Alberto Patrucco, brianzolo doc, è in tournée in questi mesi con il suo nuovo spettacolo "C'era una svolta". Un viaggio nel tempo in cui la Svizzera fa spesso capolino.
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Claudio Moschin, Milano
Grande affabulatore e giocoliere con le parole, scrittore divertente (con libri come “Vedo buio”, “Tempi bastardi”, “Neurologica: un libro lapidario”), attore comico di prima grandezza e sempre votato all’ironia, musicista e chansonnier di fine qualità (sue le traduzioni in italiano delle canzoni di George Brassens, che esegue spesso con Andrea Mirò e delle quali è il massimo esperto): tutto questo (e sicuramente qualcosa lo abbiamo dimenticato) è Alberto PatruccoCollegamento esterno, 61 anni, lombardo, anzi brianzolo.
Personaggio dello spettacolo mai volgare, passato per i maggiori teatri italiani e in televisione (storiche le sue apparizioni a programmi come Zelig e a Colorado ma anche, come ospite, a “Ballarò”). Patrucco è appena passato per Milano con il suo spettacolo “C’era una svolta”, storia (un po’ personale) di un brianzolo che, a seconda di come va il vento, “scende” nella frettolosa Milano o “sale” nella vicina Svizzera.
Perché, come lui stesso dice, quando si colloca geograficamente la Brianza a qualcuno che abita lontano e non la conosce si dice sempre “è quasi Svizzera”. Paese quest’ultimo, che nei suoi spettacoli, come in questo “C’era una svolta”, diventa sempre protagonista di monologhi narrativi e comici. E lo fa raccontando per esempio di foglie elvetiche che in autunno cadono dagli alberi e da sole “centrano” i cestini, di franchi svizzeri, di ministeri della marina rossocrociata (a dire il vero non esiste un ministero in quanto tale, ma un Ufficio federale della navigazione marittima sì), di righe perfette sulle strade e di altro ancora. Abbiamo incontrato Patrucco a Milano, e lui non ha mancato di lanciare alla fine anche un divertente appello… transfrontaliero.
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