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Il conflitto in Ucraina pesa sulle imprese elvetiche

Il problema non sono i fatturati.
Il problema non sono i fatturati. © Keystone / Christian Beutler

Le piccole e medie imprese svizzere (Pmi) sono sotto pressione a causa della pandemia e, soprattutto ora, della guerra in Ucraina. Per far fronte all’aumento dei costi di energia e trasporti, che incidono sui margini di guadagno, il settore produttivo cerca nuove soluzioni.

Tra di esse vi è l’intensificazione della collaborazione sul mercato indigeno, meno soggetto alle incertezze geopolitiche.

Le attuali tensioni geopolitiche rappresentano una sfida per le piccole e medie imprese svizzere, anche quando non operano in un paese a rischio come la Russia, secondo quanto emerge nello studio pubblicato negli scorsi giorni da Credit Suisse.

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Mercati esteri instabili

“Le tensioni geopolitiche in alcuni casi stanno mettendo in discussione interi modelli di affari”, ha affermato Andreas Gerber, responsabile della clientela aziendale svizzera del gruppo, in una conferenza stampa. È richiesta una grande flessibilità e un alto livello di adattabilità in tempi brevi. Ad esempio, quando entrano in vigore le sanzioni interi mercati possono chiudersi da un giorno all’altro.

E a livello di fornitori si preferisce ora rivolgersi a ditte vicine, anche se i prezzi risultano leggermente superiori. Ma la sicurezza della catena di rifornimenti, l’indipendenza e il controllo sulla filiera, spiega Andrreas Gerber, ha il suo prezzo.

Secondo i risultati della ricerca, negli ultimi tre anni le ditte elvetiche hanno registrato un aumento significativo dei rischi legati agli affari. Ciò è avvenuto in particolare in Russia e Ucraina, ma le difficoltà hanno superato le opportunità anche in Argentina, Iran e Nuova Zelanda.

L’elenco delle nazioni da cui le aziende svizzere si sono ritirate negli ultimi tre anni è, non a caso, guidato dalla Russia: circa il 6% di tutte le imprese interrogate nell’ambito di un sondaggio ha lasciato il paese. Tra le grandi società la quota raggiunge il 24%.

Svizzera dipendente dall’estero

Vi sono però alcune ditte – soprattutto fra le più grandi – che stanno pianificando di avviare o di riavviare attività commerciali nel paese di Vladimir Putin. Secondo Pascal Zumbühl, coautore dello studio, un allontanamento completo da alcuni Stati non è peraltro realistico nonostante l’aumento delle tensioni geopolitiche. Un esempio è la Cina, un mercato che offre ancora notevoli opportunità di affari.

“Più piccolo è il paese, più grande diventa l’estero”, ha osservato Zumbühl. Un’economia di dimensioni ridotte come quella elvetica dipende in molti modi da altre nazioni e dal commercio internazionale. Anche le aziende più piccole, quelle con meno di dieci dipendenti, sono spesso legate all’estero a vari livelli.

Secondo l’indagine gli effetti delle tensioni geopolitiche non sono affatto limitati alle aziende che hanno rapporti commerciali con stati ad alto rischio: circa il 40% delle 650 imprese intervistate ha per esempio percepito reazioni negative da parte dei partner commerciali a causa della decisione della Svizzera di sostenere le sanzioni internazionali contro la Russia.

“Quando la guerra in Ucraina è iniziata, nella primavera del 2022, il mondo era già in una situazione di tensione”, ha ricordato Zumbühl. L’ordine planetario basato sull’apertura dei mercati e sull’approfondimento delle relazioni commerciali era già stato incrinato dalla crisi finanziaria globale e dalla pandemia. “Il conflitto in Ucraina ha accelerato le tendenze emerse”.

Vulnerabilità delle catene di approvvigionamento

Il Covid e la guerra hanno dimostrato la vulnerabilità delle catene del valore. Le aziende stanno reagendo a questa situazione con la tendenza, tra l’altro, alla regionalizzazione. La maggior parte delle imprese sta aumentando le scorte, concentrandosi maggiormente sui fornitori geograficamente più vicini e diversificando maggiormente i propri punti di acquisto. Secondo il sondaggio, quasi una società su tre ha rilocalizzato le proprie attività in Svizzera negli ultimi tre anni.

Gerber considera le Pmi – spina dorsale dell’economia della Confederazione – in una posizione relativamente buona. Le aziende hanno dovuto essere flessibili e adattabili già in passato: lo hanno imparato con lo shock del rapporto fra il franco e l’euro. Utile è anche il fatto che l’economia elvetica sia generalmente più attiva nei settori dove i margini sono più ampi. 

Nel servizio del Tg il caso emblematico di una società con il portafoglio degli ordini pieno.

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