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Immigrati, un passaporto per la terza generazione

Bisogna facilitare l’ottenimento della cittadinanza svizzera ai nipoti d’immigrati? È una delle tre domande cui i cittadini elvetici erano chiamati a rispondere domenica 12 febbraio. Il popolo ha anche dovuto esprimersi sulla creazione di un Fondo per la manutenzione e l’ampliamento della rete stradale nazionale e su una riforma fiscale che tocca in particolare le holding attive all'estero, ma che hanno attività amministrative o la sede fiscale in Svizzera.

Puntuale come un orologio svizzero, ogni anno, tra febbraio e marzo, i cittadini elvetici sono chiamati alle urneCollegamento esterno. Si tratta del primo dei quattro appuntamenti annuali. E puntualmente i cittadini con il diritto di voto hanno ricevuto per corrispondenza le informazioni puntuali. Questa volta il tema che ha scaldato maggiormente il dibattito politico è stato quello sulla naturalizzazione dei giovani stranieri nati e cresciuti in Svizzera. 

1. Naturalizzazione agevolata agli stranieri di terza generazione

In Svizzera, come in quasi in tutti i paesi europei, non esiste lo “ius soli”. Terra di immigrati a partire dalla fine del 19esimo secolo, ma soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli abitanti stranieri a fine 2016 erano poco più di 2 milioni, ovvero il 25% della popolazione totale. Molti di questi, però, sono stranieri di seconda e terza generazione. Questi ultimi sono giovani nati e cresciuti nella Confederazione. La loro patria è la Svizzera. Tuttavia, se decidono di naturalizzarsi, oggi devono fare i conti con una procedura lunga, onerosa e spesso molto impegnativa.

Ora, le autorità federali vogliono facilitare la loro naturalizzazioneCollegamento esterno, agevolando la procedura per l’ottenimento del passaporto. La destra denuncia “una svendita della nazionalità”, mentre i sostenitori della modifica ritengono che sia un gesto di legittimo riconoscimento verso i giovani cresciuti in Svizzera.

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Trattandosi di una modifica costituzionale, la questione è sottoposta al giudizio del popolo.  

Sebbene si parli di “naturalizzazione agevolata”, le condizioni per ottenere la cittadinanza restano molto severe. Infatti affinché uno straniero di terza generazione possa beneficiare di questa agevolazione deve avere meno di 25 anni, essere nato in Svizzera e avere frequentato almeno 5 anni una scuola obbligatoria nella Confederazione. Non solo. Uno dei due genitori deve aver abitato più di 10 anni in Svizzera e almeno un nonno deve aver avuto un permesso di dimora o essere nato su suolo elvetico. In breve si chiede che il giovane che fa domanda di naturalizzazione agevolata deve essere integrato nella realtà svizzera.

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Secondo uno studio pubblicato in dicembre, i giovani che potrebbe richiedere la naturalizzazione agevolata dovrebbero essere circa 2’200 all’anno. I sondaggi danno per certo che popolo e cantoni (una modifica costituzionale necessita di questa doppia maggioranza) accetteranno di concedere il passaporto rossocrociato ai giovani della terza generazione.

 

2. Riforma III delle imprese

Molta della ricchezza fiscale della Confederazione è dovuta alle aziende che operano all’estero ma che hanno attività amministrative o una sede fiscale sul territorio elvetico. Queste società, che godono di un regime fiscale privilegiato, impiegano circa 150mila persone e generano quasi la metà delle entrate fiscali delle persone giuridiche (in prevalenza società anonime).

La cosiddetta Riforma 3 delle impreseCollegamento esterno servirà ad adeguare la legge svizzera ai nuovi standard internazionali. Detto altrimenti, sono state le pressioni dall’estero, soprattutto dell’Unione europea, ad obbligare la Confederazione ad adeguare il suo sistema di imposizione fiscale delle imprese, troppo attraente secondo l’Ue che già nel 2007 aveva denunciato le pratiche fiscali elvetiche. 

La Riforma provocherà perdite per circa 3 miliardi di franchi per Confederazione, cantoni e comuni.

Attualmente gli utili di queste società holding o sono esentasse a livello cantonale o sono tassati con aliquote molto più basse rispetto alle imprese che effettivamente sono attive in Svizzera. Secondo l’Ue questi regimi speciali distorcono la concorrenza fiscale.

Dopo anni di strenua resistenza, la Svizzera ha dovuto piegarsi alle offensive congiunte di Ue, G20 e OCSE: i regimi fiscali privilegiati verranno soppressi.

Questo significa che in futuro gli utili di tutte le aziende, senza eccezioni, saranno sottoposti alle stesse aliquote cantonali. Per evitare un forte aumento dell’imposizione delle società holding che fino a oggi hanno goduto di privilegi fiscali, la Confederazione vuole introdurre nuove misure di sgravio fiscaleCollegamento esterno. In pratica, per evitare la fuga di queste società, la maggior parte dei cantoni ha deciso di ridurre le aliquote a tutte le aziende. Di conseguenza ci saranno minori entrate fiscali.

La Riforma provocherà perdite per circa 3 miliardi di franchi per Confederazione, cantoni e comuni. Un regalo per le aziende secondo il partito socialista che ha lanciato il referendum, e un’ulteriore pressione fiscale per la classe media che dovrà sopportare un maggiore carico fiscale per compensare le perdite.

Per i partiti di centro e di destra, che sostengono la Riforma, non si tratta di regali fiscali alle aziende ma di misure di compensazione per mantenere competitiva la piazza economica elvetica.

Il risultato della votazione in questo caso è incerto. 


3. Fondo per le strade nazionali

Per quanto la Svizzera sia piccola, la manutenzione e l’ampliamento delle sue infrastrutture stradali è parecchio onerosa. Per pianificare e assicurare il finanziamento, la Confederazione vuole creare un Fondo per le strade nazionaliCollegamento esterno. Attualmente esiste già un fondo infrastrutture che è alimentato dall’imposta sugli oli minerali e dal contrassegno autostradale (la famosa “vignetta” da 40 franchi). Questi mezzi finanziari, secondo le autorità federali, in futuro potrebbe non bastare. I costi di manutenzione e ampliamento delle strade continuano infatti ad aumentare e nel contempo le entrate sono diminuite (le automobili consumano sempre meno benzina…).

In una prima fase si prevede di far confluire entro il 2030 circa 6,5 miliardi di franchi in progetti destinati a eliminare i problemi di capacità. 

Basti pensare che le imposte sugli oli minerali – 30 centesimo al litro di benzina o diesel – sono invariate dal 1974. Senza un intervento immediato, il finanziamento delle strade nazionali non è più garantito. Per la Confederazione occorre dunque creare un nuovo Fondo che disponga di maggiori mezzi finanziari. Secondo la proposta al vaglio del voto popolare, a questo Fondo devono essere attribuiti il 60% dell’imposta sugli oli minerali (oggi 50%) che nel contempo saliranno da 30 a 34 centesimo al litro. Inoltre anche le tasse sulle importazioni di autovetture dovranno confluire in questo Fondo e non finire nelle casse generali della Confederazione. In totale questo significa aumentare di circa 650 milioni di franchi i soldi a disposizione per le strade nazionali. In totale ogni anno saranno a disposizione del Fondo circa tre miliardi di franchi.

L’oggetto in votazione non ha creato particolari dibattiti e dovrebbe essere accettato da popolo e cantoni (anche in questo caso si tratta di una modifica costituzionale). Un analogo fondo esiste anche per l’infrastruttura ferroviaria che dispone annualmente di circa 6 miliardi di franchi.





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