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La lotta di Insaf Dimassi per diventare italiana

Insaf Dimassi mentre legge i, suo libro Dialoghi sul diritto di cittadinanza.
Insaf Dimassi mentre legge nel centro di Bologna il suo libro 'Dialoghi sul diritto di cittadinanza'. tvsvizzera.it

Insaf Dimassi è arrivata in Italia all’età di nove mesi e da allora ci vive e ci ha frequentato tutte le scuole, dall'asilo all'università. Eppure, per l’Italia è ancora una straniera. Sul tema ha recentemente pubblicato, con il magistrato Antonio Salvati, il libro "Dialoghi sul diritto di cittadinanza", proprio mentre il Parlamento si appresta a discutere la riforma della legge.

In Italia si torna a parlare di riforme della cittadinanza. Venerdì 24 giugno la Camera dei deputati avrebbe dovuto discutere le linee generali di una proposta di legge con le nuove norme sulla cittadinanza. In sede di commissione fino a pochi giorni fa dovevano ancora essere discussi e votati circa 350 emendamenti. L’oggetto è così stato rinviato a mercoledì 29 giugno.

Di cosa di tratta? Il testo base che verrà discusso alla Camera dei deputatiCollegamento esterno prevede che possa fare richiesta per la cittadinanza italiana ogni persona che sia arrivata in Italia prima di aver compiuto 12 anni e che abbia portato a termine un percorso scolastico di 5 anni. Prima conosciuta come “ius culturae”, oggi passa in Parlamento come “ius scholae”. 

A differenza dello “ius soli”, da sempre malvisto dai partiti di destra, con lo “ius scholae”, la situazione è un po’ cambiata, con Forza Italia che si è dimostrata aperta al dialogo sul tema, votando l’approvazione del testo base della legge.

Il caso scuola di Insaf Dimassi

Alla discussione parlamentare è molto interessata Insaf Dimassi, 25 anni tutti (o quasi) vissuti a Pavullo in provincia di Modena. Da anni la ragazza lotta per ottenere il passaporto italiano. Questa sua lotta l’ha recentemente portata a pubblicare, con il magistrato Antonio Salvati, il libro “Dialogi sul diritto di cittadinanza”.

Insaf Dimassi ha 25 anni. Nata in Tunisia, è arrivata in Italia all’età di nove mesi. Dopo tutto l’iter scolastico a Pavullo, si è laureata in Scienze politiche in relazioni internazionali a Bologna. In questo momento sta studiando la magistrale cooperazione internazionale e sta frequentando un corso di alta formazione in pratiche giuridiche e sociali per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Professionalmente è una mediatrice culturale e un’educatrice sociale e per passione è un’attivista politica.

“Dialoghi sul diritto alla cittadinanza”

Il libro scritto a due mani da Insaf Dimassi e Antonio Salvati (ed. Le Lucerne), è uscito il 31 maggio 2022. Un mese prima della discussione in aula della riforma sulla cittadinanza. Si tratta di un dialogo tra la ragazza e il magistrato. Attraverso l’analisi della storia di Insaf, il libro ci invita a meditare sulle contraddizioni e i limiti della legge nel disciplinare un campo così delicato ma urgente per tutte le persone nella situazione di Insaf. L’opera esamina a fondo e da diverse prospettive la questione della cittadinanza, toccando tematiche importanti e spinose di attualità e politica.

Una lucida riflessione, in cui Salvati dà il suo apporto, dal punto di vista giuridico, sulla legge che regola la concessione della cittadinanza in Italia e sulla proposta, accanto e al di là dello “ius sanguinis”, appunto di uno “ius scholae”. “Il nostro libro si inserisce nel vivo del dibattito sulla cittadinanza, anche se in realtà non è che il dibattito pubblico sia così attento a questo tema. Pochi hanno a cuore la nostra battaglia. Abbiamo comunque inviato il libro anche a diversi parlamentari e a diversi ministri per cercare di dare il nostro punto di vista. Non quello di altri che parlano per noi, ma noi che parliamo per noi”.

Con Insaf Dimassi ci diamo appuntamento in Piazza Maggiore a Bologna. Puntuale come un orologio svizzero, ci accoglie sorridente e davanti al primo caffè preso in un bar sito in uno dei vicoli laterali della Piazza, inizia a raccontare la sua storia che, come ama dire lei, non è né particolare né speciale visto che in Italia nelle sue stesse condizioni vivono circa un milione di persone. “È una storia, però, che può essere strumentale al racconto, per spiegare perché questa legge è sbagliata”, puntualizza Insaf.

Arrivata dalla Tunisia all’età di nove mesi, Insaf per una serie di sfortunati eventi (vedi l’inizio del video) ha perso tutti gli appuntamenti con la cittadinanza. “Non avere la cittadinanza italiana – ci racconta subito – vuol dire non avere le stesse opportunità e gli stessi diritti di quelli che ritengo miei concittadini. Perché per quanto io non abbia la cittadinanza, io mi sento una cittadina italiana”. Non solo: “vuol dire anche non poter viaggiare liberamente. Vuol dire avere opportunità lavorative dimezzate. Vuol dire non poter votare e non avere diritti politici. E soprattutto – e questo è ciò che mi fa maggiormente soffrire – vuol dire non vedermi riconosciuta una parte della mia identità”.

E per una ragazza laureata in scienze politiche, con la passione per la politica, non avere diritti politici sembra quasi un beffa. 

Identità, ma quale?

