A tre secoli dalla scoperta di Ercolano e 270 anni dai primi scavi a Pompei, una mostra allestita al m.a.x. museo di Chiasso mette in valore il modo in cui i due siti archeologici tra i più importanti al mondo sono stati studiati, documentati e resi noti.
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tvsvizzera.it/ri con RSI (Turné del 24.02.2018)
I 23 reperti archeologici esposti a Chiasso sono un corollario: protagonisti del percorso espositivo sono piuttosto lettere e taccuini, dipinti e incisioni, fino ad arrivare alle prime fotografie e cartoline.
Sono le ‘Visioni di una scoperta’ che tra il Settecento e gli inizi del Novecento resero il mondo partecipe di questo patrimonio dell’umanità (riconosciuto Unesco) scoperto ormai tre secoli fa.
“Si cavavano dei pozzi per prendere acqua” spiega Pietro Giovanni Guzzo, già soprintendente di Napoli e Pompei, co-curatore della mostra, “e ne venivano fuori marmi antichi colorati, e cose del genere.”
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“Per cui”, prosegue Guzzo, “man mano si è avuta voce che sotto Resina si trovavano materiali antichi, che furono portati a conoscenza della corte di Carlo, re di Napoli e di Sicilia, e così si è cominciato a scavare”.
Al m.a.x. museo sono confluite oltre 300 opere da Svizzera, Italia, Francia e Stati Uniti. Alcune sono inedite come l’anello di re Carlo di Borbone e, per la prima volta riunite, le tre piante di Pompei ed Ercolano dell’ingegnere svizzero Karl Jakob WeberCollegamento esterno.
Cospicue tracce di vita reale
“Come ha detto bene Goethe, mai una tragedia così grande è stata una gioia per la modernità”, osserva la direttrice del m.a.x. museo Nicoletta Ossanna Cavadini, “perché il tufo mantiene umidità e temperatura costanti e ha permesso di ritrovare suppellettili quasi bloccate dal tempo e sviluppare gli studi specifici sulla romanità”.
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