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Prezzi delle case alle stelle in Engadina, i residenti scappano

Case di vacanza edificate nella regione della Surselva (GR).
Case di vacanza edificate nella regione della Surselva (GR). Keystone / Gian Ehrenzeller

Triplicato il costo degli immobili in 10 anni, nonostante la Legge Weber che doveva porre un tetto alle residenze secondarie, nella regione del Maloja (Grigioni). Impossibile trovare alloggi a prezzi alla portata delle famiglie.

La crisi degli alloggi non è ormai più una prerogativa dei centri urbani, come Ginevra e Zurigo. Ne sanno qualcosa le e gli abitanti di alcune rinomate valli alpine, in particolare l’Alta Engadina nel Canton Grigioni, che da alcuni decenni sono confrontati con un mercato immobiliare monopolizzato da persone ultrabenestanti provenienti da ogni parte del mondo.

Il servizio del settimanale di informazione della RSI Falò

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Se per le imprese locali – in particolare quelle attive nel settore delle costruzioni – e le casse cantonali l’evoluzione in atto è positiva, non si può dire altrettanto per la popolazione residente, che non dispone di un immobile di famiglia, e per la stessa manodopera di cui necessita il florido settore turistico.

La prospettiva concreta per questi ultimi è di non riuscire a trovare un appartamento a prezzi accessibili, nella migliore delle ipotesi, o di essere sfrattati per interventi di ristrutturazione o per cambio di destinazione dell’immobile (vendita o affitto a turisti a prezzi maggiorati) deciso dalla proprietà per ragioni speculative, nella peggiore.

Prezzi proibitivi per i residenti

Numerosi i casi che vengono riportati dalle cronache quotidiane. A Pontresina, piccolo comune di 2’200 abitanti nella regione del Maloja, a poca distanza dalla celebre Sankt Moritz, il 58% delle abitazioni sono ormai case secondarie. Nel vicino paese di Celerina (1’500 abitanti) la percentuale di immobili destinati a non residenti si eleva intorno al 70%.

Un fenomeno che per le famiglie che vivono in questa idilliaca valle si è aggravato recentemente con il Covid. Da tutta la Svizzera sono infatti giunte persone benestanti che si sono insediate sfruttando le nuove opportunità offerte dalla diffusione del telelavoro o per pensionarsi anticipatamente, scacciando di fatto le giovani famiglie con figli dotate di un minore potere d’acquisto.

+ Nei Grigioni, le residenze di lusso scacciano la popolazione locale
A porre rimedio alle pressioni sul mercato immobiliare doveva essere la cosiddetta Lex Weber, la legge approvata alle urne nel 2012 che ha introdotto vincoli alla vendita degli immobili, fissando una quota massima del 20% in ogni comune di immobili di proprietà a persone non residenti. Ma alla prova dei fatti, almeno nelle località alpine più gettonate dei cantoni Grigioni, Vallese e Berna, tali norme si sono rivelate inefficaci.

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Norme aggirate

Come segnala l’associazione Anna Florin, che si batte per rendere vivibile ai residenti l’Engadina, il tetto massimo del 20% di case secondarie non comprende le ristrutturazioni degli alloggi esistenti: detto in altro modo, non si possono costruire e comprare nuove case secondarie al di sopra della soglia legale ma è sempre consentita la trasformazione di quelle vecchie in ville o appartamenti di lusso che sono del tutto inaccessibili alle persone normali che vivono in queste rinomate località tutto l’anno.

Una seconda normativa, insiste l’associazione Anna Florin, ha poi nel 2021 contribuito a peggiorare le cose. È la revisione della legge sulla pianificazione del territorio che aveva lo scopo di aumentare la densità delle zone edificate per preservare i paesaggi naturali. In pratica però, viene sottolineato, il divieto di costruire al di fuori dei centri ha fatto lievitare i prezzi del parco immobiliare esistente.
I prezzi, sostiene l’organizzazione locale, sono triplicati da quando è entrata in vigore la Lex Weber, che invece di calmierare il mercato ha favorito la speculazione e un boom del settore.

Qualche esempio? Si possono spendere tranquillamente 9’000 franchi al metro quadrato per appartamenti di vacanze e ville di lusso ma a Survetta (Sankt Moritz) si può arrivare fino a 42’000 franchi al metro quadrato. “Le case storiche dell’Engadina vengono vendute a ricchi proprietari, trasformate in case di vacanza o utilizzate come luoghi di pensionamento anticipato”, insiste l’associazione Anna Florin.

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Esodo dalla valle

Nei villaggi, la popolazione anziana sta gradualmente scomparendo e succede spesso che i figli e le figlie, non avendo le risorse finanziarie per rilevare la quota dei coeredi, siano spesso costretti a vendere la casa di famiglia a fondi immobiliari o a promotori. Ne consegue l’inevitabile fuga dalla propria valle, per far posto a persone benestanti, spesso straniere, amanti delle bellezze naturali di queste località montane.

Emblematica, a questo riguardo, la vicenda della Chesa Faratscha a Celerina: nel 2022, le persone che risiedevano da molti anni in questi tre pregiati edifici storici sono state sfrattate. Il complesso edilizio, composto da 22 appartamenti, che un tempo era di proprietà della Posta Svizzera e che ospitava alcuni pensionati dell’istituto federale, è stato venduto all’impresa Neue Haus di Zugo.

Il nuovo proprietario sta portando avanti il progetto per la realizzazione di 14 appartamenti di lusso con prezzo “su richiesta”, con la precisazione, beninteso, che non dovrà essere inferiore a 5 milioni di franchi per unità abitativa.

Autorità locali impotenti

Da parte loro le autorità comunali sostengono di non essere state in grado di intervenire: la vendita è avvenuta a loro insaputa e in ogni caso le cifre non erano alla loro portata.

Alle e agli inquilini non è restato altro da fare che andarsene e solo cinque famiglie hanno trovato un alloggio in Alta Engadina, le altre – soprattutto le e i pensionati con redditi inferiori – hanno dovuto andarsene a Poschiavo o in regioni più lontane della Svizzera tedesca.

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Come intervenire per ridurre questi squilibri che hanno un forte impatto a livello sociale? L’associazione Anna Florin chiede leggi più severe a livello comunale, la tutela delle case costruite prima della Lex Weber, che non dovrebbero essere soggette solo alle regole del libero mercato e quote obbligatorie per le abitazioni primarie in caso di ristrutturazione. Già alcuni comuni, come Flims, lo fanno e altri ci stanno pensando.

I proprietari-elettori “frenano”

Le e gli oppositori sostengono però che gli elevati costi di ristrutturazione nella valle, che devono essere riversati sugli affitti, rendono impossibile l’applicazione di pigioni moderate.

Inoltre, il 70/80% delle elettrici e degli elettori nella regione è proprietario di immobili e il loro parere conta, soprattutto a livello locale. L’unica soluzione forse è quella di costruire appartamenti per la popolazione locale, estendendo i lotti edificabili.

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