Oggi in Svizzera
Care lettrici, cari lettori,
quella delle corna delle mucche è una questione che da anni agita gli animi in Svizzera: tagliarle o non tagliarle? Nel 2018 la popolazione ha respinto un’iniziativa che voleva abolire questa pratica. Ora però chi decide di non modificare l’aspetto dei propri animali potrebbe essere indennizzato: la proposta del “senatore” socialista Roberto Zanetti piace ad alcuni suoi colleghi, che hanno deciso di sostenerla. L'ultima parola spetterà ora al Consiglio degli Stati".
Ora facciamo un esperimento: chiudete gli occhi e pensate all’immagine più bucolica che vi viene della Svizzera. Nove volte su 10 si tratterà di una mucca in un prato. Ha le corna o no?
Qualunque sia la risposta, non è né giusta né sbagliata. Se però le mucche non vi interessano, potete dedicarvi alla lettura delle altre notizie della giornata qui di seguito.
La guerra in Ucraina scalza i premi di cassa malattia in testa alle preoccupazioni degli svizzeri: è quanto emerge da un sondaggio rappresentativo svolto dal sito di confronti Moneyland.ch, che però non ha preso in considerazione la Svizzera italiana.
Il 62% delle 1’500 persone interrogate in Svizzera tedesca e in Romandia dall’istituto di ricerche di mercato Ipsos è più preoccupato dal conflitto che dai cambiamenti climatici (57%) o dalla Russia (56%). Al quarto posto si trova la situazione generale dell’ambiente e al quinto i premi delle assicurazioni malattia, che nel 2021 erano al primo posto.
Complessivamente, ad essere più preoccupate sono le donne rispetto agli uomini e la fascia di popolazione tra i 50 e i 74 anni. Il Covid-19, inoltre, è stato menzionato da meno di una persona su 4 (23%), contro il 50% di un anno fa.
Dal sondaggio sono pure emerse grandi differenze regionali: i romandi sono generalmente più preoccupati rispetto agli svizzerotedeschi e piazzano al primo posto la propria salute e i premi di cassa malattia. La popolazione germanofona, invece, teme di più la guerra in Ucraina e la Russia.
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La notiziaCollegamento esterno riportata dal portale RSI News
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Il Barometro delle apprensioni degli svizzeri del 2021
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Dagli archivi: nel corso della Guerra Fredda gli svizzeri avevano paura del comunismo
Nel 2021 sono aumentati i reati economici in Svizzera: 68 i casi affrontati dai tribunali elvetici, conclusi con una condanna e che concernevano una somma di reato superiore ai 50’000 franchi. A rivelarlo è uno studio di KPMG, che rivela una progressione del 31% rispetto all’anno precedente.
I danni totali dei reati ammontano a 567 milioni di franchi (+60%), scrive la società di consulenza nel suo tradizionale barometro delle frodi (“Forensic Fraud Barometer”). Questo dato, va detto, è influenzato però anche da un singolo caso di 300 milioni concernente una 71enne tedesca condannata dal Tribunale Penale Federale (TPF) di Bellinzona a 45 mesi di detenzione per ripetuta falsità in documenti, truffa per mestiere e cattiva gestione: era direttrice della fallita società commerciale lucernese Fera e aveva ottenuto prestiti dalle banche producendo documenti fittizi.
Secondo KPMG, inoltre, le cifre del numero dei casi devono essere trattate con cautela. La statistica concerne infatti solo le vicende giudiziarie pubbliche: l’esperienza dimostra tuttavia che la maggior parte dei reati non viene nemmeno denunciata. Si può presumere che il numero di malversazioni sia quindi significativamente più elevato.
A essere prese di mira sono spesso le istituzioni pubbliche (25 nel 2021). Seguono le aziende (23) e le persone private (11). La gran parte dei danni (416 milioni) è stata provocata da truffatori professionisti, seguiti dai dirigenti (124 milioni): questi ultimi dispongono spesso d’informazioni interne sensibili e sono in una posizione di forza per utilizzarle per scopi criminali, spiega l’esperta Anne van Heerden, citata in un comunicato di KPMG.
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La notiziaCollegamento esterno viene ripresa da laregione.ch
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Dai nostri archivi: “Reati finanziari in Ticino, a rischio la fiducia degli italiani”
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Le cifre chiave del 2021Collegamento esterno sul sito dell’Ufficio federale di statistica
Mentre nel resto del mondo il divario tra ricchi e poveri si fa sempre più profondo, in Svizzera la situazione è rimasta quasi inalterata negli ultimi decenni. La distribuzione dei redditi è piuttosto equa, mentre il patrimonio è invece più concentrato nelle mani di pochi.
Al lordo delle imposte, il 10% più ricco della popolazione elvetica consegue un terzo del reddito complessivo ed è così già dall’inizio degli anni ’30. Al netto della redistribuzione da parte dello Stato, la quota scende di qualche punto, al 30%. Un dato, anche questo, che è rimasto stabile.
Il reddito e la ricchezza, però, sono due cose diverse e chi guadagna di più non è automaticamente chi possiede di più: il 10% più abbiente della popolazione possiede infatti il 63% del capitale e questa percentuale è aumentata di sei punti dal 1995. La metà meno ricca della popolazione, invece, non arriva neppure al 4% del patrimonio.
Melanie Häner, direttrice del dipartimento di politica sociale all’Istituto di ricerca sulla politica economica svizzera (IWP) dell’Università di Lucerna, ritiene sorprendente che la Svizzera non sia oggi più iniqua di 100 anni fa, tenuto conto “dei diversi avvenimenti che hanno segnato il secolo scorso, come le crisi economiche e le guerre”.
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L’approfondimento della mia collega Pauline Turuban
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Dai nostri archivi: la bocciatura alle urne della cosiddetta “Iniziativa 99%”
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Uno studio dell’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno sulla distribuzione dei redditi
La città di Losanna cerca un migliaio di persone a cui vendere cannabis legale. Si tratta di un progetto pilota che si vuole rivolgere a una cerchia di consumatori e consumatrici autorizzati. La vendita sarà affidata a un’associazione senza scopo di lucro cui verrà messo a disposizione un locale in centro città.
Un anno e mezzo di lavori e centinaia di ore di discussioni tra rappresentanti della polizia e della giustizia ed esperti della salute hanno portato al lancio del progetto, chiamato Cann-L, il cui slogan è “l’alternativa responsabile alla cannabis illegale”.
Non si tratta di liberalizzare il mercato, come è successo per esempio in alcuni Stati degli USA, ma di “monitorare gli effetti di una vendita legale laddove esiste anche un mercato nero e di osservare il comportamento di chi consuma”, ha spiegato il vicedirettore di Dipendenze Svizzera Frank Zobel, responsabile scientifico del progetto.
Il prezzo di vendita sarà uguale a quello applicato sul mercato illegale (10-13 franchi al grammo) e, secondo le regole applicate dalla Confederazione, gli acquirenti potranno procurarsi fino a 10 grammi di THC al mese (ossia circa 100 grammi di “erba” con il 10% di THC o 50 grammi di quella con il 20% di sostanza attiva). Chi partecipa al progetto pilota dovrà inoltre attenersi ad alcune regole di comportamento: divieto di consumo sul suolo pubblico e divieto di condivisione del prodotto con altre persone.
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La notiziaCollegamento esterno riportata da letemps.ch (in francese)
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Domande e risposte sulla canapaCollegamento esterno di Dipendenze Svizzera
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Dai nostri archivi: “Entro tre anni la canapa ritornerà nelle farmacie svizzere”
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