applicato, ma non in maniera retroattiva. Disaccordo anche tra i socialisti: il PS nazionale è favorevole alla riesportazione, quello ticinese no.  

mezzo busto di uomo dai lineamenti asiatici in giacca e cravatta con capelli neri e occhiali
Keystone / Ritchie B. Tongo

Per il ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu, la visita di sei giorni della delegazione parlamentare svizzera sull’isola è un importante passo non solo per l’intensificazione dei rapporti tra Berna e Taipei, ma anche per un miglioramento dei rapporti con la Cina.  

Nonostante sia cosciente del fatto che la delegazione – guidata dai consiglieri nazionali Fabian Molina (socialista) e Nicolas Walder (Verdi) – non rappresenti ufficialmente il Governo elvetico, Joseph Wu ha dichiarato ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana che questi scambi aiutano a conoscersi e capirsi meglio.  

Già a dicembre, in un’intervista rilasciata al quotidiano svizzerotedesco Tages-Anzeiger, Wu aveva invitato la Confederazione a essere più neutrale nella disputa tra Taiwan e la Cina invece di schierarsi dalla parte di Pechino.  

Berna non riconosce Taiwan come Stato sovrano – sono solo 13 i Paesi al mondo che lo hanno fatto – e non ha quindi relazioni diplomatiche con l’isola. Per Wu, però, se il Governo elvetico si esprimesse chiaramente contro il cambiamento unilaterale dello status quo (per Pechino l’isola fa parte del territorio cinese) e in favore della pace e della stabilità nello stretto di Taiwan, l’impatto sulla Cina sarebbe grande.  

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