Alcuni oligarchi russi, attivi sopratutto nel settore delle materie prime, non sono stati toccati dalle sanzioni poiché farlo arrecherebbe danni troppo importanti ai Paesi che prenderebbero misure nei loro confronti.
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Non tutti gli oligarchi russi che vivono all’estero si sono visti bloccare i conti e sequestrare i beni. Questo perché colpirli significherebbe compromettere gli interessi economici dei Paesi occidentali. È per esempio il caso di Vladimir Potanin, che da anni ha le sue imprese di materie prime in Svizzera.
Potanin è il terzo uomo più ricco della Russia: il suo patrimonio è stimato a 26 miliardi di dollari. Il “re del nichel”, come viene chiamato, è stato premier nell’era Yeltsin ed è ora molto vicino a Vladimir Putin. Non figura attualmente né nell’elenco delle sanzioni svizzere, né in quelle europee e tantomeno in quelle degli USA. Solo Il Regno Unito, il Canada e l’Australia hanno preso misure nei suoi confronti. Questo anche perché non vende i suoi prodotti in questi Paesi, spiega la ricercatrice dell’ONG Public Eye specializzata in Russia e materie prime Agathe Duparc.
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Nichel e palladio, con i quali lavora Potanin, sono fondamentali per le auto elettriche e per l’elettronica in generale e bloccare gli affari con l’oligarca significherebbe per molti Paesi vedere diverse industrie bloccate. La sua azienda – la Nordnickel – è infatti la più grande produttrice di nichel al mondo. Se anche Europa, Svizzera e USA dovessero cambiare idea, Potanin ha già fatto sapere di stare elaborando un piano B, ossia iniziare a lavorare con l’Asia, diversificandosi.
Diversificazione che ha già iniziato alcuni anni fa proprio in Svizzera, aprendo a Zugo una start up attiva nel settore blockchain, un progetto che dovrebbe portare il commercio di materie prime nel mondo delle criptovalute.
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