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Telelavoro, se ne parlava già negli anni ’90

Il telelavoro non è nato con la pandemia, se ne parlava già trent anni fa.
Lavorare da casa, con le nuove tecnologie è più agevole e potrebbe sopravvivere alla pandemia. Keystone / Sascha Steinbach

Il telelavoro non è nato con la pandemia, esisteva già, in forma embrionale, trent'anni fa, come testimonia il servizio dell'allora TSI del febbraio 1992.

Traffico, inquinamento e difficoltà di parcheggio sono situazioni di ordinaria quotidianità per milioni di individui nelle città alle quali il telelavoro contribuisce a porre rimedio

 Proprio la pandemia globale scoppiata l’anno scorso ha dato un gigantesco impulso al fenomeno tanto che non passa giorno in cui importanti società annunciano nuove modalità di organizzazione dell’attività produttiva.

L’idea aveva già preso piede negli Stati Uniti dagli anni ’70, sulla scia dei nuovi modelli di organizzazione di lavoro che si stavano affermando. Risalgono a quegli anni le teorie secondo le quali il lavoro a distanza del 15 per cento dei salariati negli USA avrebbe consentito di rinunciare alle importazioni di petrolio.

Un cambiamento epocale reso possibile dalla rivoluzione tecnologica nella comunicazione e nell’informazione iniziata negli anni ’80 che pur essedo agli albori lasciava prevedere a grandi linee l’evoluzione in corso. 

Ma ancora negli anni ’90 – periodo al quale risale il servizio della Radiotelevisione svizzera RSI “Telelavoro: utopia o realtà” tratto dal programma “Centro” del 21 febbraio 1992 che vi riproponiamo – il telelavoro era poco praticato, tanto che si contavano non più di 20’000 collaboratori, di cui la metà negli Stati Uniti, impiegati con tale modalità.

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A Lamone, alla periferia di Lugano, il Credito Svizzero, secondo quanto riportava il video di Consuelo Marcoli e Fabio Bonetti, aveva creato un ufficio collegato in rete con la sede di Zurigo: uno degli otto centri telematici periferici connessi attraverso la linea telefonica con il calcolatore centrale.

Anche altre aziende avevano iniziato a sperimentare il lavoro a distanza che offriva indubbi vantaggi, consentendo di conciliare meglio vita privata e professione e aumentando del 20% la produttività degli impiegati. Inoltre, grazie alle nuove tecnologie della comunicazione, si era compreso che era possibile superare gli ostacoli fisici delle persone disabili e esistevano programmi interessanti di integrazione di questa categoria di individui.

Ma già allora si evidenziavano alcune zone d’ombra, soprattutto d’ordine psicologico-culturale, cui siamo tuttora confrontati ma che, se si vuole, non inficiano l’insieme dei vantaggi offerti dal telelavoro.

Da un lato, si osservava trent’anni fa, il dipendente può manifestare lacune nell’organizzazione dell’attività professionale al proprio domicilio, dall’altro il datore di lavoro preferisce in linea generale avere il collaboratore all’interno dell’azienda. All’epoca ovviamente le reti non erano sviluppate, internet era agli albori e le persone non erano costantemente in linea come oggi.

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