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Covid, clima e pensioni sono le cose che preoccupano di più in Svizzera

cartello raffigurante la terra che suda
Il cambiamento climatico rappresenta una delle principali preoccupazioni della popolazione svizzera. Keystone / Anthony Anex

Se fino a pochi anni fa era soprattutto la disoccupazione ad angosciare gli svizzeri e le svizzere, oggi le fonti di preoccupazione sono altre.

Giunto alla 45esima edizione, il cosiddetto Barometro delle apprensioni degli svizzeri, elaborato dall’istituto gfs.bern, per conto della banca Credit Suisse, traccia il quadro di quelli che sono i timori della popolazione e indaga anche il rapporto dei confederati con le autorità e l’identità del Paese.

Senza sorprese, come già l’anno scorso, nel 2021 la preoccupazione principale è legata alla pandemia di Covid-19.

Il 40% delle 1’722 persone con diritto di voto interrogate (che potevano enumerare cinque delle loro principali preoccupazioni) hanno indicato appunto il coronavirus. Nel 2020, la proporzione era stata del 51%.

In egual misura, la popolazione sondata si dice impensierita dal cambiamento climatico (39%, +10 punti percentuali in un anno) e dalla previdenza per la vecchiaia (pure 39%, +2 punti).

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Tra le cinque questioni più sensibili per il 2021 ci sono anche la gestione delle relazioni con l’Europa (33%) e l’evoluzione dei costi nel settore della sanità e delle casse malattia (25%). La disoccupazione (nono rango) è menzionata dal 14% degli interrogati. Da sottolineare che fino a pochi anni fa era proprio la disoccupazione a destare maggiori inquietudini.

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Credit Suisse

Svizzera resistente

Per Manuel Rybach, responsabile della politica al Credit Suisse, citato nella nota, questi dati traducono la fiducia della popolazione nelle “capacità di resistenza” della Svizzera, ciò che si rifletta anche nei timori nei confronti della disoccupazione: “Anche se più di un milione di persone sono state colpite dal lavoro ridotto, la preoccupazione per la disoccupazione, che era in cima alla lista, continua a diminuire, anche in questi tempi imprevedibili sul piano economico. Quest’anno è ad un livello storicamente basso tra le preoccupazioni della popolazione”.

“I temi che si impongono sono piuttosto di carattere postmaterialista e riguardano la giustizia sociale”, afferma, sempre citata nel comunicato, Cloé Jans, responsabile degli affari operativi di gfs.bern, incaricata del Barometro di Credit Suisse dal 1995. “Ci si chiede se questi siano gli inizi di un riorientamento graduale delle preoccupazioni che durerà a lungo termine o se siano semplicemente un fenomeno puntuale, che riflette una moda”. Jans, data l’importanza di questi valori per la gioventù, crede a un fenomeno duraturo.

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Credit Suisse

Fiducia nell’economia…

Il 65% degli interrogati considera la propria situazione economica come “molto buona” o “piuttosto buona”. Negli ultimi 25 anni, questo valore è stato superiore solo nel 2016 (68%).

Quanto al futuro, una netta maggioranza dell’elettorato rimane ottimista sulla capacità di mantenere almeno il proprio attuale livello di prosperità (75%) o addirittura di migliorarlo (12%). Rispetto all’anno scorso, la percentuale di intervistati che si aspettano un peggioramento della propria situazione economica è scesa ai livelli pre-pandemia (10%).

… e meno nella politica

Dopo un chiaro aumento della fiducia in quasi tutti gli attori della politica l’anno scorso, nel 2021 si registra un certo calo. La polizia gode del più alto livello di fiducia per la quarta volta consecutiva (63% degli intervistati ha fiducia in questa autorità; -7 punti), il che la mette alla pari con il Governo federale (-5 punti). Seguono il Tribunale federale (60%) e la Banca nazionale svizzera (51%).

C’è per contro stato un calo significativo della fiducia nel Parlamento federale (Consiglio degli Stati: 42%, -9 punti; Consiglio nazionale: 42%, -6 punti) così come nell’amministrazione pubblica (39%, -9 punti). Le Chiese e l’Ue (19% ciascuna) continuano a suscitare diffidenza.

Accordo quadro per relazione con l’Ue

Gli interrogati sono in maggioranza d’accordo con il Governo federale, che in maggio ha interrotto i negoziati con Bruxelles su un accordo quadro istituzionale. Per il 21% la decisione è stata “molto buona” e per un altro 30% “piuttosto buona”; il 16% la giudica però assai negativamente e il 24% piuttosto negativamente.

Il 76%, senza cambiamenti significativi rispetto al 2020, ritiene che una relazione stabile tra Confederazione e Ue sia importante. In contraddizione con l’opinione espressa in merito alla scelta del Governo, il 74% degli interrogati punta comunque su un accordo quadro per regolare le relazioni bilaterali, scrive CS.

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