Il presidente della Banca nazionale svizzera (BNS) Thomas Jordan auspica un'analisi approfondita di quanto accaduto in seno a Credit Suisse e ritiene che la vicenda giustifichi "la necessità di rivedere la regolamentazione e la supervisione delle banche".
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tvsvizzera.it/mar/Keystone-ATS
Il dissesto di Credit Suisse e la sua acquisizione da parte di UBS non devono portare a “conclusioni affrettate” sulla regolamentazione bancaria, ha affermato venerdì nel corso dell’assemblea generale della BNS Thomas Jordan.
Secondo il presidente dell’istituto centrale, un’analisi approfondita comunque si impone. “I recenti eventi giustificano la necessità di rivedere la regolamentazione e la supervisione delle banche”, ha dichiarato, sottolineando che il rafforzamento della vigilanza appare ovvio, dopo “le drammatiche giornate di metà marzo”.
L’inasprimento riguarderebbe soprattutto la costituzione di garanzie aggiuntive per evitare il ricorso al diritto di necessità, come avvenuto per il salvataggio del Credit Suisse. Per Jordan, la normativa dovrebbe obbligare le banche a detenere fondi propri sufficienti “che possono essere dati in pegno o trasferiti in qualsiasi momento e senza restrizioni”.
Il 19 marzo la BNS ha liberato a favore del CS un sostegno aggiuntivo di liquidità di 100 miliardi di franchi. Con questo prestito si è però giunti “al limite di quanto sia ammissibile”, sostiene Jordan. Questo prestito è accompagnato da un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse.
Il salvataggio della banca era comunque necessario e ha consentito di scongiurare il rischio di una “crisi finanziaria ed economica di livello mondiale”. “Secondo noi, non sarebbe stato responsabile arrivare a questo punto”, ha detto Jordan.
Quanto alla possibile distorsione della concorrenza legata all’emergere di un nuovo colosso bancario nato dall’assorbimento del CS da parte di UBS, Jordan afferma di voler lasciare che il mercato si regoli da solo. Il presidente della BNS ritiene che la nuova UBS svolgerà le sue attività in modo “responsabile”.
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