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Il contributo svizzero al restauro dell’Urna del Bottarone di Firenze

persona davanti a una statua
L'Urna del Bottarone è un’opera etrusca in alabastro policroma datata tra le fine del V e l’inizio del IV secolo a.C.. tvsvizzera.it

Grazie a un finanziamento di oltre 98'000 franchi erogati dall'Ufficio federale della cultura, il Museo archeologico nazionale di Firenze ha potuto restaurare un’opera etrusca di straordinaria importanza.

“Noi qui mettiamo tutta la passione possibile nel nostro lavoro. Ma quando avremo il nuovo laboratorio di restauro grazie ai fondi svizzeri sicuramente sarà tutto più semplice”. A dirlo, guardando l’Urna del Bottarone è Barbara Arbeid, funzionaria archeologa al Museo archeologico nazionale di Firenze.  

L’Urna del Bottarone è un’urna cineraria in via di restauro. Mentre il laboratorio di cui parla la dottoressa Arbeid è quello che sorgerà presto all’interno del Museo di Firenze. In entrambi i casi c’è lo zampino svizzero. Perché sia il restauro dell’opera archeologica sia la costruzione del laboratorio sono stati finanziati dall’Ufficio federale della cultura della Confederazione elvetica grazie a un bando vinto proprio dal Museo fiorentino. 

Patrimonio etrusco

“Il museo archeologico nazionale di Firenze è il più grande museo archeologico a nord di Roma e uno dei più importanti d’Italia”, spiega a TVS tvsvizzera.it il direttore del museo Mario Iozzo. “È il primo al mondo, insieme al Museo Etrusco di Villa Giulia, per quanto riguarda la collezione etrusca. L’Urna del Bottarone è solo un esempio della nostra vasta collezione”, continua il direttore Iozzo.  

Il ritrovamento a Città della Pieve

L’Urna del Bottarone è un’urna cineraria bisoma. Cioè un’urna che serviva a contenere le cenere di due defunti – marito e moglie – che erano stati seppelliti insieme. “L’urna è stata trovata dopo la metà dell’Ottocento a Città della Pieve in una località che è chiamata Bottarone, da cui il nome dato all’opera”, spiega la dottoressa Barbara Arbeid.

“Non sappiamo esattamente qual è l’anno della scoperta né il contesto di provenienza. L’urna proviene da scavi ottocenteschi, un’epoca in cui la legge non tutelava come oggi i ritrovamenti archeologici e come molti dei ritrovamenti fatti in quell’epoca neanche quello dell’Urna del Bottarone è stato documentato”.  

“Si tratta di un’opera in alabastro policroma datata tra le fine del V e l’inizio del IV secolo a.C. che possiamo definire straordinaria per lo stato di conservazione della policromia che è possibile vedere sulla superficie”, spiega la dottoressa Giulia Basilissi, funzionaria restauratrice conservatrice.  

L’obiettivo del lavoro di restauro è stato riportare all’antico splendore la policromia dell’opera. Un lavoro reso necessario in seguito all’alluvione di Firenze del 1966.  

L’alluvione di Firenze del 1966 

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 1966, dopo più di dieci giorni di pioggia, l’Arno esonda portando in città un’onda di fango alta tre metri che ucciderà 35 persone e danneggerà strade, abitazioni e palazzi storici. Il fango entrerà anche nei locali del Museo archeologico di Firenze provocando danni ingenti.

“Quell’anno l’opera si trovava al piano terra del museo. Il livello di piena coprì completamente l’Urna del Bottarone per cui, come per la gran parte delle opere danneggiate dall’alluvione, fu necessario un complesso lavoro di restauro per rimuovere tutto il fango che si era fortemente adeso alla superficie”, spiega ancora Basilissi.  

La riscoperta delle policromie

“Al termine dell’intervento post alluvione era stata applicata sulla superficie dell’Urna del Bottarone una sostanza che nel tempo si era alterata imbrunendo completamente le superfici, quindi non era più leggibile la policromia. L’intervento effettuato dalla restauratrice Daniela Manna si è focalizzato sulla rimozione di questo materiale che non era idoneo e che ha poi portato alla luce i toni rossi dei panneggi e dei volti”, continua la dottoressa Basilissi.  

Durante l’intervento di restauro dell’Urna è stata, inoltre, impostata una campagna diagnostica che ha previsto una serie di esami tra cui la cosiddetta VIL (Vis induced luminescence) che ha permesso l’individuazione del blu egizio e la fluorescenza a raggi X che ha permesso di individuare rossi di diversa natura che saranno al centro di ulteriori analisi per tentare di ricostruire le fasi di realizzazioni del colore.  

Questi lavori di restauro sono stati possibili grazie alla partecipazione, da parte del museo, a un bando per aiuti finanziari per il patrimonio culturale mobile promosso dall’Ufficio federale della cultura della Svizzera. 

La legge svizzera per la conservazione del patrimonio culturale all’estero 

“Dal 1° giugno 2005 l’Ufficio specializzato per i trasferimenti internazionali di beni culturali dell’Ufficio federale della cultura è incaricato dell’esecuzione della legge federale sui trasferimenti internazionali di beni culturali”, ha spiegato a TVS tvsvizzera.it Tania Esposito Hohler, funzionaria dell’Ufficio federale della cultura svizzero.  

Tale legge “recepisce nel diritto interno la Convenzione UNESCO del 1970 e la Convenzione UNESCO del 2001 e disciplina l’importazione di beni culturali in Svizzera, il loro transito, l’esportazione e il rimpatrio dalla Svizzera, nonché le misure contro i trasferimenti illeciti. La concessione di aiuti finanziari per la conservazione del patrimonio culturale mobile è una delle numerose misure previste dalla legge in questione”, continua Esposito Hohler.  

In Italia 17 progetti sostenuti

Dal 2011 a oggi l’Ufficio federale della cultura ha sostenuto 155 progetti di restauro in Italia, Grecia, Colombia, Egitto, Cipro, Cina, Peru, Messico e Turchia per un totale di oltre 8 milioni di franchi svizzeri. L’Italia, da sola, è stata destinataria di oltre un milione di franchi divisi in 17 progetti.  

Per il progetto presentato dal Museo archeologico nazionale di Firenze, l’Ufficio federale della cultura ha erogato 98’550 franchi svizzeri che in parte sono stati utilizzati per i lavori di restauro dell’Urna del Bottarone e in parte saranno utilizzati per la realizzazione del nuovo laboratorio di restauro del Museo che consentirà di restaurare un altro corredo funerario di oggetti di bronzo che saranno esposti, una volta terminati i lavori, insieme all’Urna del Bottarone nei locali del Museo.  

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