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Il bando in pubblico dei simboli nazisti e razzisti in Svizzera è (quasi) servito

La palla passa ora al Consiglio nazionale.
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Un primo passo verso il divieto di simboli estremisti, in particolare nazisti, razzisti e discriminatori, lo ha compiuto mercoledì la Camera altra, adottando tacitamente una mozione in tal senso. Sulla questione si dovrà ora pronunciare anche il consiglio Nazionale.

L’atto parlamentare invita il Governo a creare le basi legali affinché sia sanzionabile l’uso, l’esposizione e la diffusione pubblici di mezzi, segni e simboli di propaganda a sfondo razziale, di violenza o estremista.

A titolo di esempio vengono menzionati i simboli nazionalsocialisti, quali gesti, slogan, forme di saluto, distintivi e bandiere, in particolare di un’associazione intesa a discreditare o calunniare sistematicamente persone per la loro razza, etnia o religione.

Il plenum ha tuttavia respinto, con 23 voti contro 16, una mozione inoltrata dall’allora consigliera nazionale del Centro (oggi agli Stati) Marianne Binder, che si riferiva però solo ai simboli che richiamano il Terzo Reich.

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La senatrice argoviese ha difeso il suo atto parlamentare, a suo dire ancora più attuale che mai tenuto conto dei rigurgiti di antisemitismo riscontrabili anche in Svizzera in seguito al conflitto in corso a Gaza.

Il plenum ha preferito dare priorità alla mozione elaborata, in maniera più generale, dalla Commissione degli affari giuridici: la simbologia nazista e l’antisemitismo, è stato evidenziato, cadrebbero in ogni caso nel raggio d’azione dell’atto parlamentare citato.

Con la decisione odierna la mozione Binder, che era stata approvata dall’altra Camera, viene definitivamente archiviata. In proposito la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha osservato che bisogna dare ai giudici un certo margine di apprezzamento, specie per quanto attiene all’uso di questi simboli in ambito pedagogico-educativo.

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