Commissionata una ricerca all’università di Zurigo per attenuare il fenomeno. Si ipotizza di regolamentare più severamente i social media.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
Una tavola rotonda a Berna, presieduta dalla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, ha affrontato la questione della recrudescenza delle minacce e delle aggressioni nei confronti di uomini e donne impegnate nella politica, a livello federale e locale.
I e le partecipanti, provenienti da diversi ambiti della società civile, si sono detti allarmati per le manifestazioni di odio presenti e il loro impatto sulla democrazia di milizia svizzera.
La consigliera federale Baume-Schneider ha colto l’occasione per sottolineare i limiti della libertà di espressione ricordando che l’incitamento all’odio è contrario ai valori di una società liberale e democratica.
Durante il dibattito è emerso che, sebbene la polizia registri meno manifestazioni di ostilità dopo la pandemia, le modalità con cui si esprime l’odio restano brutali e violenti. Lo confermano le cifre rilevate dall’Ufficio federale di polizia (fedpol) che, come ha fatto notare la direttrice di fedpol Nicoletta della Valle, non contemplano l’elevato numero di casi non segnalati.
Mentre il fenomeno è già stato approfondito in numerosi Paesi europei, in Svizzera sono ancora pochi gli studi scientifici in materia e per colmare questa lacun, il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha commissionato all’Università di Zurigo uno studio sulle manifestazioni di ostilità nei confronti di esponenti politici in Svizzera.
Per contrastare il fenomeno si intende intensificare le attività d’informazione e di prevenzione della violenza su scala federale, cantonale e comunale.
Tra le misure proposte dagli esperti e dalle esperte c’è l’ipotesi di regolamentare più severamente le piattaforme dei social media come Facebook, «X», Google e YouTube. In proposito è in corso l’elaborazione di un progetto che sarà presto posto in consultazione.
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