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Il clan dei Casamonica a Roma “era mafia”

quadro con cavalli
L'interno di una casa del clan Casamonica durante un'operazione di polizia nell'ottobre 2020. Keystone / Ansa/massimo Percossi

I giudici del Tribunale di Roma hanno riconosciuto l'associazione di stampo mafioso per l'organizzazione criminale attiva nella capitale. Condanne a 400 anni complessivi per una quarantina tra capi e affiliati alla famiglia.

Non dei delinquenti comuni ma dei veri e propri mafiosi: è quanto stabilito dai giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma, che lunedì hanno inflitto pesanti condanne ai principali esponenti della famiglia, accogliendo l’istanza della Procura, che aveva chiesto oltre 630 anni di reclusione.

Il boss Domenico Casamonica è stato condannato a 30 anni di carcere, Giuseppe e Luciano Casamonica rispettivamente a 20 e 12 anni, mentre in primo grado Salvatore, Pasquale e Massimiliano Casamonica si sono visti infliggere da 19 a 25 anni di prigione.

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La sindaca di Roma Virginia Raggi, che ha costituito il Comune parte civile nel maxiprocesso iniziato a ottobre 2019, grazie a indagini scattate cinque anni prima, ha parlato di “un risultato importante”, in una città in cui “il clima è cambiato”.

“Di fronte al clan dei Casamonica non mi sono mai piegata, non ho mai indietreggiato di un passo, non ho mai avuto paura di loro – ha dichiarato Virginia Raggi. Ho sempre lottato per il bene dei romani a volto scoperto, ho chiamato per nome e cognome chi ha umiliato e offeso la città. Vivo sotto scorta per questo. Oggi il tribunale di Roma ha confermato l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Ha confermato che è mafia. Questa sentenza non cancella gli anni di soprusi e violenze, ma è un risultato importante per chi vive in questa città. È la conferma che a Roma il clima è cambiato. Oggi si chiude un capitolo, ma la lotta per contrastare criminalità e mafia non si ferma. Io sarò sempre in prima linea”.

Per il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, “è una sentenza storica che finalmente mette nero su bianco che Casamonica equivale a mafia ed un segnale importante da dare ai cittadini del nostro territorio”. E l’avvocato Giulio Vasaturo, legale di parte civile per l’associazione antimafia Libera, ha sottolineato anche come il verdetto serva a “fare luce su una sequela di episodi di estorsione e violenza rimasti sino ad oggi impuniti, anche a causa della dilagante omertà imposta dal clan nel quadrante sud-est della capitale”.

A differenza del Mondo di Mezzo, quell’ecosistema criminale che aveva messo le mani su Roma ma che secondo la Cassazione non rappresentava un’associazione mafiosa, al sistema Casamonica può applicarsi il 416 bis del codice penale: intimidazioni, omertà, delitti per controllare il territorio e le sue attività sono stati riscontrati. E ora le nuove condanne (dopo le 14 in rito abbreviato e i tre patteggiamenti nel maggio del 2019), sono un altro colpo al clan, che disponeva di numerosi capannoni, ville e villette con piscina, anche abusive, in parte distrutte e in parte confiscate e assegnate a realtà sociali.

Una realtà venuta a galla con l’indagine ‘Gramigna’ dei carabinieri, coordinata dai pm della Dda di piazzale Clodio che ha portato a una serie di arresti. Nella sua requisitoria il pm Giovanni Musarò ha sottolineato anche il ruolo svolto da due collaboratori di giustizia che hanno fornito agli inquirenti elementi preziosi per ricostruire la struttura criminale del clan.



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