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La crisi silenziosa del sistema sociosanitario

Allieve e allievi infermieri.
Keystone / Gaetan Bally

La formazione accelera, ma non basta: servono condizioni di lavoro migliori, flessibilità e valorizzazione del ruolo. La trasmissione della RSI Falò ha raccolto le testimonianze di chi, tra burnout e mancanza di riconoscimento, ha abbandonato corsie e reparti.

Il settore sociosanitario in Ticino e in Svizzera è sull’orlo di una crisi strutturale. Mancano all’appello 18’000 professioniste e professionisti, uno su tre abbandona prima del tempo e, con l’invecchiamento della popolazione, il numero di persone ultraottantenni bisognose di cure è destinato a raddoppiare nei prossimi anni. Una tempesta perfetta che mette a rischio la tenuta dell’intero sistema.

Dietro ai numeri, ci sono storie di burnout, frustrazione e disillusione. Infermiere e assistenti di cura raccontano di turni massacranti, carichi burocratici crescenti e una cronica mancanza di riconoscimento.

Dal programma della RSI Falò, “La cura sotto pressione”, prima parte:

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“I pazienti sono più complessi, il tempo è sempre meno. Chi si occupa di cure vorrebbe ascoltare, accompagnare, non solo fare”, ha recentemente spiegato Fabienne Cocchi, infermiera specializzata e responsabile della formazione di SCuDo, durante il programma AlphavilleCollegamento esterno della RSI.

Ma la realtà è fatta di straordinari non pagati, reparti sotto organico e una burocrazia che soffoca la relazione umana.

Il fenomeno della “fuga” del personale infermieristico non è nuovo, ma oggi assume contorni allarmanti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, entro il 2030 mancheranno 65’000 infermieri e infermiere solo in Svizzera.

Dal programma della RSI Falò, “La cura sotto pressione”, seconda parte:

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Malgrado il numero di iscritti al corso di laurea in Cure infermieristiche sia in costante aumento, secondo i dati raccolti dalla SUPSI, riposta ancora Alphaville, il 30% dei neo-laureati lascia il posto di lavoro entro il primo anno, il 57% entro il secondo. E non si tratta solo di giovani: anche professionisti di mezza carriera iniziano a cedere sotto il peso della fatica e della mancanza di prospettive.

Nonostante l’approvazione dell’iniziativa federale “Per cure infermieristiche forti” nel 2021, i tempi di attuazione sono lenti. Dal 2024 sono stati introdotti assegni di studio e incentivi per studenti e studentesse residenti, ma molte misure restano sulla carta.

“Se non ci diamo obiettivi chiari, rischiamo di perdere il controllo della situazione”, avverte Maria Giovanna Colatrella, responsabile della Formazione continua area sanità della SUPSI.

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Nel frattempo, si cerca di tamponare la carenza con personale frontaliero, spesso formato all’estero. In Ticino, circa il 30% degli operatori e delle operatrici sociosanitarie proviene dall’Italia. Ma non è una soluzione sostenibile. “Formiamo circa 240 infermieri all’anno, ma il fabbisogno è di 300-350”, spiega Colatrella. “E non possiamo parlare solo di numeri: serve qualità, accompagnamento, crescita professionale”.

Le esperienze raccolte negli ospedali e nelle case per anziani mostrano che la passione per questa professione resiste. Ma ha bisogno di tempo, ascolto, rispetto. E di una leadership capace di ispirare e valorizzare. “Dobbiamo prenderci cura di chi cura”, conclude Colatrella. “Organizzare percorsi professionali, accogliere le nuove generazioni senza pregiudizi, e accompagnarle. Altrimenti, li perdiamo tutti”.

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