Insaf vive un grande paradosso. Per gli italiani è tunisina, per i tunisini è italiana: “In realtà – aggiunge – io mi sento perfettamente coerente ad essere completamente tunisina e ad essere completamente italiana. Come dico anche nel mio libro, la mia non è una sintesi ma un ampliamento. Io ho avuto la grandissima fortuna di nascere bilingue conoscendo due culture, conoscendo due standard di bellezza diversi. Questa ricchezza per me è un grandissimo valore aggiunto alla mia identità, che è perfettamente coerente ad essere sia italiana sia tunisina”

“Io mi sento perfettamente coerente ad essere completamente tunisina e ad essere completamente italiana”

Insaf Dimassi

È il concetto stesso di identità che è cambiato, che non può rimanere statico. Un concetto approfondito anche nel libro scritto con il magistrato Salvati. “L’identità è un concetto fluido. Ce lo insegna anche Bauman. Si può essere italiani anche con un background migratorio”, sottolinea Insaf Dimassi. “Noi pensiamo che innanzitutto sia una questione generazionale, perché tra i miei coetanei nessuno si pone il problema se io sia o meno italiana perché lo danno per scontato. I giovani oggi hanno anche un concetto più ampio di identità, sono più internazionali, viaggiano di più, conoscono un mondo diverso, più variegato”.

La nostra passeggiata per le viette tortuose e affollate del centro di Bologna si fa piacevole come la nostra discussione che diventa sempre più serrata. Sulla questione dell’identità, Insaf continua: “la cosa importante è che bisogna spiegare che non si va a sostituire niente. Semplicemente si allarga lo spazio dei diritti, si allarga lo spazio dell’identità, ci si conosce, si conosce la diversità ed è ancora più bello perché diventa tutto più ricco”.

“Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del 12esimo anno di età, che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e che abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale acquista la cittadinanza italiana”.

Trattandosi però di un testo base, nel corso dell’iter per diventare legge potranno essere approvati diversi emendamenti che ne posso cambiare l’impianto.

Va chiarito che Insaf non mette in discussione la legge in sé sulla cittadinanza “Io non sono per eliminare lo “ius sanguinis” e poi creare una legge ex novo” chiarisce immediatamente, prima di aggiungere“semplicemente la legge 91 del 1992Collegamento esterno ha delle lacune che vorremmo colmare”. L’attuale legge che regola la cittadinanza nasce nel 1992, quando l’Italia conosce unicamente l’immigrazione di prima generazione. Non solo: le persone regolarmente giunte in Italia sono circa 600’000. Oggi sono 5 milioni (dati Istat 2021Collegamento esterno).

Vi sono tre modi per acquisire la cittadinanza svizzera: l’acquisizione per  filiazione paterna o materna, il cosiddetto “ius sanguinis”. L’acquisizione in seguito alla naturalizzazione. La cittadinanza può essere acquisita anche in seguito all’adozione da parte di un genitore svizzero.

Per la naturalizzazione esiste una procedura “ordinaria” e una procedura “agevolata”.

Ordinaria

Può far domanda chi è titolare di un permesso di domicilio C o chi è legato da un’unione registrata con un cittadino o una cittadina svizzeri.

La legge chiede almeno dieci anni di domicilio in Svizzera. Attenzione: il tempo trascorso sul suolo elvetico tra gli 8 e i 18 anni conta il doppio, ma una domanda di naturalizzazione non può essere presentata prima di sei anni di soggiorno effettivo.

A seconda dei Cantoni, bisogna anche prevedere da due a cinque anni di soggiorno minimo nel Comune o nel Cantone prima di poter presentare una domanda di naturalizzazione.

Inoltre la lege svizzera prevede che le persone siano integrate con successo, che si siano familiarizzate con le condizioni di vita in Svizzera e che non mettano in pericolo la sicurezza interna o esterna della Confederazione.

Procedura di naturalizzazione agevolata

Può chiedere questa procedura agevolata il marito o la moglie di una persona svizzera, il figlio di una persona svizzera, una persona di età inferiore ai 40 anni appartenente a una famiglia straniera che si trova in Svizzera da tre generazioni (dal 5 febbraio 2023 l’età massima passa a 25 anni) o un apolide minorenne.

Informazioni precise ed esaustive le potete trovare quiCollegamento esterno.

Il contesto numerico e il contesto sociale sono completamente diversi rispetto al 1992. Allora non esisteva la categoria sociale che esiste oggi: quella delle seconde generazioni. “Queste persone, come me – ricorda Insaf – sono un po’ figli della patria di origine dei propri genitori e poi figli dell’Italia. Io dico sempre che ho due mamme, ho una mamma adottiva che è l’Italia, che mi ha cresciuta e mi ha reso quello che sono. E una mamma biologica, che è la Tunisia, che mi ha messo al mondo”.

Tutte queste persone di seconda generazione vivono oggi in un limbo che la legge 91 del 1992 non contempla. “Per tutti questi motivi – conclude Insaf – noi vogliamo inserire il cosiddetto “ius scholae”, che prevede un accesso facilitato alla cittadinanza. Vogliamo semplicemente arricchire questa legge per fare in modo che sia più giusta e che allarghi lo spazio dei diritti perché, come mi piace sempre dire, più diritti ci sono, più sono tutti felici e quindi è un po’ questo il nostro obiettivo, allargare la felicità”.

Insaf ci lascia con un sorriso nell’afa pomeridiana di Bologna. La attende un pomeriggio di studi. Il suo passo, nonostante il caldo, resta fermo, i suoi obiettivi sono chiari. A noi spetta ora raccontare la sua storia.

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